In questo blog voglio raccontare e trasmettere le storie di questi uomini diventati soldati e che oggi a cent’anni di distanza non vengano dimenticati.
Sono storie nella storia di quella che fu la Grande Guerra.
Questi caduti sono morti sul carso, in quei due anni e mezzo di sanguinose battaglie, molti di questi oggi riposano al sacrario di Redipuglia con un nome, ma per la maggior parte questo non è stato possibile. Voglio così onorare la loro memoria con questo mio tributo.

"Vorranno dimenticarvi, vorranno che io dimentichi, ma non posso e non lo farò. Questa è la mia promessa a voi a tutti voi."

Vera Brittain



«Qui ci verranno dopo la guerra a fare la gita di ferragosto. E diranno: se c’ero io! Ci saranno i cartelli-rèclame e gli alberghi di lusso! Passeggiate di curiosità come ai musei di storia naturale; e raccatteranno le nostre ossa come portafortuna.»

Carlo Salsa

venerdì 30 dicembre 2016

Caporale DELLA MARTERA Augusto




121° Fanteria Brigata Macerata

Nato a Pesaro il 25 Giugno 1893
Morto  a Palichisce presso la 19^ Sez. Sanità per Ferite da Combattimento il 15 Agosto 1916
Sepolto al Sacrario di Redipuglia 6° Gradone - Loculo 12040


Note Storiche:

Nel giorno del 15 Agosto 1916, il 121° Fanteria Brigata Macerata era alle dipendenze della 19^ Divisione XIII° Corpo d'Armata. Si trovava posizionato con tutti i tre battaglioni in linea a sud di Opatje Selo - Opacchiasella a ridosso dell'abitato, dove unitamente con la Brigata Ivrea occupava la zona del fonte fino a Nova Vas - Nova Villa.
I reparti in linea erano continuamente tormentati dal nemico con fuoco di fucileria, mitragliatrici e artiglieria che batte anche le seconde linee. Alle ore 9 un proietto di grosso calibro colpisce in pieno il Comando del 121° fanteria, si hanno 20 uccisi e numerosi feriti, tra cui tutto il personale del Comando di Reggimento, compreso l'Aiutante Maggiore in 1^.
Alle ore 11 viene recapitato l'ordine di Divisione per il proseguimento dell'avanzata in cooperazione con le truppe delle Divisioni laterali.
In dipendenza di questo ordine si danno le disposizioni relative; dove la cooperazione con le truppe laterali che avanzano dovrà essere massima, direzione dell'avanzata a sinistra strada Opacchiasella-Castagnevizza; stretto collegamento dei reparti nell'avanzata; graduale impiego dei rincalzi ad ondate. I battaglioni di prima linea, nella pause di tiro della nostra artiglieria e bombarde, dovranno provvedere, con pattuglie ufficiali, alla ricerca di varchi d'irruzione ed agli opportuni spostamenti di truppa in vicinanza di essi.
L'avanzata si inizia energicamente ostacolata però dal tiro nemico a stretto contatto con la Brigata Ferrara che, dopo aver subito gravi perdite è costretta a ripiegare nelle primitive posizioni. Ugualmente le truppe del 121° non possono seguire l'avanzata e seguendo il movimento di ripiegamento della Brigata Ferrara, si arrestano nelle precedenti posizioni.
Nella notte si procede al cambio dei battaglioni, mentre durante la notte vengono inviate pattuglie in esplorazione.
Così conlude il Diario storico della Brigata Macerata (Aussme) del 15 Agosto 1916 



Solo a  quai due  mesi di distanza dalla morte come narra il libro (Le Pallottole sono Matte e Noi Eravamo Peggio degli Uccelli a cura di Paolo Sorcinelli) alla moglie Anna  verrà recapitata una lettera del Cappellano militare del 121°:  «... Il caporale Della Martera Augusto si è spento da forte ricevendo con grande rassegnazione i conforti religiosi. In Sezione visse una quarantina di minuti, durante i quali gli furono prodigate tutte le cure ed attenzioni possibili. Le sue ultime parole furono ai cari lontani che desiderava rivedere, rimpiangendoli e io a confortarlo con parole che il momento suggeriva. Se ne dipartiva senza molto soffrire, sembrando morto, come in natural sonno preso. Fu pietosamente sepolto nel cimitero di Paljkisce: sul tumulo fu posta una croce in legno con una targhetta di zinco, su cui a caratteri chiari e indelebili è inciso il nome e cognome con il grado e reggimento. Di oggetti presso il comando di sezione non c'è nulla; il denaro è stato rimesso per il tramite del Deposito. Rinnovando le condoglianze alla famiglia ...». 

Anna saprà che Augusto è morto alle 11.40 del 15 agosto 1916 (due ore dopo essere stato colpito) per «ferite d'arma da fuoco al torace» in una località impronunciabile e di difficile lettura, Palikjsce, in cui peraltro la brigata «Macerata», secondo l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore, opererà soltanto dopo la morte del caporale di S. Pietro in Calibano e precisamente dal 13 al 24 settembre. Questo riscontro ufficiale non farebbe altro che avvalorare la versione che la moglie, a detta delle figlie, aveva in seguito appreso attraverso i soliti canali dei commilitoni del marito, dalle loro lettere a casa e dai loro racconti una volta tornati in licenza: il marito era in realtà morto fra le alture di Oppacchiasella e Nova Vas e solo più tardi sepolto a Palikjsce.

Le ultime lettere scritte da Augusto dalla moglie Anna tratte sempre dal libro Le Pallottole sono Matte e Noi Eravamo Peggio degli Uccelli a cura di Paolo Sorcinelli

Trincea 5.8.1916
 Saluti e baci te e la bambina. Saluti tutti in famiglia dal tuo Augusto Addio

Trincea 7.8.1916
Saluti infeniti a tutti in famiglia,  baci alla Irma e mi dico tuo Augusto Addio
 

Trincea 8.8.1916
Cara Anna vengo darti mie notizie che io mi trovo in buona salute ... 

Trincea 9.8.1916
 Cara Anna rispondo alla tua lettera del 5 ...
 Cara Anna in quando del' orologio che tu mi dici io là mandato ma non sono sicuro se ancora sia venuto in licenza, e lò mandato da un certo Tomassini che sta per andare a Genestreto vicino la croce ossia vicino Cerquillo ma vedrai che se è venuto te lo porta sicuro e tienelo pur te fino che non ritorno io. Non mi alungo altro ... ricordati di me. 

Trincea 12.8.1916 Vengo darti mie notizie che io mi trovo in buona salute ... e noi si va sempre avanti con vitoria. Non mi alungo altro ... 

13.8.1916 Sto bene. Saluti e baci a tutti e bacia alla Irma dal tuo Augusto. Addio Saluti a tutti in famiglia. 

Ultima lettera: 14.8.1916 Ricevuto la tua lettera del 28 e una cartolina godo nel sentire tuo buono stato di salute e cosi altretanto ti posso assicurare di me stesso. Non mi alungo altro ... 

Augusto è il primo di quattro figli di una famiglia di mezzadri di Ginestreto di Pesaro, Quando nasce il 25 giugno 1892, il padre Giuseppe e la madre Angela Fanelli hanno rispettivamente 31 e 25 anni.
Augusto che di professione fa il contadino il 22 aprile 1914 sposa Anna Massa lavandaia, e orfana di padre dall'età di nove anni.
Sposati vanno a vivere in località Torcevia. Il 28 Aprile dell'anno seguente nasce Irma e appena un mese più tardi, Augusto viene richiamato alle armi con il 121° fanteria di stanza ad Ancona.
Rimmarà nello stesso reparto parteciperà alle varie battaglie che il Reggimento ha  preso parte sul Carso fino alla sua morte nel giorno di ferragosto del 1916 nel corso della IV^ battaglia dell'Isonzo

mappa con lo schieramento del 121° fanteria il 15 Agosto 1916 (Aussme)







giovedì 15 dicembre 2016

S.Tenente PORTARENA Mario





13° Gruppo Bombarde 116^ Batteria
Nato  a Roma il 4 Agosto 1896
Morto a Gradisca presso Ambulanza Chirurgica d'Armata nr. 3
Sepolto al Sacrario di Redipuglia 16° Gradone loculo 29980


Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 


In commutazione della medaglia di bronzo concessagli con decreto luogotenenziale il 6 agosto 1917
Comandante di una sezione isolata di bombarde, sotto il violento bombardamento nemico durante l'avanzata delle fanterie, risolutamente spostava in avanti i pezzi, dirigendone il movimento con calma ed ardire ammirevoli, fin che cadde colpito a morte da una granata avversaria.
Oppacchiasella, 13 Ottobre 1916



Note Storiche:

Nel corso della IX^ battaglia dell'Isonzo la 116^ batteria Bombarde da 240 apparteneva alla 22^ Divisione XI C.A., ed era posizionata a Nord di Oppacchiasella. Il Sottotenente Portarena non fu colpito da una granata come è descritto nella motivazione della medaglia d'argento, ma bensì da una pallottola di fucile all'addome senza foro d'uscita, trasportato d'urgenza presso l'ambulanza chirurgica di Gradisca n. 3 spirava alle ore 5.30 del 13 Ottobre 1916. Venne poi sepolto nel Cimitero di Gradisca, e poi succesivamente traslato definitivamente al Sacrario di Redipuglia.



Mappa con indicata la zona dov'era posizionata inizialmente la batteria di Portarena:



lunedì 28 novembre 2016

Soldato SERAFINI Arduino




131° Fanteria Brigata Lazio
Nato a Serrone il 29 Dicembre 1887
Morto a Selz (Quota 70) il 23 Luglio 1916
Sepolto al Sacrario di Redipuglia 19 Gradone - Loculo 34508


Note Storiche:
Nel 23 Luglio 1916 il 131° Fanteria della Brigata Lazio, occupa con due battaglioni e dal 1° Gruppo dei lancieri di Novara il settore di Selz che parte dal Valloncello di Selz alla Trincea Paolini compresa.
Nelle prime ore del mattino gli Austriaci lanciano grosse bombe su quota 65 e batte con tiri d'artiglieria le trincee di quota 70 e durante questo bombardamento, il soldato Serafini della 9 ^ Compagnia, verrà  colpito a morte a seguito di schegge di granata, sarà poi sepolto nel cimitero di S. Polo a Monfalcone.


Mappa della zona di Selz della Quota 70:

Foto della Quota 70 ai giorni nostri vista dalla Gradiscata di Monfalcone:




sabato 5 novembre 2016

Soldato TASSI Ernesto





3° Reggimento Artiglieria da Fortezza

Nato a Porto Mantovano il 16 Gennaio 1891
Morto a Mariano il  26 Giugno 1915
Sepolto al Sacrario di Redipuglia Gradone 22 Loculo 39705



Note Storiche:

Il 3° Reggimento Artiglieria da Fortezza con le sue batterie da 149\a si trovava ubicato nella zona del Paese di Mariano nel corso della 1^ battaglia dell'Isonzo, dove batteva con i propri pezzi le linee imperiali del Monte San Michele.
Il Soldato Tassi  scrisse delle memorie di guerra dove  il giorno prima della sua morte le sue ultime righe si trovarono queste frasi:
- Venne il giorno la batteria incominciò il fuoco appena cessata la pioggia, e subito il nemico rispose, ma non avevamo nessun danno perchè i proiettili hanno poco forza nello scoppiare, e ciò è molto per noi. Il Giorno 21 e 22 non si spararono che due colpi. Ma il 23 e 24 Giugno, li posso ricordare come un secondo Solferino e San Martino (si riferisce all'inizio della battaglia), giorni faticosi e pericolosi, immaginare 60000 uomini a fuoco continuo...-
era il 25 Giugno 1915 ore 8,37
Tassi verrà colpito il giorno 26 da una granata nemica la quale oltre a lui verranno colpiti a morte anche i seguenti soldati: D'Ambra Elpidio, De Marco Gerardo, Galletti Ciro, Illica Carlo, Isabella Mariano, Lubrano Eugenio, Massiroli Luigi e Sarropago Francesco.
Tutti vennero sepolti nel cimitero civile di Mariano prima di essere poi successivamente traslati  nel Sacrario di Redipuglia.

Mappa con indicata dala freccia le batterie del 3° Reggimento Artiglieria da Fortezza unicate a Mariano:


venerdì 21 ottobre 2016

Soldato ABRUSCI Antonio




137° Fanteria Brigata Barletta


Nato a Bari il 30 Luglio 1884
Morto a Korite il 9 Ottobre 1917
Sepolto a Redipuglia come ALBRUSI 1° Gradone Loculo 446




Note Storiche:

Il 137° fanteria della Brigata Barletta il 9 Ottobre 1917 apparteneva con la Brigata Pistoia alla 20^  Divisione XIII° Corpo D'Armata e si trovava in linea presso la zona di Korite.
Il giorno 9 Ottobre l'intero Corpo d'Armata fu interessato nel corso della giornata iniziato dal mattino da un vivace e continuo tiro nemico sulle linee rintuzzato da nostre raffiche di artiglieria da campagna e di pesanti campali; nel pomeriggio l'artiglieria nemica esegue tiri d'interdizione sulla zona Korite-Selo cui fu risposto con tiri di rappresaglia sulla Klachkuppe e sui rovesci di quota 246.
Il soldato Albrusi fu colpito alle ore 9 del mattino da una granata che gli procurava  un ampia ferita all'addome dove gli procurava la morte, fu poi sepolto come altre suoi commilitoni nella Dolina Oblunga, dove rimase prima di essere trasferito prima al cimitero di S.Elia a Redipuglia e infine nel Sacrario dei centomila di Redipuglia dove pero' finì causa la trascrizione errata del suo nome durante l'esumazione dalla tomba originale con il Cognome di ALBRUSI come si vede nella foto sotto del loculo.








Quello che scrisse il nipote Francesco Signorile nel suo blog dove descrive la ricerca del figlio del padre, ricerca che purtroppo causa il nome errato allora fu vana:

Ciao, Antonio Abrusci.

So poco di te, so solo che eri il papà di mio nonno materno, Giovanni, e che eri emigrato negli USA dalla natia Puglia.
Quando gli USA decisero di entrare in guerra decisero di chiamare alle armi per primi i propri cittadini di origine italiana, e allora tu decidesti di tornartene in Patria, perché se dovevi combattere volevi farlo con le insegne del Regio Esercito Italiano, e non sotto altri colori. 
Fosti militarizzato direttamente sulla nave che ti portava in Italia, e quando sbarcasti eri già a tutti gli effetti un soldato delle forze armate italiane. 

Fosti subito buttato sulla linea del fronte, da qualche parte, sul Carso, sull'Isonzo, sulla Bainsizza, non lo so... 
Fosti colpito al palato, si tramanda la storia, non so quando, non so dove, forse una scheggia, forse una pallottola diretta, non si saprà mai, ma non moristi subito, fosti ricoverato all'ospedale da campo, tuo cognato Gerolamo fece a tempo a venirti a trovare qualche giorno dopo, a vederti vivo. 
L'ultima persona a vederti vivo. 
Tanti anni dopo tuo figlio (mio nonno) salì lassù fino a Redipuglia, insieme con la moglie Irene (mia nonna), suo genero (mio padre, allora capitano dell'artiglieria semovente a Udine), sua figlia (mia madre) e il figlio minore, che portava il tuo stesso nome, Antonio (mio zio), che era allora militare a Cormons. 
Forse c'ero anch'io, piccolino, appena nato, ma non lo posso ricordare...
Mio nonno cercò invano disperatamente il tuo nome, tra i tanti PRESENTE che formano l'imponente e malinconica scalinata di quel Sacrario immenso. 
Ma il tuo nome non c'era. Il tuo nome non c'è. 
Sei sepolto da qualche parte, chissà dove, in una qualche fossa comune presumo... Mio nonno aveva cinque, sei anni quando lo lasciasti orfano. 
Questa foto è l'unica traccia di te che resta sulla terra. La metto qui, così che possa restare per l'Eternità nell'era  telematica di questo mondo moderno che tutto ingoia e tutto dimentica, nella sua frenesia inutile... 
Ciao, di nuovo. 
E grazie. 
A te e a tutti quelli che, come te, sono morti in quell'immane carneficina nell'illusione di farlo per lasciarci un mondo migliore.......


Dolina Oblunga ai giorni nostri:





Mappa della zona di Korite con le linee dopo la fine della XI^ battaglia dell'Isonzo



mappa con indicata la Dolina Oblunga lla fine di maggio 1917 dopo l' X^ battaglia dell'Isonzo si trovava a ridosso della prima linea Italiana:



Ringrazio per questo post il Nipote di ABRUSCI Antonio il Sig. Francesco Signorile
e Federica Delunardo per l'aiuto a rfealizzare questo post.





giovedì 6 ottobre 2016

Soldato AIMI Guido




4° Reggimento Genio 5^ Compagnia Pontieri

Nato a San Pietro in Cerro (PC) il 21 Giugno 1890
Morto a Gradisca il 23 Giugno 1915
Sepolto al Sacrario di Redipuglia 1° Gradone Loculo 297


Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 



Comandato come barcaiuolo al traghettamento di truppe sulla riva sinistra dell'Isonzo, eseguiva l'ordine con coraggio e fermezza, sotto il fuoco violento della fucileria nemica. Rimasto gravemente ferito moriva poco dopo.
Gradisca 23 e 24 Giugno 1915


Notizie Storiche:

Tratto dal Libro "L'Arma del Genio nella Grande Guerra" del Gen. Luigi Lastrico:

L'XI corpo d'armata che già vedemmo tentare con gloriose perdite il passaggio dell'Isonzo ebbe ordine di ritentare la prova e di procedere sul Carso in corrispondenza dell'abitato di Gradisca. L'operazione venne affidata alla 21^. divisione di fanteria che disponeva ancora della 5^ compagnia pontieri, della sezione da ponte della 2a divisione di cavalleria e della 4' compagnia zappatori del 1° reggimento. Compagnia pontieri e sezione da ponte per cavalleria fuse insieme iniziarono l'operazione di passaggio alle ore 10,30 del giorno 23.
Tagliato l'argine alto tre metri sul terreno e messe all'acqua le barche duecento metri a monte del posto ove era stato tentato il passaggio nei giorni 8 - 9 giugno, fu iniziato il traghettamento di un battaglione del 29° reggimento fanteria e la manovra continuò indisturbata per mezz'ora, fin quando si concentrò sulle barche un intenso fuoco di fucileria che fece sospendere il passaggio perchè alcuni barcaioli erano feriti e quattro barche gravemente danneggiate. Subito dopo la mezzanotte seguente, appena arrivato sul posto il resto della compagnia, fu scaricato il materiale sotto un tiro incessante di artiglieria e si iniziò il gettamento del ponte che in due ore arrivò al ghiaione, oltre il quale correva un altro ramo di fiume largo circa 50 metri. Vi era stata tesa precedentemente in traverso una fune e lungo quella tre barche dovevano effettuare il traghettamento di truppa. Il nemico, messo sull'avviso dalle operazioni del giorno precedente, al primo chiarore dell'alba cominciò a bersagliare il passaggio con tiri di artiglieria e fucileria. Ammirevoli, oltre i pontieri che manovravano con tutta calma, erano i soldati di fanteria, i quali benchè vedessero le barche prese di mira, a ventiquattro alla volta, appena chiamati, sbucavano dalla trincea che correva lungo l'argine, e, percorso il ponte, al comando di imbarcarsi, come se una volontà sola li guidasse, si rotolavano in barca pronti ad ogni avvertimento del pilota, incuranti delle granate che scoppiando in acqua inondavano le barche. Il tiro era specialmente diretto sul ghiaione che per circa 200 metri, nudo, piano e bianco non offriva alcun riparo. Dopo tanti colpi fortunatamente a vuoto una granata colpì in pieno una barca di lamiera carica di uomini. Appena dileguato il fumo, si videro fuori dell'acqua spuntare le costole di ferro della barca senza lamiere. Degli uomini restavano solo i due barcaioli. Al tempo stesso il ponte, colpito ripetute volte, aveva quattro campate in acqua. Fu sospesa la manovra, ma già sulla riva sinistra era passato l'intero battaglione del 29° fanteria. Le truppe passate però non si attardarono sulla riva sinistra, ma si gettarono su Sagrado e se ne impadronirono obbligando il nemico a ritirarsi sulla collina di Castelnuovo. Liberato in tal modo il ponte di ferro di Sagrado, interrotto durante il giorno 24, si riuscì malgrado il continuo tiro a shrapnel dell'artiglieria nemica, a riattare la passerella già esistente a valle,
in modo da consentire il passaggio alle truppe di fanteria della divisione. Fu il compito questo della 4^  compagnia zappatori del 1° reggimento che, portatasi sul fiume, iniziò il lavoro nel primo pomeriggio del giorno 24 e lo eseguì sotto il tiro nemico e subendo gloriose perdite. Nella notte sul 25 della passerella si valsero per passare le brigate Pisa e Regina. Il giorno 25 poi la compagnia zappatori dovette eseguire, sempre sotto il fuoco nemico, lavori di rinforzo e miglioramento della passerella.
Con l'azione del 23 - 24 giugno l'XI corpo d'armata aveva così posto piede sulla riva sinistra dell'Isonzo e prese le mosse per iniziare la sua avanzata ed impadronirsi nei giorni seguenti di Castel-nuovo, Bosco Lancia, Bosco Cappuccio e quota 170. La riuscita di tale difficile impresa torna ad onore delle truppe del genio che complessivamente ebbero in quei due giorni 90 uomini fuori combattimento fra uccisi, feriti ed annegati e due ponti regolamentari quasi interamente distrutti. Furono decorati con medaglia d'argento al valore il tenente colonnello Ganassini Oddone, comandante del genio dell'XI corpo, il primo capitano Visetti Enrico; comandante della 5a compagnia pontieri, i pontieri caporale Andrusiano Giovanni, soldato Mora Giuseppe, ed i valorosi caduti soldati Aimi Guido e Fava Virginio. Ebbe la medaglia di bronzo il sottotenente Ciarrocchi Mattia.


Mappa con indicato il punto del traghettamento:





foto di Sagrado la prima s'intravede in primo piano i resti del ponte di ferro, sulla seconda in primo piano la  diga  di Sagrado poco dietro la zona del traghettamento del 23 Giugno 1915
dove venne ferito mortalmente il soldato AIMI:






sabato 17 settembre 2016

Soldato SMORDONI Bernardino




142° Fanteria Brigata Catanzaro


Nato a Cantalice il 21 Luglio 1895
Morto nell'Osp. da Campo nr. 009 il 9 Ottobre 1915 per ferite
Sepolto nel Sacrario di Redipuglia 19° Gradone Loculo 35070



Note Storiche:

Il 142° Reggimento fanteria Brigata Catanzaro con il 141° fanteria, nell'Ottobre 1915 si trovava nella zona della sella di San Martino del Carso fronteggiando la linea che partiva da quota 197 a sud del paese e unitamente alla Brigata Bari  formava la 28^ Divisione.

Il giorno del ferimento del soldato Smordoni è molto probabile che si sia verificato come vedremo nel diario della Brigata Catanzaro nella giornata del 7 Ottobre in quanto durante la notte tra il 7 e l'8 di Ottobre il 141° fanteria sostuirà il 142° in prima linea dove scenderà a riposo in seconda linea, tranne un battaglione tenuto di rincalzo al 141°: ma vediamo cosa è stato scritto  nel diario:

7 Ottobre 1915

Nelle prime ore della notte il nemico ha lanciato numerose bombe a mano e ha seguito fuoco di fucileria e di artiglieria.
Dal canto nostre pattuglie uscite dalle trincee hanno gettato bombe a mano le quali devono aver avuto qualche effetto perchè subito il nemico le ha fatto segno a fuoco intenso di fucileria. Una di queste pattuglie giunta ad un ricovero nemico abbandonato ha scoperto e tratto nelle nostre trincee 10 casse di cartucce e parecchi fucili austriaci.
Durante la giornata fuoco di artiglieria che ha smantellato qualche tratto di trincea avanzato.
I lavori d'approccio furono disturbati dal tiro della mitragliatrici. 
Proseguono i lavori di approccio e si lavora alacremente alla costruzione della mulattiera del valloncello di Sdraussina ed a quello della stazione omonima.
Perdite complessive 141° - 142: feriti 1 - morti 1

8 Ottobre 1915

Durante la notte dal 7 all'8 Ottobre il 141° da il cambio al 142° in 1^ linea. Il cambio avviene senza incidenti: il 141° dispone tutti i 3 battaglioni in 1^ linea, avendo di rincalzo un battaglione del 142°.
Gli altri due battaglioni del 142° si dispongono in 2^ linea presso la Filanda di Sdraussina.
I Reggimenti attendono nella giornata alla loro sistemazione, la giornata trascorre tranquillamente.
Perdite complessive 141° e 142° : feriti 15 - morti 2

(Aussme)

E' molto probabile che Smordoni che apparteneva alla 7^ compagnia sia stato ferito il giorno 7 Ottobre 1915   da una granata all'addome, ricoverato successivamente presso l'Ospedaletto da campo da 100 letti nr. 009 di Medea dove, morirà durante la notte del giorno 9 Ottobre alle ore 6 e 30-.Fu poi sepolto a Medea, prima di essere trasferito definitivamente al Sacrario di Redipuglia dove ora riposa.


Mappa con la posizione della Brigata Catanzaro datata 14 Ottobre 1915




Buca Carsica zona nord di Bosco Cappuccio - Linea difensiva Italiana Rifatta nel 1917 sull'originale :

 

Bosco Cappuccio da Cima 4


Per questo post ringrazio il nipote Stefano Rossi

e un grazie speciale a Federica Delunardo.


domenica 4 settembre 2016

Soldato Volontario BOLLINI Carlo




32° Fanteria Brigata Siena
 

Nato a Milano il 3 Aprile 1897
Disperso sul Carso zona Trincea delle Frasche il 23 Ottobre 1915



Note Storiche:
Il 32° Fanteria della Brigata Siena il 23 ottobre 1915 (III^ battaglia dell'Isonzo),  si trovava a fronteggiare  la trincea delle Frasche sul Carso di Castelnuovo.
Per comunicazione giunta nella notte, questa mattina del 23 Ottobre 1915, la 28^ Divisione, appoggiata anche del gruppo di obici pesanti Guidotti, tenterà di raggiungere il fronte S. Martino (compreso) - q. 151 fino alla carreggiata tenuta dal X° C.A. . Dopo opportuna preparazione di fuoco di artiglieria, la fanteria di detta divisione inizierà l'avanzata. Perciò il Comando di Brigata ordina una più intensa vigilanza sul fronte e quella cooperazione col fuoco e con l'azione che le truppe della Brigata Bari che è immediatamente a sinistra. L'ala sinistra nostra avrà cura speciale del materiale collegamento continuo con le truppe della Brigata.
Oggi dunque per la terza volta, le truppe della Brigata ritenteranno l'assalto alla trincea delle Frasche.
Per l'attacco vengono date le seguenti disposizioni al Comandante del sottosettore di sinistra Ten.Col. Monti del 31° fanteria:
- Si raccomanda la massima energia e il massimo ardimento per l'attacco, sia ai primi assalitori, sia alle schiere successive. La trincea delle Frasche deve essere presa ad qualsiasi costo. Alla Brigata è affidato questo compito e la Brigata deve assolverlo.........-
la trincea delle Frasche è rinforzata e completamente intatta per un lungo tratto (la trincea è lunga circa 600 metri) avendola gli Austriaci riattata.
Alle ore 8.45 la batteria pesante campale Guidotti, inizia il tiro contro la trincea delle Frasche e per accordi presi, deve aprire breccia nel centro della trincea delle Frasche e sul saliente Nord di detta trincea, ma il tiro è molto lento e poco efficace.
Verso le ore 12 il 139° (Brigata Bari) pur rimanendo in trincea appoggia a sinistra il vuoto formatosi e che si prevede aumenterà di molto durante lo svolgersi dell'azione, dato l'obbiettivo divergente di quella divisione, può per ora essere colmato da una compagnia del 32° fanteria.
Alle ore 13 il tiro delle nostre artiglierie procede ancora lento e poco efficace, e si prevede che prima delle ore 15 difficilmente le truppe potranno muovere all'attacco. La destra del 139° non è avanzata ancora, la brigata Bologna a destra (39° e 40°) chiede cooperazione e il Comando di Brigata ordina al Col. Chiavassa del 31° Fanteria, comandante del sottosettore di destra di assecondare il movimento a qualunque costo, e per intensificare l'azione da quella parte impegna le ultime due compagnie ( 32°) che rimangono di riserva. (Già due sono andate a sinistra per il prevedibile vuoto) ove più non restano che le 5 compagnie del 31° Fanteria, fatte ritirare dal fonte, perchè scosse dai giorni passati.
Alle ore 14 inizia l'attacco all'estrema destra con una compagnia del 31° ma è subito arrestata da violento fuoco di fucileria e d'artiglieria. Non essendo possibile avanzare per ora da tale punto, si tenta l'avanzata dalla sinistra di settore.
Le nostre linee e le retrovie sono battute dall'artiglieria austriaca con violento cannoneggiamento di piccolo calibro, medio e grosso calibro.
Alle ore 14.50 si stabilisce l'avanzata per le ore 15,15 e in tale senso si preavvisano le artiglierie perchè a detta ora allunghi il tiro intensificandolo sui camminamenti nemici.
Alle ore 15 la 20^ Divisione alla nostra destra avanza verso la trincea dei Morti che occupa: il 39° Fanteria accenna ad avanzare con la sua destra sulla trincea delle Celle, la sua sinistra però non si muove affatto. L'assalto alla trincea dei Razzi non si giudica possibile perchè intatta e non battuta mai dalla artiglieria,e  le truppe che la fronteggiano sosterranno perciò, avanzando da sinistra l'assalto alla trincea delle Frasche.
Alle ore 15.15 infatti la truppa, con slancio veemente, si butta sulla trincea delle Frasche, che viene occupata di sorpresa, in parte verso destra da 4 compagnie. La sinistra del sottosettore di destra (Razzi) avanza anch'essa verso il saliente di unione trincea Frasche e Razzi.
In un'altra ondata anche le compagnie di estrema sinistra raggiungono la trincea delle Frasche e la occupano.
Sono stati fatto circa 380 prigionieri.
Il combattimento ferve su tutta la linea e specie sui fianchi, micidialissimo. Nostre sezioni mitragliatrici vanno ad appostarsi nella trincea nemica.
L'artiglieria nostra ha però quasi sospeso il tiro sul rovescio della trincea, sulle retrovie.
Alle ore 17 il Comando del sottosettore giudica necessari a ben mantenere il saldo possesso della trincea conquistata, altri 2 battaglioni, uno sulla destra e uno sulla sinistra.
L'artiglieria nemica batte violentemente la nostra fanteria e necessita assolutamente che la nostra riprenda fuoco efficace, cosa però che, per quanto richiesta non si può ottenere, neppure rivolgendosi al Comando di Divisione e al Comando d'artiglieria.
Un Comando di gruppo di artiglieria da campagna al quale si chiede di battere il rovescio della posizione con tiro d'interdizione, risponde non poterlo fare perchè quello non è il suo settore d'azione.
Il 31° Fanteria è tutto impegnato; del 32° Fanteria sono impegnati 2 Battaglioni, il 3° ha due compagnie sulla trincea antistante Castelnuovo e 2 ancora di riserva generale di settore a Castelnuovo. le perdite in prima linea sono fortissime e il Comando di Divisione, con fonogramma delle ore 18.20 comunica che non ha più alcuna riserva a propria disposizione e di non avere perciò modo di aderire alle richieste fattagli dei 2 battaglioni di rinforzo.
Alle ore 19 però la trincea nemica sembra saldamente occupata e vi sono appostate 3 nostre sezioni mitragliatrici.
Nella trincea delle Frasche in 1^ linea si trovano 12 compagnie, cioè 2 Battaglioni del 31° e 1 Battaglione del 32°.
Alla nostra sinistra la Brigata Bari in unione alla Brigata Catanzaro, ha attaccato in un momento che le è sembrato favorevole - all'improvviso - le trincee nemiche e l'ha parzialmente occupata; ma il nemico ha scatenato una violenta tempesta di fuoco di artiglieria, di mitragliatrici, bombe a mano e fucileria in tutto il settore, per modo che le prime linee di detta Brigata hanno ancora una volta dovuto ripiegare in posizione iniziale.
Alle ore 23.3 il Comando di Brigata (Siena) invia il seguente fonogramma al Comando di Divisione:
La trincea delle Frasche è saldamente occupata. I reparti vi si fortificano e costruiscono camminamenti per collegarsi con le vecchie trincee. Il contatto col 139° è tenuto da una compagnia sulle vecchie trincee ma essa non può essere impiegata poichè si perderebbe contatto con il Reggimento. Arduo sarà mantenere la posizione se i detti Reggimenti non avanzeranno.....

Generale Pastore

(Ussme)

La trincea delle Frasche verrà perduta dai reparti della Brigata Siena il giorno seguente con gravi perdite dove verranno tentati ulteriori inutili attacchi per riconquistarla.


Dopo alcuni mesi e dopo che la Trincea delle Frasche fu conquistata definitivamente il 13 Novembre dalla Brigata Sassari il Tenente Graziani del 151° fanteria Brigata Sassari annota  sul suo diario che poi diverrà il libro "Fanterie Sarde"  il seguente fatto:

Voglio frugare per tutte le posizioni, dove é stata la «Siena», e per quelle due o tre doline, che, su per giù, sono le nostre, e rintracciarne la salma (di Filippo Corridoni) . Dopo tutto quello che si è detto ed insinuato, è un dovere accertare la verità e rivendicare il buon nome di un povero caduto, in barba a tutti i nemici ed a tutti i denigratori. Siamo in trincea da vari giorni, occupiamo le stesse posizioni. La compagnia non si è spostata di un millimetro: estrema destra delle «Frasche» e «Razzi». Ho fatto eseguire delle ricerche e ne ho eseguito io stesso, personalmente. Le posizioni della «Siena» erano, esattissimamente, queste, prima del nostro balzo in avanti, nel novembre scorso. La dolina che abbiamo adesso alle spalle, sulla sinistra, doveva essere, a quei tempi, zona neutra. Adesso è piena zeppa di croci; ma morti della «Siena» non ve ne sono. Abbiamo guardato nelle altre doline, croce per croce; abbiamo rovistato dappertutto, frugato tutto. Non lo abbiamo ritrovato. Questi cimiteri di fanti sono poemi! Ci mostrano nel soldato una squisita sensibilità; sono sorgenti, ignorate ed insospettate, di poesia; rivelano sentimenti di un'elevatezza tale da rasentare la sublimità. Ma come, come mai, tanta altezza di sentire in gente così semplice, rozza e, certamente, incolta? Molto spesso una sola croce sta ad indicare l'estrema dimora di molti e porta, allora, appesa sulle braccia, una corona di bossoli, legati insieme col fil di ferro. Ogni bossolo contiene un foglietto di carta arrotolato col nome del soldato sepolto. Ve n'è di tutte le armi e di tutti i reggimenti, venuti quassù: Genio Zappatori, Bersaglieri, Artiglieri; quella che predomina, naturalmente, è sempre questa santa Fanteria. Vi sono tombe di soldati e di graduati insieme, nel sonno eterno, sotto la nera terra. Le croci sono tutte rozze, tagliate, con la baionetta, sul legno delle casse di cartucce, ma le croci non portano, generalmente, alcun nome. Non sembra né opportuno né prudente, ai fanti, affidare la memoria dei compagni alla labile scrittura di un lapis copiativo, che la pioggia cancella, come se abbia il frettoloso desiderio di far scomparire la traccia degli orrori. I nomi dei sepolti sono custoditi entro scatolette di carne, accuratamente pulite e rinchiuse, entro bottiglie, entro bossoli di granata o shrapnells, ma soprattutto entro bossoli di cartucce nostre, legate insieme ed appese alla croce come la corona di un rosario: il rosa-rio del fante; un rosario di lacrime, ché tali appaiono, molte volte, i bossoli di ottone, quando brillano sotto un pallido raggio di sole o sotto il mutevole chiarore della luna. Sembrano le lunghe e silenziose lacrime di una madre e, quando soffia forte la bora, in certe notti di tenebra, i bossoli urtano fra loro, sbattono sul legno delle croci e, dal fondo nero delle doline, si ode propagarsi la eco di un lamento e di un lontano, incontenibile pianto. In questi cimiteri, con la memoria dei morti, con la data ed il come della loro morte, è custodita anche la storia dei reggimenti saliti quassù. «Tale, tal giorno, tal reggimento; colpito in fronte all'assalto» e si può stabilire che, in quel punto, quel reggimento ha fatto un'azione. «Tale, 46° Artiglieria, colpito da granata osservando il tiro» e se ne può dedurre che il 46° aveva in quella posizione un suo osservatorio. Ma vi sono poi le scritte degli amici, che spesso muovono il pianto e rivelano una pienezza, una vastità di sentimento che commuove e fa pensare, come, allo stesso tempo, rivelano un profondo senso di religiosità che stupisce in gente che, dopo tutto, non rifugge dalla bestemmia. 
«X, quando ti raggiungerò? Y» — «X, 1° bis bersaglieri. Prega per noi e proteggi la nostra bandiera. Y» — «X, 151°. Ti abbiamo tutti baciato in fronte. I compagni del terzo plotone». Una è scritta in dialetto, ed è l'esplosione di un infinito dolore: «Concas Antonio, 151°, 3° battaglione. Ohi! frate meu, chi t'appo in su cherveddu. Campus Antioco, frate tou». Ed altre, tante altre! Come si fa a scriverle tutte? Una croce portava scritto con bei caratteri: «Esercito austriaco» e si vedeva chiaramente che una mano diversa aveva aggiunto, successivamente, un «Qui giace l'...». Non fa ridere, fa piangere, mio ignoto autore. È sempre biasimevole voler fare dello spirito sopra un cadavere! Molti rosari portano nomi di militari della Brigata «Siena»; ma di Filippo Corridoni nessuna traccia. Strano! Per una persona così vigilata, dalla fraternità o dall'odio, ma, in un caso o nell'altro, tenuta d'occhio, è molto strano. Non c'è nel modo più certo e più assoluto, non c'è. Dove è passata la «Siena.; dove essa si è battuta e dove, con altre brigate, ha seppellito suoi morti, Corridoni non si trova. Ed invece dovrebbe esserci. La storia di queste tre doline e di questo tratto di linea è breve e semplice. La «Siena» era su queste posizioni, nella prima quindicina di ottobre (e non è più venuta quassù): si è fatta massacrare, a quanto si afferma, e, per disgrazia, come sappiamo, inutilmente; è venuto, subito dopo, il 1. bis bersaglieri, che deve raccontare l'identica tragedia; siamo venuti noi. Dall'avanzata della «Sassari» le posizioni sono rimaste immutate. Ora, la pulizia del campo è perfetta; non c'è un solo cadavere insepolto. Avendo recuperato tutti i nostri morti lo si dovrebbe ritrovare fra questi, se non c e... Il motivo, che ci ha determinato a «sortire», è stato proprio questo. Leggermente a sinistra delle «Frasche» vere e proprie, a circa sessanta passi dalla nostra primissima linea, ed a quaranta dalla loro, si vede un plotoncino di uomini, distesi per terra, dietro un muretto di sassi, diroccato. Sono disposti in ordine, nell'atteggiamento di chi stia per far fuoco; sembrano vivi, tanto il loro ordine e la loro positura sono perfetti. Si tratta, evidentemente, di un plotone lanciatosi avanti e che si è fermato, per coprirsi dalla furia, al primo riparo capitato e che, di certo, avrà creduto sicuro, non avendo studiato bene il terreno insidiosissimo. Quello, senza dubbio, è stato primo sbalzo in avanti di quegli uomini. Purtroppo è stato anche l'ultimo; sono balzati fuori dalla trincea, eroi sfortunatissimi, e sono balzati fuori anche dalla vita. Chi sono? A qual reggimento appartengono? Questo ci siamo domandati ed a questa domanda abbiamo voluto rispondere. Chiediamo permesso di «sortire» al Comando di Battaglione tenuto interinalmente da Italo Carnevali, uno dei baldi bersaglieri arrivati alla Brigata con l'ultima «imbarcata» del gennaio. Carnevali non fa opposizione di sorta; si limita ad avvertire il Comando del Reggimento e viene su, al punto dove si è praticato il varco, per salutar-i, prima di fare il «zompiello» Non si sa mai! Se c'è pericolo a stare dietro il muretto e dentro il fosso della propria trincea, quando si è fuori non è consigliabile di rischiare nemmeno dieci centesimi sopra la pelle di chi è sortito. E qua si trattava di  andare in bocca al lupo, e non nel senso metaforico. IL bersagliere ci stringe la mano e ci augura un buon ritorno; intanto  sta in attesa, per abbracciarci all'arrivo. Dico «ci», perché ha voluto accompagnarmi, a tutti i costi, un sottotenente della mia compagnia l'ottimo Tredici (vedi Post a lui dedicato) , il futuro ingegnere milanese. L'ordine di non far fuoco é stato trasmesso per un buon tratto di linea. Lasciamo passare alcuni minuti; non si ode più una fucilata: segno che l'ordine è pervenuto ai reparti ed è in piena esecuzione.
Saltiamo fuori e ci appiattiamo per terra; silenzio assoluto. «Tredici andiamo». Un tratto di terreno è divorato dalla nostra marcia a quattro  zampe. La nebbia ci protegge in modo provvidenziale. «A terra », due minuti di attesa; lo stesso silenzio. Nemmeno gli austriaci tirano  qualche fucilata, alta, bassa, rada, stracca. Qualche vedetta che tira  tanto per dimostrare che non dorme. 
Non si vede e non si ode segno di vita; chi potrebbe mai pensare che questa vastità é popolata da una moltitudine di uomini, l'un contro l'altro armati? La terra è fasciata da uno strato denso di nebbia  ma nella profondità di questa nebbia, inaccessibili al nostro sguardo, sta celata l'insidia e v'è in agguato la morte. Tredici  avanti». Un'altra breve corsa, carponi, ed a terra, in ascolto, Ancora più profondo silenzio; ancora un balzo, ancora a terra; ancora sempre, incombente su tutto, il più completo, vasto impressionante silenzio. Tredici mi segue alla destra, ad un metro di distanza. 
Tanti pensieri mi passano per la testa. Ad un tratto (chissà mai perche') penso alla madre del mio ufficiale. So che ha perso il babbo; Me l' ha detto tante volte; gli resta la mamma. Penso a questa ignota signora, vestita a lutto, e provo un rimorso improvviso per aver permesso che questo ragazzo venisse con me a correre questa avventura. Lo chiamo, per dirgli di tornare indietro, ma cambio subito idea; pronunzio una frase che non penso: «Bella occasione per finire la guerra» . Mi  guarda, senza capirmi. Continuo, sorridendogli: «Qua, siamo fuori legge, lo sai? Non ci comanda più nessuno. Il passaporto, poi, lo abbiamo in tasca. Non hai, anche tu, un fazzoletto più o meno bianco? Sorride. Ripenso a sua madre, a questa vedova che non conosco che forse non conoscerò mai, della quale mi ha parlato tante volte  con venerazione e che deve attendere questo suo figliuolo. 
Ed  Io? .,. io.., permetto che glielo possano ammazzare, così! Tredici vuoi rientrare? Proseguo solo».
Mi guarda, stranamente. Avrei voglia di urlare; non si può; bisogna parlar piano; bisogna che le parole escano dalle labbra come un soffio per non farsi ammazzare. «Lo sai dove siamo? Guarda lassù, a sinistra, che po' po' di roba: S. Michele e S. Martino; e laggiù, a destra, lo vedi? È il 'budello'. Guarda cosa c'è, a pochi metri. Di fronte a noi, lo sai bene che cosa abbiamo: un plotone di morti ci difende, nient'altro; poi, ci son loro». a sempre fisso, e tace. Ha capito. Vorrei levarmi in piedi  prenderlo per le spalle e scaraventarlo dentro la nostra linea. Se fosse stato possibile!... Ma era la morte per tutti e due. Continuo, ansimando. «Non lo sapevi che, a far cinquanta metri in avanti, ci dovevamo trovare circondati in pieno? Non abbiamo che le spalle protette. La nostra pelle non vale un fico secco, in questo momento. Vattene; rimango io». «Ma io non ho paura, resto». «E se te lo comandassi?». Mi guarda fisso, sorride; mi punge un dubbio atroce: «Che non pensi che io voglia sbarazzarmi di lui per disertare davvero?». Fremo e gli dico, brusco: «Bambino, andiamo». Percorriamo alcuni metri e ci buttiamo per terra. I morti sono visibilissimi; li conto, ventisette. D'un tratto, mi sembra di udire rumore alle spalle; un fruscio lieve, rapido, che si avvicina. «Tredici, senti?». «Sento, abbiamo gente alle spalle». «Sì, abbiamo gente; attento! Ma non far fuoco, sennò, siamo fritti». Mi volgo indietro; un uomo mi si butta al fianco... «Bestia, perché sei venuto?». È il mio attendente, Luigi Gamboni che sa la devozione e gli ardimenti della sua Ogliastra nativa! Non risponde: mi sorride, mostrando una dentatura di avorio, levigato e terso, e mi guarda, col suo solito sguardo buono e fedele. «Bestia sei; è stupido farsi ammazzare in tre». Non so perché sia scappata di bocca quella frase sciocca. Luisetto china la testa e sta mortificato. «Beh! avanti!». Siamo a pochi passi dai morti. Scatto, mi stendo fra due di loro. Hanno le giubbe sulla schiena e sui fianchi lacerate come se vi fosse passato sopra un rastrello dalle punte acuminate. Mitragliatrice, evidentemente. Sono stati presi d'infilata, dalla sinistra, dalle posizioni di S. Michele e di S. Martino. Non devono aver avuto nemmeno il tempo di sparare una fucilata; non appena a terra devono essere stati crivellati di colpi, rabbiosamente. Devono avere parecchi mesi; non puzzano più; le mostrine sono irriconoscibili. Strappo il berretto al morto di destra: 32, sono della «Siena». La nebbia è leggermente diradata e faccio due fotografie, ma chissà che cosa ne verrà fuori, con questa luce. Vorrei trovare fra questi ventisette cadaveri quello che sto cercando, ma è un affar serio frugarli e voltarli e rivoltarli, fino ad impossessarsi dei piastrini di riconoscimento che ogni soldato cuce dove gli pare. Il più era fatto; conoscevamo il numero del reggimento.  Guardo la controspallina del morto di sinistra; non vi si distingue più nulla. Cerco di strappare la controspallina al morto di de-tra; non cede; mi risponde un rumore sordo, confuso, imprecisabile. Scricchiolio di ossa o spiaccicarsi di carne? Chi lo sa? Mi è parso che dicesse, quel morto: «Perché mi molesti?». Mi è parso che pregasse, quel povero morto: «Portami via!». L'ho lasciato. Sulla contro-spallina si vedeva la parte superiore del numero, indicante la compagnia, quella inferiore, al contatto del terreno, era quasi del tutto  scomparsa. Il numero della controspallina faceva superiormente una curva; mi è parso che dovesse trattarsi di un tre o di un otto. Non vi era altro da fare. «Tredici, torniamo». In quattro salti siamo rientrati, inseguiti da alcune fucilate. Ci avevano visto o si trattava degli spari consueti, fatti a casaccio? io Carnevali, Mugoni, Garau erano ad attenderci. Abbiamo raccontato quel che avevamo visto. Abbiamo chiesto a quale reggimento appartenesse Corridoni. Al 32°. Abbiamo saputo anche a quale compagnia apparteneva. Alla terza. Non può esservi alcun dubbio.

Quello è un plotone della terza o dell'ottava compagnia del 32° e fra i morti di quel plotone deve trovarsi il tanto discusso cadavere  di Filippo Corridoni. 
 Questo bisogna che si sappia: che quei ventisette uomini della «Siena», lanciandosi avanti a quel modo, più che temerariamente, avevano sperato e cercato di prendere di fianco le «Frasche», senza pensare e senza accorgersi, poveri figliuoli, che loro stessi, a loro volta, venivano ad esser presi d'infilata dalle mitragliatrici falcidianti di S. Michele e di S. Martino. E così si spiega il mistero della scomparsa di Corridoni. Egli è rimasto vittima del suo superlativo eroismo e se ci sarà possibile ritornare al «plotone dei morti», noi ci ritorneremo. Oh! poterli riportare fra noi tutti quanti. Farli sorridere, ancora, dopo la morte! Senza dubbio, è una nostra suggestione, ma siamo tutti convinti che l'aspetto del morto, riportato nelle nostre linee, assuma un'apparenza di tranquillità e di serena compostezza che fuori gli mancava. Siamo tutti convinti di questo fenomeno che, ripeto, è senza dubbio un fenomeno di suggestione collettiva. 
Ho visto tuttavia dei morti, riportati dentro, con tragiche smorfie sul volto, riapparire, più tardi, composti ad una perfetta serenità. Sono forse le mani dei fratelli che ridanno la pace a quei volti esangui dagli occhi sbarrati e dalle maschere orrende? I soldati ci giurano sopra. Compiono atti sublimi pur di non lasciare abbandonato, fra una linea e l'altra, il corpo di un loro morto. Al nostro battesimo di fuoco si trovavano al 152° quattro fratelli, gli Spano di Tempio. Tre di essi lasciarono la vita nei continui e sanguinosi assalti. Quando la notizia ferale fu portata al superstite e si seppe che l'ultimo caduto era rimasto fra le due linee, il quarto dei fratelli, con qualche compagno, stette fuori per oltre ventiquattro ore, ricercandone la salma, esponendo mille volte la vita, finché non ritornò fra noi, riportando il corpo inerte del suo fratello caduto. Per recuperare il corpo del sottotenente Ghisu, cinque soldati del suo plotone caddero su quel cadavere, finché altri ancora non riuscirono a ricuperarli tutti. Non si ebbe mai il coraggio di vietare che si compisse quel dovere altamente fraterno e pietoso. Se ci sarà possibile, ce li riporteremo indietro, per ricomporli in pace, sotto la comune bandiera.



Fino a questo momento non sono riuscito a conoscere a  quale compagnia apparteneva il soldato BOLLINI Carlo, il giorno 23 Ottobre 1915 il 32° Fanteria ebbe circa 136 tra morti e dispersi senza contare i numerosi feriti, di questi 136 solamente due riposano tra i noti al Sacrario di Redipuglia.



Mappa della zona della Trincea delle Frasche dopo la sua conquista





Schizzo del percorso fatto della Compagnia di Filippo Corridoni il 23 Ottobre 1915

















 


giovedì 11 agosto 2016

venerdì 5 agosto 2016

S.Tenente GIOFFREDI Tommaso



142° Fanteria Brigata Catanzaro

Nato a Spoleto il 28 Marzo 1895
Morto a Quota 208 Sud il 16 Settembre 1916
Sepolto----------



Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 


Comandante di una sezione mitragliatrici, in un contrattacco che fruttò la conquista d'una trincea nemica, portò subito sulla linea di fuoco le proprie armi e personalmente le diresse contro l'avversario che ripiegava. Cadde poi colpito a morte
Carso, 17 Settembre 1916

Decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare 


Comandante di una sezione mitragliatrici, nel combattimento per la conquista di una posizione si portava audacemente in prima linea, mantenendosi calmo e sereno nell'adempimento del suo mandato. Perduti alcuni serventi, puntava personalmente un'arma, infliggendo forti perdite al nemico e contribuendo al buon andamento dell'azione. Comandante di compagnia nei combattimenti seguenti, diede costante esempio di coraggio ai suoi inferiori.
Monte San Michele, 6 Agosto 1916



L'ultima sua lettera:

Cara Mamma,

.....da questo luogo lontano dove io sono a difendere la Patria, il pensiero corre sempre a te, cara Mamma che sei l'unica al mondo che mi fa essere forte, che mi fa sopportare con rassegnazione tutte le sofferenze, tutte le fatiche che questa guerra guerra offre.
Ed il pensiero di rivederti presto mi anima e mi da forza per tornare sano e salvo fra le tue braccia.
Nei momenti più terribili del combattimento, il mio pensiero era fosso sempre a te, e la tua immagine mi si presenta ai miei occhi, mi incitava alla vittoria, e mi difendeva dalle pallottole che mi fischiavano incessantemente da tutte le parti.
In quisti  momenti la parola Mamma è la sola che aleggia da tutte le bocche, e non vi è soldato che non abbia sulle labbra il nome della cara Mamma lontana che forse in quel momento prega per lui.
Il ferito non si lagna, ma grida, Mamma mia, il morente esala l'ultimo respiro invocando il nome di chi lo ha messo al mondo, perchè corra a accoglierli l'ultimo suo anelito.
L'unica parola che si oda fra il frastuono furioso della cannonate e delle fucilate è il caro nome di Mamma.
Ed anch'io  nei momenti più difficili e quando lo scoppio di qualche granata mi buttava al suolo e mi copriva di terra ho gridato, credendomi perduto, Mamma mia! E tu mi hai protetto sempre, perchè sempre incolume mi sono sollevato.
L'amore per la Mamma maggiormente si comprende in quei momenti quando si è lontano da lei. Se avrò la fortuna di ritornare, sarà per me l'unica soddisfazione quella di poterti avere tra le mie braccia insieme al caro Papà...
Saluti a tutti a chi domanda di me. Baci infiniti a Papà e a Giulia. Ricevi tanti bacioni.
Tuo aff.mo figlio

Tommaso


Il Sottotenente Gioffredi Tommaso non tornerà a casa, morirà nel corso della VII^ battaglia dell'Isonzo a Quota 208 Sud quando il suo Reggimento il 142° con il 141° fanteria che costituiva la Brigata Catanzaro era assegnato alla 31^ Divisione XIII° Corpo d'Armata, la sua azione fu marginale solamente due battaglioni il I° e il III° del 142° fanteria andarono a rinforzare il 122° fanteria Brigata Macerata impegnato verso Quota 208 Sud, contribuendo soprattutto a respingere i tentativi nemici di riprendere i tratti di trincea perduti.


Mappa della Quota 208 Sud tratta dal libro "I Tracciati delle Trincee della Grande Guerra" di Cernigoi e Pizzamus, modificata con linserimento dei nomi delle doline Italiane dal sottoscritto:



lunedì 27 giugno 2016

S. Tenente FRANCO Vincenzo




34^ Compagnia Mitragliatrici FIAT



Nato a Polcenigo (PN) il 28 Agosto 1896
Morto nella 14^ Sez. Sanità  il 24 Agosto 1917 per ferite da combattimento
Sepolto nel Sacrario di Redipuglia 8° Gradone loculo 16013



Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 

Sottotenente compagnia mitragliatrici.
Costante mirabile esempio di fermezza e di alto sentimento del dovere, con calma e risolutezza guidava avanti la propria sezione mitragliatrici, sotto un fuoco violento di artiglieria nemica, raggiungendo il posto designato. Mentre poi incoraggiava ed incitava i propri dipendenti, cadeva colpito a morte.
Carso, 24 Agosto 1917


Note Storiche:

la 34^ compagnia  mitragliatrici FIAT,  apparteneva dall'Agosto 1917 alla 3^ Brigata Bersaglieri, composta dai Reggimenti 17° e 18°, comandata dal  Colonnello Ceccherini, ed era in forza alla 4^ Divisione operante nel settore di Castagnevizza del Carso nel corso della XI^ battaglia dell'Isonzo ( 18 - 31 Agosto 1917)
Il giorno 18 Agosto la 34^ Compagnia Mitraglieri si trovava nelle doline poste dietro la prima linea, molto probabile che la sua posizione iniziale fosse la Dolina Piscitelli.
Il giorno 18 durante la notte le Brigate dipendenti della 4^ Divisione hanno assunto la dislocazione d'urto per l'attacco,che avverrà il giorno dopo alle ore 5.33 , un violentissimo tiro d'artiglieria nemica e le intense raffiche delle mitragliatrici ci confermano che le nostre truppe saltate fuori dalle trincee avanzano, con un solo sbalzo il I° battaglione del 154° fanteria (Brigata Novara) hanno conquistato la Montagnola sostenuto a sinistra dal I° battaglione del 153° fanteria il quale abbenchè ostacolato nella sua avanzata per aver trovato intatti i reticolati nemici preme fortemente sull'avversario, a rincalzo di questi due battaglioni segue il II° battaglione del 154° fanteria, il Comando di Brigata annuncia i primi prigionieri circa un centinaio fra cui sette ufficiali.
La Brigata Bersaglieri uscita anch'essa con un magnifico slancio ha conquistata tutta la prima trincea nemica catturando qualche prigioniero a abbenchè fatta segno a vivo fuoco di mitragliatrici annidate sulle pendici di q. 251 ed in Castagnevizza prosegue sulla sua avanzata. il 66° battaglione Bersaglieri ne è più provato degli altri fra le macerie di Castagnevizza.
Gli attacchi contro Castagnevizza continuarono fino il giorno 20 da parte della 3° Brigata Bersaglieri quando all'alba viene sostituita dalla Brigata Barletta, passando nella linea detta delle "Quote". Alle ore 20 dello stesso  giorno  riceve l'ordine di abbandonare la linea e di trasferirsi a Fogliano passando alle dipendenze della 68^ Divisione, ma poco dopo l'ordine è modificato nel senso che anche per la giornata del 21 la Brigata sarà trattenuta sulla linea della Quote in riserva di Corpo d'Armata. 
Il 22 Agosto per il 17° Reggimento trascorre senza novità, mentre non è così per il 18° Reggimento in quanto il giorno prima ha ricevuto l'ordine di costituire un battaglione unico con gli elementi di tutto il Reggimento con i battaglioni 67° e 69° che si era poi portato nella zona della 14^ Divisione a disposizione della Brigata Acqui dove poi seguirono il 68° battaglione e i rimasti reparti del 69° battaglione.
All'alba del 22 Agosto si aveva la seguente dislocazione:
67° Battaglione a quota 220 (Pod-Koriti) sulla linea occupata dal 18° Fanteria.
il 68° battaglione  dalla dolina Cosenza e Baracche con il Comando di Battaglione nella Dolina Due Alberi.
Alle ore 13.30 il 67° Battaglione ricevuto l'ordine di attaccare ed impossessarsi di Quota 244 si muoverà decisamente in avanti abbandonando trincee battute dal fuoco incessante di artiglierie di ogni calibro e mitragliatrici. All ore 14 la quota era occupata con circa duecento prigionieri. Non avendo la Brigata Pinerolo, ala sinistra appoggiato il movimento fu dovuta parare una minaccia al fianco con una rapidissima azione in quel lato.
Contemporaneamente il 68° battaglio si spostava  attraverso il formidabile tiro d'interdizione a presidiare la linea di partenza del 67° battaglione, con il collegamento a destra col 40° reggimento (Brigata Bologna a sinistra con la Brigata Pinerolo.
Per mancanza di appoggio con le ali , costituendo la quota 244 un saliente avanzatissimo ad angolo quasi acuto, il 67° battaglione sopraggiunta la notte a scaglioni a provveduto ad occupare una linea antistante di metri 100.


Ma veniamo alla testimonianza scritta da Renzo  Dalmazzo "I Bersaglieri nella Prima Guerra Mondiale" di quei giorni:
- Comanda la brigata « quel brigadiere fiorentino (Ceccherini) celebre schermitore, valoroso soldato, la cui vita è tutta un'affermazione del più autentico coraggio. Ha con sè una compagna indivisibile la, pipa. Una pipa rossastra, affumicata, straordinariamente puzzolente, eternamente brontolante. La chiamano — per antonomasia — la gorgogliosa. C'è più nicotina lì dentro che in tutti i magazzini delle Regie Privative. E' un deposito di gruma ribollente, chiocchiolante, come una pentola al fuoco. P una bomba di gas asfissianti. Quella a pipa si vede da per tutto. E popolare, lacrimogena e onnipotente. E' in prima linea negli assalti i;è al  primo posto in tutte le azioni più rischiose. 'E' una  pipa eroica, che sa, il fragore di cento battaglie e che quando è giunta l'ora di menar le mani, reclama sempre la parte più movimentata. a. si capisce che, attaccato alla pipa, c'è il brigadiere fiorentino » 
 Il giorno 22, i due battaglioni  del 18° hanno l'ordine di impadronirsi della q. 244 di Castagnevizza. Nel pomeriggio i due reparti iniziano l'avanzata fortemente avversati da sbarramenti di Artiglieria  e dal tiro di  mitragliatrici appostate rivellini, dietro scudi, in  buche di granata fra macerie e macigni. La brigata Bologna, la quale dovrebbe concorre  sulla destra all'attacco, non  appena esce dalle posizioni d'attesa, è investita da un. contrattacco fiancheggiato da torrenti di fuoco, ed è costretta a retrocedere. Non pertanto, vincendo difficoltà di terreno e di difese, alcuni. bersaglieri riescono ad aggrapparsi alla sommità della quota 244, catturando alcune mitragliatrici e numerosi bosniaci. E' chiamato in rincalzo il battaglione del. 17°, cui comandante, Vozzi, cade colpito a morte nel condurre il reparto per camminamenti battuti dall'artiglieria. Nei bersaglieri non è che il desiderio di vendicarlo. Il  caporale Salma coi due superstiti della sua squadra si lancia su di un pattuglione e con furibonda mischia costringe alla resa dodici avversari. Il giorno dopo, giungendo fra i primi sulla sommità della q. 244, cadrà, sotto il piombo nemico. L'alba del 23 s'innalza coi più lieti presagi. Con il concorso di reparti del 40° fanteria e dei. bersaglieri del 7° battaglione complementare, l'azione ripresa. nemico continua ad opporsi ostinato, inflessibile. Ma i bersaglieri di. Ceccherinii. non deflettono. Vanno diritti alla morte, attingendo energia nel fuoco delle tradizioni. Folti nuclei di mitragliatrici appostate sulla sinistra colgono sul fianco la nostra colonna d'attacco. Un pezzo d 'artiglieria sbaraglia pattuglie di arditi l'inseguono. Si procede. Dopo 48 ore dì lotta accanita, l'abissino maggiore Mondelli  (il figlio del deserto) , che ha saputo infondere nel 67° battaglione spirito altamente aggressivo, raggiunge  ed occupa fin le ultime trincee di q. 244, in uno al vigoroso gruppo di arditi del tenente Valletta. Il nemico sfoga la sua ira Con un uragano di fuoco ; ma l'esempio di valore, di costanza, e di calma dei comandanti tiene al proprio posto gli uomini che pur vedono potare i rami migliori. Fra i caduti sul campo tenente Colonnello Pedrocchi  comandante del 18°. Il problema dell'acqua è impellente più di quello del sangue. Anche gli ufficiali medici provvedono al trasporto dell'acqua, chiesta e ricercata cori occhi folli e bocche schiumose. Un contrattacco in forze è rigettato nella notte, e niente più può ritogliere alla brigata il frutto di tanto sacrificio.
Dopo l'azione, il generale Ravazza, comandante dei 15° Corpo d'Armata, scrive al generale  Ceccherini : « Caro generale, in un momento particolarmente difficile di questa battaglia che tutte le altre ha superato in asprezza, quando per un obiettivo che ad ogni costo doveva essere raggiunto, e contro il 'quale per tre giorni si era infranto il valore delle nostre truppe, io ho dovuto scegliere un comandante che mi desse sicuro affidamento di voler e di saper vincere, non ho esitato un momento, ho scelto te. E si vinse. I due capisaldi che si designano dalle quote 221 e 244, saranno per sempre legati a quel nome, ed a quello della brigata della quale sei degno comandante. Ai tuoi bersaglieri porgi in modo speciale l'espressione della mia ammirazione e della mia gratitudine.... Riassumo il mio plauso in un bacio e chiudo col mio solito saluto augurale : Avanti !  Avanti ; ma a quale prezzo ! Le brigate 2° nel settore di Brestovizza-Flondar  e la 3° in quello di Castagnevizza hanno perso nella battaglia 100 ufficiali e 3750 uomini di truppa.-

Tratto da "La mia vita in guerra" di Ciro Fania:

Venne l'alba del 24 agosto e l'azione continuava di qua e di là, a scaramucce. I nostri due battaglioni (Brigata Caserta) andarono a dare il cambio al 18° Reggimento Bersaglieri, che era ridotto a soli 400 uomini circa.
Il mio battaglione prese posto per metà nella dolina Baracche e per metà nella Dolina Due Alberi.
Finalmente si fece giorno venne il Colonnello del 18° Reggimento Bersaglieri, che salutò il nostro Colonnello Faracoda, ma poi si lamentò perché il cambio era arrivato tardi. Disse che i suoi soldati erano distrutti, morti di fame e di sete, sottoposti alle fatiche stressanti di quattro giorni di continue avanzate (dal 20 al 24 Agosto)
Il nostro Colonnello difese il suo operato dicendo che di giorno non avrebbe potuto dare il cambio, perchè i suoi soldati sarebbero morti prima di arrivare in linea dato che gli Austriaci osservavano continuamente i movimenti della truppa. Nacque un piccolo incidente fra loro, ma poi si salutarono dandosi la mano, Il Colonnello dei Bersaglieri esclamò:
- Ah! Quale vergogna scendere a riposo con un Reggimento ridotto a trecento uomini! -
Entrò nelle latrine della Dolina Baracche e li si sparò.
Noi udimmo un colpo secco. Si era sparato alla tempia ed era morto istantaneamente. Poveretto! Era stramazzato al suolo nella latrina.
Non era capace di sopportare il peso della sua responsabilità.
La salma fu portata a Sagrado. Così volle dare la sia vita in olocausto alla Patria, com'erano morti i suoi Bersaglieri che erano avanzati per 5 km dalla Dolina Matella a Quota 244.  

Il Colonnello in questione era PEDROCCHI Ettore.

Il Sottotenente Franco Vincenzo, prese parte a questi attacchi dove venne ferito mortalmente; trasportato immediatamnete nella 14^ sezione Sanità ubicata nella Dolina Innominata dove poco spirò. Venne poi sepolto nella stessa dolina .


La Dislocazione dei reparti il 18 Agosto 197 nel settore di Castagnevizza, la freccia gialla indica la posizione della 34^ Compagnia Mitragliatrici del S.Tenente FRANCO.



 La Dolina Piscitelli con la vasca per l'acqua: 



Mappa con la linea raggiunta dopo l'XI^ battaglia dell'Isonzo nel settore a Sud di Castagnevizza, sono indicate dalle frecce (colore nero) la Quota 244 e la Dolina Baracche:



 Mappa con indicata la posizione della Dolina Innominata dove si trovava la 14^ Sezione Sanità e dove è stato sepolto il S.Tenente FRANCO Vincenzo :


Per la seguente documentazione ringrazio Francesca Chiurlotto nipote del S.Tenente Franco Vincenzo:


L'ultima cartolina:




Certificato di morte:




Nomina a Sottotenente



Assegnazione Medaglia d'Argento:

Dichiarazione di Sepoltura: