In questo blog voglio raccontare e trasmettere le storie di questi uomini diventati soldati e che oggi a cent’anni di distanza non vengano dimenticati.
Sono storie nella storia di quella che fu la Grande Guerra.
Questi caduti sono morti sul carso, in quei due anni e mezzo di sanguinose battaglie, molti di questi oggi riposano al sacrario di Redipuglia con un nome, ma per la maggior parte questo non è stato possibile. Voglio così onorare la loro memoria con questo mio tributo.

"Vorranno dimenticarvi, vorranno che io dimentichi, ma non posso e non lo farò. Questa è la mia promessa a voi a tutti voi."

Vera Brittain



«Qui ci verranno dopo la guerra a fare la gita di ferragosto. E diranno: se c’ero io! Ci saranno i cartelli-rèclame e gli alberghi di lusso! Passeggiate di curiosità come ai musei di storia naturale; e raccatteranno le nostre ossa come portafortuna.»

Carlo Salsa

sabato 20 marzo 2021

S.Tenente XIMENES Renato

 

764^ Compagnia Mitraglieri FIAT

 

Nato a Perugia il 13 Marzo 1882
Morto  a q. 219 di Pod  Korite il 23 maggio 1917
Sepolto al Sacrario di Redipuglia loculo 38948 gradone 22





Note Storiche:

La 764^ Compagnia Mitraglieir FIAT dopo essere stata formata nel maggio 1917 fu messa a disposizione della Brigata Bologna, con la quale prese parte alla X^ battaglia dell'Isonzo con la 31^ Divisione 13° C.A.
 
Tratto dal libro "La Brigata Bologna" di Carlo Felice Prencipe
 
La battaglia del 23 maggio 1917: 

Le operazioni sulla fronte Giulia avevano già avuto inizio il 12 maggio con potentissimi duelli di artiglieria: il 14, le fanterie, avanzate da Plava, erano riuscite a conquistare importanti linee difensive nemiche a est della testa di ponte e sulle alture a oriente di Gorizia. Dal 15 al 22, dopo 7 giorni di aspri combattimenti, il II e il IV Corpo di Armata erano riusciti, in una serie di brillanti ma cruenti azioni, a occupare i due fortissimi baluardi mon-tani, del Kuk e del Vodice, aggrappandosi alle pendici occi-dentali del Monte Santo.
I1 23 maggio doveva cominciare la terza fase del progettato piano offensivo, alla quale era destinata a concorrere la 31a Divisione a cui apparteneva il 40° Fanteria, cioè l'attacco a fondo sul Carso. Il reggimento stava in trincea, come si è detto, fin dal 5 maggio: malgrado però il lungo periodo passato in linea prima dell'azione e sotto il continuo e insistente bombardamento nemico, il morale dei bravi fanti era alto, e vivo era in tutti il desiderio di uscire dalla trincea e balzare all'attacco. Alle ore 6 del mattino, ebbe principio il tiro di tutte le nostre batterie contro le posizioni e le opere difensive dell'avversario e ad esse si unirono numerose bombarde di medio e grosso calibro diretto essenzialmente contro i reticolati nemici per abbatterli e squarciarvi l'intrigato tessuto di fili spinosi.
Gli austriaci dopo un pò di silenzio, aprirono il fuoco contro le nostre linee e , d' un tratto, lo portarono alla massima celerità con i loro cannoni e le bombarde sistematicamente battevano le nostre trincee, i camminamenti, le doline e questo avvalorò la tesi che il nemico nei giorni scorsi, con pochi e sporadici colpi, si era studiato di aggiustare il suo tiro sull'intero nostro sistema difensivo, specie sulla prima linea. Questa, scavata nella roccia e munita di un parapetto per la maggiore parte costituito con pietre sovrapposte, fu in poco tempo quasi tutta rasa al suolo lasciandone allo scoperto i difensori: maciullati dalla furia atroce di quell'uragano di morte i fanti del 40° Fanteria tennero fermo nel nome della Patria! In breve la prima linea non più esistette: non fu altro che un cumulo di sassi, confusamente ammucchiati e chiazzati di sangue. Anche la seconda e la terza linea avevano subito in più punti l'opera devastatrice di quella tempesta di fuoco, di piombo e di ferro: le doline, i camminamenti, i ricoveri portavano tutti i segni macabri della devastazione e bruciavano in un rogo immane. Silenziosi e sereni, i fanti guardavano impavidi quella scena di orrore rassegnati all'estremo dovere: tutto attorno un fragore simultaneo di mille colpi, un'accendersi di mille fiammelle, un rotear di schegge, un turbinio di granate, di shrapnels, di bombe. L'atmosfera era irrespirabile: non un metro di terreno non era colpito, non un palmo di trincea offriva riparo; non un ricovero offriva protezione. E al sacrificio della passiva attesa, all'incubo di dover dare la vita senza poterla contendere al nemico, alla preoccupazione di poter non vivere gli epici momenti dell'assalto e della lotta, a quel tormento senza nome, essi avrebbero preferito tutti di uscire subito dalle sconvolte trincee e correre, con la baionetta in canna, contro il nemico. Ma nell'ordine di operazione era fissata l'ora per lo scatto delle truppe e questa ora doveva essere assolutamente rispettata. Il fuoco delle nostre artiglierie, senza un attimo di sosta, durò fino alle ore 2,00: a tale ora esse allungarono un po' il tiro per permettere ad alcune ardite pattuglie di uscire dalla li-nea per andare a constatare gli effetti del tiro sulle difese dell'avversario. Le pattuglie, avanzando con baldo coraggio, rilevarono che sul tratto di posizione fronteggiata dal reggimento la prima linea nemica aveva subito danni rilevanti e che le difese accessorie presentavano parecchi varchi di discreta larghezza. Con rinnovata lena i nostri artiglieri ricominciavano allora la canora musica dei loro pezzi e la continuarono fino al momento indicato nell'ordine superiore: ore 16,05. A tale ora, identica per tutte le unità ingaggiate nell'offensiva, le truppe scattarono dalla loro trincea di partenza e con irresistibile balzo mossero in campo aperto contro il nemico.
A sinistra il I Battaglione, comandato sempre dal ten. colonnello Antonino Palumbo, oltrepassò con balzo fulmineo la linea di osservazione nemica e in pochi minuti, arditamente avanzando. in una zona battuta con estrema violenza dal tiro d'interdizione delle artiglierie austriache, raggiunse il groviglio di q. 219 e le attigue trincee a est di esso, sfondandole e sorpassandole nonostante il furioso fuoco di fucileria e mitragliatrici dell'avversario. Giunti a 100 metri dalla strada Kostanjevica-Selo i valorosi e decimati repati dell'eroico battaglione, che in detto combattimento avevano anche perduto il loro comandante, perché gravemente ferito, non riscontrando ancora nessuno indizio di avanzata dal 73° Fanteria (Brigata Lombardia), con cui dovevano essere collegati, dovettero arrestarsi per evitare di essere aggirati sul fianco sinistro. Il comando del battaglione fu preso immediatamente dal cap. Moggio Teodoro. Più ore gli avanzi del battaglione resistettero sulla linea raggiunta, bersagliati da ogni lato e scoperti a tutte le offese: essendosi però delineato, sul far della sera, un minaccioso tentativo di aggiramento sull'indifeso fianco sinistro e a tergo, dovettero alquanto ripiegare. Il II Battaglione  al centro  scattato dalle trincee di partenza, fulmineamente si portò nel cuore della resistenza nemica, oltrepassando un primo e un secondo ordine di unitissimi e potentissimi trinceramenti austriaci e ingaggiando, tra un inferno di fuoco di tutte le armi e di tutti i calibri, violenti combattimenti corpo a corpo. La lotta fu terribile e il battaglione, guidato dal sottoscritto, ebbe gran parte dei suoi effettivi fuo-ri combattimento. Io stesso, contuso gravemente da un fondello di granata sul fianco destro, caddi a terra per più di un'ora svenuto sul campo ma, ripreso i sensi, continuai a tenere il comando della linea resistendo ai contrattacchi del nemico. Pur tuttavia le poche truppe rimaste resistettero accanitamente fino a sera inoltrata, chiedendo ansiosamente rinforzi e attendendoli con la santa rassegnazione dei martiri.
II IV Battaglione — di destra — raggiunse e oltrepassò in brevissimo tempo la prima linea dell'avversario, muovendo quindi, in collegamento col II Battaglione, all'attacco delle retrostanti e robuste posizioni nemiche. Durante questo sbalzo, a causa del micidiale fuoco incrociato di moltissime mitragliatrici, appostate sul fianco e sul fronte, il battaglione subì perdite gravissime: cadde pure gravemente ferito il comandante del battaglione, magg. Salomone Felice, il cui sublime valore si dimostrò pari alla eccessiva modestia di cui era animato quel vero soldato di guerra.
I pochi reparti, ancora in efficienza, raggiunsero la linea di massima resistenza del nemico: circa cinquanta uomini arrivarono financo sulla strada di Kostanjevica e si appostarono presso il bivio che detta strada forma con quella di Korite. Nessun indizio si poté constatare della avanzata delle truppe della 34a Divisione, operanti a destra: andava invece delineandosi sempre più la grave minaccia di venire aggirati, sul lato opposto, da foltissimi nuclei nemici che, nel frattempo, scendevano dall'altura di q. 232. La situazione in cui, verso le ore 21 della sanguinosa giornata, venivano a trovarsi i tre battaglioni appariva critica e insostenibile. Il concorso delle truppe laterali era venuto a mancare; le numerose assillanti richieste di rinforzo non avevano avuto alcun esito: il II Battaglione del 39° Fanteria inviato in rincalzo del II e IV Battaglione/40° Fanteria, e duramente provato durante l'a-vanzata, era arrivato a destinazione solamente con pochi drappelli insufficienti e stanchi; la 745° Compagnia Mitragliatrici, avviata all'ultimo momento era stata subito messa fuori combattimento dai tiri dell'artiglieria nemica. Le batterie austriache, intanto, sull'intera zona, scatenavano i loro fulmini mortali; raffiche tempestose di mitragliatrici, di cannoncini, di fucili e di bombarde solcavano, con grande strepito e terrore, la terra e il cielo, devastando, infrangendo, uccidendo; sui fianchi scoperti degli animosi superstiti falciava indisturbata la morte. Il resistere sembrava una follia inconcepibile, un atto di inutile sacrificio, un olocausto non richiesto; si imponeva la necessità di ripiegare per poter così salvare almeno i piccoli nuclei dei sopravvissuti, abbarbicati al terreno disperatamente, isolati e senza via di scampo. Alle ore 22 circa, allorché la sera col mistero e con l'agguato delle sue tenebre aveva già steso un velo impenetrabile sugli uomini e sulle cose e il rosseggiante campo di battaglia s'era chiuso nel suo terrore e nel sacro deposito dei caduti, fu emanato l'ordine ai gloriosi superstiti di ritirarsi sul-le trincee di partenza, a scaglioni e nel massimo silenzio. Non poteva essere diversamente.
A gruppi, esausti e affamati, essi ripiegarono, trasportando indietro più feriti che fu possibile, e a notte fatta, si riunirono, contandosi, sulle linee che avevano lasciate poche ore prima, con la certezza di non mettervi più piede. Si fece l'appello dei presenti tra un silenzio di tomba: le voci commosse dei compagni, che avevano visto o saputo, fornivano, di mano in mano che si chiamava un nome, la do-lorosa notizia dell'assente.  Il calvario era oltremodo penoso: 1385 furono le dolorose perdite subite dal reggimento nella magnifica, per quanto infruttuosa azione; di cui ben 314 morti, 861 feriti, 210 di-spersi. Il numero delle perdite, nella terrificante eloquenza delle sue cifre sta a testimoniare, senza ulteriori e opportuni commenti, il valore e la tenacia dimostrati in combattimento dalle balde ed eroiche truppe del 40° Fanteria. Così si chiude tristemente la giornata del 23 maggio 1917.
 
Il Sottotenente XIMENES il giorno 23 maggio 1917, risulterà disperso, il suo corpo verrà poi ritrovato il 30 di giugno dello stesso anno nella località di Pod Korite, venne poi sepolto a Dolina 
Udinese.
 
Della stessa compagnia mitragliatrici apparteneva anche il Tenente STEFANI Achille vedi scheda  Quì
 
Mappa con la dislocazione della Brigata Bologna alla vigilia della X^ battaglia dell'Isonzo:
 

 
Mappa con indicata la posizione della Dolina Udine dove fu sepolto il Sottotenente XIMENES dopo il suo ritrovamento:
 

 Ringrazio per l'aiuto l'amico Fabrizio Corso
 
 
 
 
 

venerdì 19 marzo 2021

Soldato CEFARO Amedeo

1° Reggimento Genio 10^ Compagnia Zappatori

 Nato a Roma il 6 Novembre 1892
Morto a Polazzo il 2 Luglio 1915
Sepolto a --------



Note Storiche:

Fu già narrato in precedenza come le nostre truppe, sbarrato che fu il canale Dottori alla presa di Sagrado e cessata l'inondazione ai piedi del Carso, poterono avanzare fino alle pendici delle alture che erano coronate da formidabili linee di trincee e di difese passive, presidiate dal nemico col proposito di una difesa ad oltranza. In condizioni particolarmente disagiate trovavasi la 20° divisione di fanteria del X° corpo d'armata, alla quale apparteneva quella stessa 10° compagnia zappatori del 1° reggimento che aveva con tanto valore chiuso il varco alle acque del fiume all'incile di Sagrado e che nei giorni successivi aveva comandato diverse squadre isolate per i tentativi di apertura dei reticolati nemici in vari punti della fronte della divisione ed anche alcuni graduati e zappatori, fra i quali ilvalorosissimo soldato Mattei Alessandro, coll'incarico di guidare allo stesso scopo squadre di volontari di fanteria. Era intendimento del comando di sottrarre la truppa al tormento del tiro nemico e al tempo stesso di far progressi da quella parte. Vani erano stati i tentativi isolati di aprir varchi nelle difese passive nemiche fatti nelle notti precedenti. Si leggono infatti nel diario del comando della brigata Cagliari che faceva parte di quella divisione le seguenti parole sotto la data del 2 luglio 1915: « Il comando del 63° fanteria alle ore 5,15 antimeridiane fa conoscere che i tentativi fatti per rompere i reticolati sia durante la notte che all'alba, malgrado gli eroici sforzi dei militari del genio, sono riusciti soltanto in parte, perchè il secondo reticolato è rimasto intatto; ciò perchè gli Austriaci all'avvicinarsi dei portatori di tubi facevano brillare le mine ». Fu perciò affidato alla compagnia zappatori il grave compito di aprire nella mattinata stessa ed a qualunque costo uno sbocco offensivo all'incirca al centro della fronte nemica antistante alla divisione, là dove il reticolato formava saliente. L'azione doveva esser preceduta da lungo ed intenso fuoco di artiglieria e doveva svolgersi colla massima risolutezza. Essendo necessario che alla testa delle squadre destinate all'azione fosse un ufficiale valoroso, il comandante del reparto rivendicò per sè tale onore e, raccolti in Fogliano tutti i dipendenti che nell'urgenza dell'ora gli era stato possibile richiamare dai vari punti della fronte, verso le io del mattino li conduceva aranti. Sopravanzate le linee della nostra fanteria (16° reggimento della brigata Savona) sopra Polazzo, presso quota 89, la compagnia giunse sulle difese passive nemiche consistenti in un primo ordine di lacci giapponesi sparsi per una profondità di 50 metri, una rete metallica sostenuta da pali di ferro collegata con torpedini terrestri distri-buite in una zona profonda circa 20 metri ed un profondo reticolato. Le prime squadre animate dall'esempio dei loro ufficiali e graduati liberarono il suolo dai lacci giapponesi, dalla recinzione e dalle torpedini e si avvicinarono al reticolato recando seco tubi carichi di gelatina esplosiva. In questo momento cominciò sulla compagnia un tiro micidiale di fucileria e di granate a mano, che non riuscì ad arrestare l'impresa. Coll'esplosione dei tubi di gelatina fu aperto un varco nei reticolati, che fu immediatamente ampliato con le pinze tagliafili. Aperto il varco, la compagnia si trovò avanti imprevedutamente un fosso profondo, coperto con rete orizzontale e minato. La rete fu tagliata ed un nuovo varco fu aperto. Per le perdite subite nei quadri le unità di fanteria destinate ad irrompere in esso non poterono subito eseguire l'irruzione; ma il comandante della 10a compagnia zappatori, considerato il pericolo di una esitazione, decise di attaccare con la sua compagnia e con due plotoni di fanteria retrostanti. La compagnia infatti irruppe nelle trincee nemiche e le tenne fino all'arrivo dei rinforzi, malgrado le numerose perdite subite fra cui quella del suo comandante e di un subalterno posti fuori combattimento. In proposito il diario del comando del 16° reggimento fanteria reca succintamente: « 2 luglio 1915. Verso le io rimane ferito il comandante della 5a compagnia che per un limitato passaggio aveva tentato di forzare i reticolati preceduto da un capitano del genio che rimase pure ferito ». L'irruzione fatta in quel punto favorì anche quella del 15° reg-gimento fanteria che fu compiuta poco dopo (ore 12,15) ed alla quale recò valido contributo l'eroico sacrificio di uno dei graduati della roa compagnia zappatori, che, come sopra fu detto, erano stati comandati a guidare squadre di volontari di fanteria per l'apertura dei varchi nelle difese passive nemiche. Trattasi del sergente Rossi Giovanni, che guidando per tre volte una squadra di volontari, incontrò gloriosa morte e la memoria del quale fu onorata con la medaglia d'oro al valor militare concessagli di motu proprio dalla Maestà del Re con la seguente motivazione: « ROSSI Giovanni, da Teramo, seigente del genio. - Per ben tre volte con slancio e ardimento, guidava tre squadre di volontari di un battaglione sotto un reticolata nemico per collocare e farvi brillare tubi esplosivi. La terza volta cadeva ferito a morte dopo aver issolto il compito affidatogli. -- Alture di Polazzo, 2 luglio 1915 ». Dell'atto eroico il sergente Rossi trovasi anche traccia nel diario del comando del 15° reggimento fanteria che così dice: « Erano le ore 11,12 quando un sergente del genio protetto da squadre di tiratori guida tre squadre di volontari porta tubi, riuscendo a farne brillare una coppia ». Tutta la linea nemica, per merito del valore della 10a compagnia zappatori che operò in pieno giorno, cedette. Alla sera la 20a divisione riposava sulle posizioni conquistate. Immediato riconoscimento del valore della io" compagnia zappatori si ebbe nella 20a divisione che coraggiosamente hanno abbattute le nemiche. Nell'adempiere tale incarico aggiungo la mia piena soddisfazione che il valore delle truppe da me comandate abbia trionfato sulle potenti organizzazioni dell'avversario e dell'accanita resistenza da lui opposta. Con la vittoria le truppe della 20a divisione hanno spezzata e disorganizzata la linea di difesa nemica ed adempiuto brillantemente all'incarico che era stato loro affidato, quello di facilitare l'avanzata alle truppe laterali. « Un encomio solenne alla 10a compagnia zappatori per essere riuscita per prima a spezzare i reticolati. — 3 luglio 1915 ». Complessivamente l'eroico reparto per il valoroso contegno che i suoi ufficiali e gregari tennero di fronte al nemico in quel giorno, oltrechè della medaglia d'oro concessa all'eroico sergente Rossi, fu onorato con la concessione di dieci medaglie d'argento.
Al soldato CEFARO non spettò nessuna medaglia, egli morì il 2 Luglio alle ore 11 colpito da una scheggia di granata alla testa, fu poi sepolto a Fogliano.
 
Mappa della zona dove operò la 10^ compagnia zappatori il 2 luglio 1915:
 

 
 Foto della Quota 89:



 

 


 

giovedì 18 marzo 2021

Soldato MAGNETTI Giulio

 

210° Fanteria Brigata Bisagno

Nato a Cagliari il 12 aprile 1896
Morto a Jamiano l'11 Giugno 1917
Sepolto a ------- 
 
 
 
 
Note storiche:
 
La Brigata Bisagno da inizio del 1917  la vedeva impiegata  nel settore di tra il Dosso Faiti e Castagnevizza alternandosi con turni di riposo. In questo settore operando con la 4^ Divisione affrontò la X^ Battaglia dell'Isonzo dal 15 maggio 1917 fino al 24 maggio, quando ricevette il cambio per portarsi a riposo a Jalmicco e Visco. La Brigata nel corso delle varie azioni svolte nella battaglia  ne uscì molto decimato, i morti per i due reggimenti furono:181 per il 209° fanteria ; e 90  per il 201° fanteria. Il riposo per la Brigata durò pochi giorni perchè a causa della controffensiva austriaca nel settore di Flondar dell 4 giugno 1917 fu richiamato per essere aggrato alla 16^ divisione ed entrare  in linea dal giorno 5 giugno nel settore di Sablici Q. 144 - q.146 e q. 100. Un battaglione dle 210° fu messo subito a disposizione della Brigata Siracusa quale riserva, mentre i due restanti battaglioni formavano la riserva divisionale nei pressi di quota 144. Lo stesso giorno vedrà il 209° fanteria, efefttuerà tre attacchi delle posizioni perdute il giorno prima, ma il violento fuoco austriaco cagionando gravi perdite, impedirà l'avanzata
L'8 Giugno  la Brigata Siracusa ed il 260° fanteria della Brigata Murge furono sostituiti sulla fronte dal 138° fanteria. Il battaglione del 210° fanteria che si trovava a quota 100 col Comando di Reggimento, si portava a rincalzo dei battaglioni della Brigata Bersaglieri. Veniva formato agli ordini del Comandante del 138° il seguente schieramento "Zona Nord" che partiva dalla strada di Comarie- Brestovizza compresa  fino al punto di contatto con la Brigata Bersaglieri composto dal 138° fanteria e dal battaglione del 210° .
Mentre agli ordini del Comandante dell'11° Bersaglieri nel settore "Zona Sud" dal punto di contatto nella zona nord sino a 100 metri ad est di q. 97, comprendeva 3 battaglioni bersaglieri e i restanti 2 batatglioni del 210° fanteria.
Il giorno 11 giugno vedeva una debole attività di artiglieria nemica sulle posizioni italiane, qualche colpo su Jamiano, sulla strada Jamiano- Comarie, su q. 43 - 45 e q. 144. Mentre raffiche di artiglieria italiana colpivano le posizioni nemiche. Durante la giornata si era continuato nel rafforzamento delle difese accessorie con getto di cavalliu di frisia e istrici , davanti alle posizioni occupate.
Il 209° dal giorno 12 giugno verrà trasferito a Selz e San Valentino ed il 16 a Rivignano, mentre il gemello 210° rimarrà in linea sino al giorno 18  dello stesso mese. Anche in questo periodo la Brigata ebbe molte perdite così suddivise: 209° fanteria: 57 morti; 210° fanteria 25 morti, senza contare i numerosi feriti e dispersi.
 
Il Soldato MAGNETTI appartenente alla 10^ compagnia del 210° reggimento veniva colpito mortalmente durante i vari tiri d'artiglieria austriaca  nella giornata dell''11 giugno  da una granata nei pressi di Jamiano, i quel giorno del reggimento oltre al MAGNETTI subì la perdita del soldato BERARDI Nazzareno presso l'Ospedalletto da campo n. 235.


Mappe della zona dove fu impiegata dal 5 giugno 1917 la Brigata Bisagno:



Ringrazio l'amico Fabrizio Corso per l'aiuto di alcune informazioni riguardanti  MAGNETTI Giulio

martedì 9 marzo 2021

Aspirante GELATI Cafiero

 

VIII° Battaglione Bersaglieri Ciclisti

 

Nato a  Piombino il 27 Agosto 1894
Morto a Selz quota 70 il 13 Maggio 1916 
Sepolto a -------

Note Storiche:
 
l'VIII° Battaglione Bersaglieri Ciclisti,  già dall'inizio del conflitto si trovò ad operare nel settore della Terza Armata, messo a  disposizione della 1^ Divisione di cavalleria contribuì al primo sbalzo offensivo oltre il confine, occupando Visco, Romans e Villesse procedendo nei giorni successivi all'avvicinamento nei primi di Giugno al ciglione carsico. Prese parte durante le prime battaglie dell'Isonzo  a varie azioni nel settore del Monte San Michele con la 21^ Divisione, tra queste il 20 Luglio unitamente al XI° Battaglione Ciclisti e dopo un violentissimo combattimento, giunse a conquistare la dorsale del Monte San Michele. Nella giornata successiva nonostante la forza resistenza opposta, un contrattacco nemico, costringeva i vari reparti giunti sulle  quote del monte a ripiegare nelle trincee di partenza. Da segnalare che il battaglione per questa azione ottenne la Medaglia di Bronzo, Fra le molte perdite di questo reparto vi era tra i dispersi l'Irrendento Francesco RISMONDO. In Ottobre prese parte alle operazioni svolte dalla Colonna "Paolini" su Selz e il Monte Sei Busi, subendo ingentissime perdite. Anche nella IV^ Battaglia dell'Isonzo lo vedrà impegnato nel settore del Sei Busi contro la trincea austriaca detta del "Rivellino". Il Battaglione alternerà poi turni in linea che lo vedrà fin all'agosto del 1916 nelle zone del Monte Sei Busi, Trincea delle Frasche , Vermegliano, Selz e quota 70.
Nel maggio 1916, alternava i turni nel settore di Quota 70, nella posizione del Ridottino con il IV° Battaglione Bersaglieri Ciclisti.                                                            
                                                                                                                                        
Nel pomeriggio verso le ore due e tronta lo scoppio di uno spezzone investiva due ufficiali del VIII° battaglione Bersaglieri Ciclisti il  Sottotenente BALDESI Amleto e L'Aspirante GELATI Cafiero, entrambi venivano sepolti poi presso il cimitero di Ronchi.
 
Mappa del 13 maggio 1916 della 15^ Divisione con indicata la posizione dell'VIII° Battaglione Bersaglieri Ciclisti:
 
 

 
Veduta da cima quota 70 verso le posizioni delle linee italiane:

 
Cima quota 70: