136° Reggimento Fanteria Brigata Campania
Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare
Veduta dalle alture di Vermegliano verso la quota 45 e 65 di Selz
136° Reggimento Fanteria Brigata Campania
32° Fanteria Brigata Siena
228° Reggimento Fanteria Brigata Rovigo
9° Reggimento Fanteria Brigata Regina
Note Storiche:
Alla vigilia della 6^ Battaglia dell'Isonzo che vedrà la conquista da parte delle truppe della Terza Armata del Duca D'Aosta del fronte carsico dell'altopiano di Doberdò, dopo 14 mesi continui di permanenza. Era il 6 agosto 1916 quando il 9° Fanteria di riserva al suo reggimento gemello del 10° fanteria che componeva la Brigata Regina, il quale era pronto per essere di rincalzo con un battaglione in seconda linea nel settore assegnato alla Brigata Regina che andava dal Saliente di quota 164, fino alle posizioni del Rondò che segnava la linea di contatto con i reggimenti della Brigata Pisa che insieme con la Brigata Regina formavano la 21^ Divisione.
Il 9 Agosto dopo che la battaglia volgeva in maniera positiva a favore delle truppe italiane, la Brigata Regina, che era riuscita a strappare le posizioni austriache del Rondò e dello Sperone nel settore di San Martino del Carso muove all'inseguimento degli imperiali in direzione Vizintini-Devetachi per proseguire poi verso Opatje Selo, in quella giornata il 9° reggimento perderà il Ten. Col. BILLI colpito a morte mentre impartiva ordini ai propri dipendenti.
All'alba del 12 Agosto, il Colonnello STENNIO comandante del 9° reggimento, dopo aver avuto notizie da pattuglie esploranti che riferivano che il paese di Opatje Selo era occupato da forze limitate, decideva di procedere all'occupazione del paese e destinava per l'azione tutto il II° battaglione, al quale apparteneva il soldato MAGNANI in quantoin forza alla 5^ Compagnia, fu proprio la sua compagnia schierata sulla destra e la 9^ alla sinistra che vennero impiegate come compagnie di punta nell'azione seguite da dal resto del battaglione e da due compagnie del III°/9° . L'operazione ebbe inizio alle ore 4.30 con tre colonne convergenti su Opatje Selo. L'occupazione non fu senza resistenza da come riferisce nella sua relazione il Comandante STENNIO, le truppe austriache a difesa delle posizioni davanti al paese accolsero con vivo fuoco la testa delle colonne. La rapidità di esecuzione e la simultaneità dell'azione delle colonne che risucirono a circondare l'abitato indussero al nemico ad abbandonare rapidamente il paese. Ci fu un tentativo di proseguire oltre, ma le pattuglie furono bloccate recando numerose perdite con dei tiri sia di artiglieria ache di grosso calibro e da fucilate. Il II° battaglione occupato il paese si dispose agli sbocchi ed est di questo. Nel corso della giornata vi furono altri tentativi da parte del 9° reggiemnto di proseguire oltre la linea fuori del paese, una di queste fu svolta alle ore 11.30 e sul fonte di Opatje Selo, operarono in questa azione a partire dalle destra il II° e il III° battaglione del 9° e il III° del 10° Fanteria. All'ora stabilita i battaglioni scattano all'attacco contro le posizione austriache difese da due reggimenti ungheresi il 3° e 4° HIR e riescono a portarsi a circa 300-400 metri dalle linee nemiche. L'avanzata dei battaglioni della Brigata Regina vengono presi da un tiro d'infilata avevrsario che li costringono a fermarsi e di conseguenza l'azione veniva sospesa. Alle 19 veniva ripresa nuovamente l'azione e alcune unità riuscirono a portarsi in prossimità delle linee avversarie difese anche da triplici ordini di cavalli di frisia, ma senza riuscire ad intaccarle. Alle 21.15 il Comandante STENNIO sospendeva deifinitivamente l'attacco. Le perdite della giornata furono gravi il 9° reggimento contò due morti tra gli ufficiali e undici militari morti, i feriti furono centonove per la truppa e sei per gli ufficiali, numerosi furono anche i dispersi.
Sicuramente in questa giornata veniva ferito mortalmente il soldato MAGNANI il quale fu poi trasportato di conseguenza vista la grave ferrita alla 21^ Sezione di Sanità di Sagrado, dove il giorno dopo decedeva. Fu poi sepolto al cimitero di Sagrado.
La foto apparteneva al soldato MAGNANI e fu restituita alal famiglia con gli effetti personali dopo la sua morte. La foto ritrae la Madre, la Moglie e i figli di Oreste MAGNANI (archivio Alessandro RIVA) :
La piazzetta di Opatje Selo (Archivio Mitja Juren):
Per la realizzazione di questo post, ringrazio Alessandro RIVA pronipote del soldato ORESTE MAGNANI..
22° Gruppo Bombardieri
10° reggimento Fanteria Brigata Regina
Note Storiche:
Nell'ottobre 1914 l'esercito Austro-Ungarico impegnato in Galizia, chiamava alle armi i diciottenni, ma Mario HOFMANN, cresciuto nell'amore verso l'Italia, rispose con un rifiuto reciso, e si rifugiò a Venezia. Il 24 maggio 1915 partiva al fronte arruolatosi volontario con l'esercito italiano ,con il 13° Reggimento Cavalleggeri Monferrato, dove subito si distingueva per tenacia e corraggio. Partecipò al corso allievi ufficiali e ritornò in prima linea con il grado di Aspirante dove passò poi in fanteria con la Brigata Regina. . Con il grado di Sottotenente lo troviamo nel Giugno del 1916 con il 10° Reggimento della Brigata Regina, schierato nel settore estremo destro dell'XI° C.A. il 10° Fanteria si alternava con il 9° che componeva la Brigata Regina i turni in prima linea.Il settore comprendeva il tratto che andava da quota 164 al Ridottino. Il reggimento schierava due battaglioni in linea e uno di riserva nei ricoveri a fondo valle. La Brigata Regina con la Brigata Pisa schierata dal Ridottino a Casa Diruta formavano la 21^ Divisione. Il giorno 28 Giugno 1916, prima dell'attacco dei gas, il Sottotenente HOFMANN prese parte ad un'azione dimostrativa nel suo settore.L'azione che per parte della truppe della Terza Armata doveva essere dcisamente offensiva, il 10° Fanteria aveva ricevuto ordini verbali dal Comando di Brigata di attaccare le trince nemiche sulla fronte Ridottio-Trincea dello Sperone, penetrarvi ed occuparle tutte per esapnsione laterale. Lazione che inizio alla sera con l'energica difesa del nemico con vivace fuoco di fucileria e bombe a mano i reparti non risucirono a superare il ciglio dlela trincea costringendoli a ripiegare sulla linea di partenza- L'azione portò alla perdita di una sessantina di feriti, 5 morti e circa 40 dispersi, di quetsi ultimi non si potè poi verificare con un controllo preciso causa l'attacco dei gas avvenuto il mattino successivo.
Il 29 Giugno 1916 verso le ore 5.15 il nemico dalle posizioni di San Michele, San Martino e Doberdò apriva un intenso fuoco di sbarramento su sagrado e Sdraussina, sui ponti e sulle provenienze dalla strada di fondo valle.
Subito dopo accorciava il tiro, investendo il settore della 21^ Divisione e specialmente il Ridotto Regina e il Bosco Cappuccio: insieme agli shrapnels ed alle granate scoppiavano altri proiettili emananti gas velenosi. Mentre ciò avveniva dal parapetto della trincea di I^ linea uscivano altri gas venefici spinti dalla pressione (forse pompe) e formavano una densa nube di vapori bianco-giallognoli profonda circa m. 150 alta una decina di metri ed estesa per una fronte di circa 2 km. La nube avanzava lentamente, spinta da leggerissimo vento ed investiva tutto il settore della 21^ Divisione, scavalcando il rialto del Cappuccio, e di quota 194 (Ridotta Regina) discendeva invadendo specialmente le bassure e le conche, passava sopra ed entrava nel Bosco Triangolare e nel Bosco Lancia e continuava giù fin verso L'Isonzo e Sagrado. Il momento che seguì era critico! Quantunque tutti fossero muniti di maschera, molti, sorpresi ì, non ebbero il tempo e la presenza di spirito di mettersela.
I gas di una potenza venefica straordinaria, producevano in pochi momenti un vero senso di terrore, i numerosi colpiti si contorcevano in un dolore muto, molti si ripiegavano in strane posizioni, morti quasi fulminamente.
La maggior parte degli Ufficiali colpiti essi pure come le truppe, cessavano dell'esercitare qualsiasi azione direttiva o di comando, e i soldati ancora validi, abbandonavano in massa le trincee e si rovesiavano indietro invasi di trovare uno scampo, non accorgendosi che così correndo si accompagnavano colla nube venfica. Tra questi Ufficiali colpiti c'era anche Sottotennte HOFMANN.
La situazione fu poi ristablita, Grazie al Colonello Gandolfo Comandante del 10° Reggimento, il quale riusci con la sua influenza a riportare sospingendo la massa dei suoi soldati sopravvissuti a rioccupare le trincee perdute precedentemente e bloccando poi con fuoco di fucileria e anche con l'ausiliio di alcune batterie d'artiglieria l'avanzare delle truppe austriache in quel settore.
Il corpo del Sottotenente HOFMANN dopo essere stato recuperato fu portato al cimitero di Sdraussina dove vi fu sepolto. Purtroppo la sua sepoltura non consentì successivamente durante la riusumazione della salma di avere le sue generalità corrette, tanto che poi traslato al Sacrario di Redipuglia ove vi riposa, fu sepolto come Militare ENRAU Mario, mentre sul registro dei caduti risulta come ENRAN Mario. Dopo varie ricerche personali fatte e confrontate le varie possibilità con gli altri i caduti del 10° Fanteria morti in quel 29 giugno 1916 ì, ho potuto accertare che nel loculo del Militare ENRAU Mario vi sono i resti del Sottotenente HOFMANN Mario.
Dislocazione della Brigata Regina con il 10° Reggimento Fanteria il 29 Giugno 1916:
Zona del Ridottino austriaco nel settore del 10° fanteria:
14° Reggimento Fanteria Brigata Pinerolo
Il primo balzo è decisamente fallito. E come spesso accade, c’è di mezzo una donna. L’avvenente e frivola, ma astuta, contessa di Strassoldo. Temperamento focoso, sangue italiano, austriaca la fede e la cittadinanza, un fratello generale nell’esercito asburgico. Risiede nell’avito castello presso Cervignano e qui ha ospitato, e circuito, un colonnello del Genova Cavalleria inviato nei primi mesi del ’15 in missione, più o meno segreta, per carpire cosa il probabile nemico apparecchi per la guerra. Il colonnello si è invaghito della contessa e questa lo ha facilmente persuaso che l’Austria è fortissima alla frontiera italiana e che ha uomini, armi e apparati difensivi a sufficienza. Il colonnello ha puntualmente riferito, così che quando, il 24 maggio, le nostre truppe hanno varcato il confine del 1866, gli “strateghi” nostri, timorosi di chissà quali insidie, hanno titubato oltre il lecito e si son mossi con prudenza eccessiva e colpevole. Di fronte avevano solo un velo di uomini, ma l’opportunità di infliggere subito un duro colpo al nemico è andata sciupata. Già ai primi di giugno, Conrad ha potuto trasferire alcune divisioni dal fronte russo e soprattutto da quello serbo. La Serbia, infatti, gelosa dell’Italia, e urtata dalle mire di Roma sui territori dell’Istria e della Dalmazia, se n’è stata a braccia conserte e ha permesso agli austriaci di sguarnire quel fronte, a tutto nostro danno.
Non sono mancati peraltro gli episodi di coraggio e spirito d’iniziativa. Come quello di cui è stato protagonista il serg.mag. Donato Verde di Ferrazzano: a capo di una pattuglia esplorante di 20 cavalleggeri, avvistato un reparto di cavalleria nemica, senza curarsi del numero più consistente, ha ordinato la carica, costringendo alla fuga l’avversario che ha lasciato sul terreno 6 morti e 4 feriti. Lo stesso Re Vittorio ha voluto incontrarlo e, dopo aver ascoltato il racconto dell’accaduto, gli ha conferito motu proprio la medaglia d’argento al valore.
Ma questa è ormai acqua passata. Ora bisogna picchiare la testa contro il muro eretto al limitare dell’altipiano sassoso di Doberdò. La prima battaglia dell’Isonzo, combattuta tra il 23 giugno e il 7 luglio, si risolve in un nulla di fatto, causandoci le prime perdite consistenti, 15.000 uomini con 2.000 morti. Il contributo della brigata Pinerolo (mag.gen. Edoardo Ravazza) e del 14° fanteria, il “reggimento dei molisani”, il reggimento di Giovannitti e Montini, è rilevante, oltre 700 le perdite totali. Dell’attività di Montini, in questi giorni, esistono varie testimonianze; per Giovannitti la partecipazione agli eventi si può desumere dal fatto che, il 15 giugno, presagendo la prossima morte, scrive e invia ai genitori il suo “testamento spirituale”.
La brigata ha lasciato le sedi ordinarie (L’Aquila per il 13° e Foggia per il 14°) il 21 maggio e già il 24, passato il confine, si è schierata nel settore di Ronchi alle dipendenze della 14ª divisione (mag.gen. Giacinto Rostagno), VII C.d.A. (ten.gen. Vincenzo Garioni). Il 12 giugno i primi morti del 14°: “Durante tutta la mattina, l’artiglieria nemica ha aggiustato il suo tiro su Pieris, su Begliano, su Monfalcone, su San Canziano. Frequenti proietti scoppiavano in alto sull’accampamento dei soldati, senza arrecare danni. Alle trincee, la truppa fu obbligata a sospendere i lavori per ripararsi dai tiri stessi. A Begliano però, il 3° battaglione ebbe due morti fra i soldati e due feriti leggermente” (AUSSME, Diario Storico 14°f.). Uno dei due fanti rimasti uccisi risponde al nome di Francesco Di Matteo (22 anni da Pozzilli). Il 15 la “Pinerolo” sostituisce la brigata Granatieri sulla sponda destra del Canale Dottori: “Alle 7.30 il 1° btg. ha già collocato gli avamposti” tra Ronchi e S.Polo. Nella notte sul 19 pattuglie nemiche saggiano la consistenza della linea Ronchi-Vermegliano. Fuoco nutrito di fucileria che causa un morto (Giuseppe Masciotra, palla di fucile al petto, di Agnone, 21 anni, sposato da soli tre mesi con Angela Iarusso) e tre feriti. Il cap.le Zaccaria quantunque colpito alla testa e al braccio “ha continuato il fuoco rimanendo tranquillo al suo posto”. Gli austriaci disturbano i movimenti con efficaci tiri d’artiglieria, soprattutto g shrapnel provocano feriti, 9 il giorno 20.
Alla vigilia del primo attacco sistematico, tutto il 14° è a Staranzano, tranne una compagnia di scorta all’artiglieria divisionale nelle adiacenze di Ronchi. L’ordine d’operazioni n.11, che fissa le direttive “per l’attacco generale del Carso” dell’indomani, giunge alle 22: due battaglioni concorreranno con i granatieri e reparti della guardia di finanza all’occupazione delle quote sovrastanti Monfalcone.
Nel massimo silenzio, alle 0.50 del 23 giugno, i due battaglioni (I, mag. Vincenzo Giliberti, III mag. Luigi Berenghi) si mettono in marcia per raggiungere le zone assegnate. Cielo sereno e stellato, l’aria tiepida dell’estate appena iniziata. Il nemico è in allerta, fasci di riflettori e razzi illuminanti squarciano a tratti il buio. Sono le 2.15, i fanti hanno raggiunto le prime case di Monfalcone dove stazionano per tutto il giorno in riserva ai granatieri che hanno attaccato, senza risultati concreti, le quote 121 e 85. Il III/14° presidia gli avamposti. La situazione resta immutata il giorno dopo. Durante la notte sul 25 breve fuoco di fucileria, tre feriti, uno è grave: Domenico Sigismondo di Montenero di Bisaccia morirà il 27 agosto in un ospedaletto da campo, le sue ossa riposano nel Sacrario di Redipuglia. Per più giorni gli assalti portati dai granatieri e dagli altri reparti non riescono a scardinare la tenace resistenza degli austriaci. Mentre sulle balze della Rocca si combatte con valore e ostinazione da entrambe le parti, il 14° resta di rincalzo a Monfalcone e nei primi avamposti. Massima vigilanza, fuoco a ogni movimento avversario, pattuglie per aprire varchi nei reticolati.
Così fino alla sera del 3 luglio quando, alle 23, l’ordine d’operazioni affida al 14° il compito di procedere “all’avanzata su quota 45 e della collina a sud di Selz”. La marcia di avvicinamento ha inizio alle 2.30, II btg. (ten.col. Francesco De Salvi) di prima ondata. Per le 5 bisogna essere pronti allo scatto. Ma il tiro corto della nostra artiglieria, che deve battere le trincee nemiche, impedisce lo spiegamento dei plotoni. La truppa si ammassa tra le case di Selz. Alle 6.10 una granata cade proprio dove si trovano la 5ª e la 7ª compagnia causando 3 morti e una dozzina di feriti. Solo alle 6.35 le compagnie del II btg. possono schierarsi per l’attacco che ha inizio alle 8.15 con tre compagnie (5ª-6ª-7ª). L’azione procede lentamente, mentre volontari guidati dal s.ten. Montini collocano tubi esplosivi sotto il filo spinato. Gli austriaci (29° Alpenjäger) sono saldamente asserragliati, mitragliatrici e tiratori scelti infliggono perdite. La situazione, alle 14.10, si fa difficilissima, alle 15.30 bisogna attenuare la pressione, alle 20.30 il grosso della truppa rientra a Vermegliano, una compagnia resta a presidiare le posizioni raggiunte. Il battaglione ha avuto 9 morti accertati, 77 i feriti e tutti gravi, ferito anche il s.ten. Michele Saracino. L’azione dovrebbe riprendere all’alba, dopo che Montini ha provveduto a far brillare altri tubi di gelatina. Il fuoco di sbarramento da parte del nemico impedisce però il tentativo. La battaglia ha termine alla sera del 7 luglio, i risultati sono minimi. La q.45, proprio dove la strada per Doberdò disegna un’ampia curva a tornante, e dove oggi sorge il cippo che ricorda il valore della brigata Pinerolo, rimane in possesso del nemico.
Il 14° per ora può scendere a riposo: “Ronchi 7-7-15, ore 18.50. Per ripiegamento delle truppe valgono le norme dettate giorni precedenti. Resta inteso che a Selz rimarrà una compagnia con la sezione mitragliatrici. Generale Ravazza” (AUSSME, Diario Storico 14°f., allegato n.50).
Si ricomincia subito, il 18. Completata ormai la radunata, dalla seconda battaglia Cadorna e il Governo italiano attendono “ansiosamente una grande avanzata vittoriosa”. L’illusione è ancora quella di sfondare e marciare, con manovra ad ampio raggio, su Lubiana e magari su Vienna. Obiettivo immediato è la conquista del pianoro carsico muovendo dal m.S.Michele al m.Cosich.
Fin dalla notte le batterie italiane, oltre 800 pezzi, aprono il fuoco che per la prima volta appare devastante: “18 luglio. Il fuoco dell’artiglieria è divenuto terribile questa notte. E’ quasi la fine, penso, ed io mi sto preparando a morire coraggiosamente, da cristiano. E’ dappertutto. Un massacro senza precedenti. Il sangue scorre ovunque ed i morti e i corpi fatti a pezzi si trovano tutt’intorno, cosicchè…”. Tanto si legge nel diario, interrotto dalla morte, di un giovane tenente del 46° reggimento austriaco e rinvenuto accanto al cadavere del suo estensore.
Il S.Michele, Bosco Cappuccio, Bosco Triangolare, Bosco Lancia, la trincea dei Razzi, la trincea delle Frasche, i Sassi Rossi, Castelnuovo, il Sei Busi, le quote 111 e 118, il Cosich, per l’uno e l’altro esercito, divengono i luoghi del primo, vero bagno di sangue. Fino al 3 agosto, un olocausto addirittura per le brigate Pinerolo, Barletta, Acqui, Chieti, nelle quali sono a centinaia i fanti molisani.
Alle 4 del mattino, baionetta in canna, nelle trincee italiane tra Redipuglia, Vermegliano e Selz, I e II/14°, alle dipendenze del Comando “Acqui”, attendono l’ordine di uscire. Ogni soldato, oltre il fucile modello 91, porta il tascapane con la razione d’emergenza, qualche effetto personale, un sacco a terra. Zappatori e Genio divisionale hanno fatto brillare i tubi sotto il filo spinato, 25 davanti al settore del 14°, alcuni varchi sono aperti: “L’attacco dovrà procedere simultaneo, energico, risoluto” per mettere piede sul monte Sei Busi.
Alle 4.30, l’artiglieria, 18° reg. campale, allunga il tiro. I
fischietti trillano, gli ufficiali comandano “fuori!” ed escono per primi
sciabola in pugno. A Giovannitti è affidato il comando della 3ª compagnia, I
battaglione (mag. Ismaele Embabi, Il Cairo 1867, med.arg.). I fanti li seguono
con animo al grido di “Savoia!”. Ma sui varchi sono puntate le schwarzlose, le
raffiche aprono vuoti nelle file italiane. Il fuoco della fucileria è
micidiale: “Le difficoltà sono insormontabili in quantochè il nemico
infligge gravi perdite. La fanteria non può procedere all’attacco dei
reticolati”. L’ondata, formata dal I e II btg., deve dunque arrestarsi e
distendersi nella terra di nessuno, battuta dai calibri nemici. E’ in questo
momento, alle 5 del mattino riporta l’atto di morte sottoscritto dal s.tenente
di amministrazione Ettore Fagà, che resta ucciso Giovannitti, raggiunto al
petto da una palletta di shrapnel. Le perdite casate dall’artiglieria infatti,
sono sempre pesanti. Nell’estate del ’15 non sono ancora in dotazione gli
elmetti, si va con il berretto in testa. Le ferite al capo, schegge o pietre
scagliate dalle esplosioni, sono la principale causa di morte.
Dalla motivazione della medaglia (di bronzo commutata in argento nel 1917) possiamo stabilire che il ten. Aristide Giovannitti, primo caduto di Ripabottoni nel mentre“impassibile conduceva scientemente e diligentemente alla vittoria ed alla gloria” è rimasto ucciso in campo aperto tra le due contrapposte linee e “sotto il l’aggiustato fuoco dell’artiglieria nemica” dando prova di calma e coraggio “esponendosi deliberatamente” per incitare i suoi soldati “con il nobile contegno e la parola” a mantenersi saldi sulla posizione raggiunta.
Intanto ha preso a piovere. “Zona di guerra. 18-7-15, ore 10.15. Dal Comando brigata Acqui al Comando 14° fanteria. Per ordine Divisione alle 11 fanterie riprenderanno senz’altro l’avanzata sui noti obiettivi. mag.gen. Menarini”. Alle 11 in punto, i fanti dalle mostrine rossonere scattano di nuovo in avanti “ma anche questa volta l’azione non riesce”. Così i tentativi operati alle 15.30 e alle 18, dopo che i nostri 149/35 hanno martellato ancora le posizioni nemiche. Sulla destra, il 18° della Acqui ha raggiunto invece le trincee impegnando corpo a corpo l’avversario, respinto dopo accanita lotta dagli ungheresi del 20° Honved.
Nel comune natio, giunta il 24 luglio la dolorosa notizia, il sindaco fa affiggere un manifesto listato a lutto: “Cittadini! Con l’animo traboccante di cordoglio, Vi comunico il telegramma stamane pervenutomi: Prego partecipare, dovuti riguardi, Dottor Giovannitti che Ten. Giovannitti Aristide è caduto gloriosamente sul campo di battaglia. Comandante 14° fanteria deposito in Foggia, Ten.Col. Limazzi. Cittadini! Vi invito di mandare un reverente e mesto saluto alla cara memoria del compianto Ten. Giovannitti, saputosi eroicamente immolare per la Patria, che riesca di conforto ai suoi”.
Il 14° sarà ancora protagonista il 23 e il 25 luglio. I suoi fanti espugneranno finalmente le quote 111 e 118, ricacciati dagli ungheresi, torneranno all’assalto e riconquisteranno il Sei Busi, ma sotto l’infernale fuoco dell’artiglieria austriaca sarà impossibile tenerlo. Le due quote resteranno terra di nessuno fino all’agosto del 1916. Le perdite del 14° sono state davvero pesanti: dal 18 al 28 luglio 1915, periodo trascorso in prima linea, 209 morti (10 uff.li), 765 feriti (17) e 137 dispersi (2), un terzo della forza (1).
Aristide Manlio Ottorino Giovannitti, ultimo di tre figli (2), fratello del sindacalista, poeta, scrittore Arturo, ebbe i natali a Ripabottoni il 30 giugno 1887, alle ore antimeridiane 8 e minuti 30 nella casa posta in via Paolo Gamba 1. Il padre, Domenico Maria, farmacista, era nato a Trivento, la madre, Adelaide Luisa Giovanna Evelina Levante, proveniva da una agiata famiglia di Larino. Compiuti gli studi liceali al Mario Pagano, laureato in Legge a Napoli e ottenuta l’abilitazione da segretario comunale, stava per conseguire la laurea in Filosofia. Era appassionato studioso di Dante e conosceva e recitava a memoria tutto l’Inferno. Forbito oratore, poeta e scrittore, si ricordano “La psicologia degli animali” e “Il materialismo di Tertulliano”. Era anche un artista: dipingeva ed eseguiva caricature per vari periodici.
Alcuni anni fa, a Morrone del Sannio, il gen. Giovanni Fortunato ha rinvenuto in un archivio il citato “testamento spirituale” vergato da Aristide Giovannitti il 15 giugno:
"In nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. Così sia. Sarà oggi l'ultimo mio giorno. Che Iddio e la sua
Madre la Santa Maria mi allontanino la morte e mi facciano essere valoroso e
non mi facciano uccidere nessun mio fratello in Gesù. Io penso alla casa dove
sono i genitori e il fratello con la sposa e la fedele domestica. Penso alla
donna pura che il mio cuore aveva prescelto per compagna di vita sotto la
poesia del sole. Penso a tutti quelli che mi amano, a tutti i buoni, a tutto
ciò che Dio ama maggiormente. Prego per tutti. Iddio perdoni ai cattivi, se il
mondo li nutre. Sia sempre fatta la volontà di Dio e il suo santo nome. Sia
benedetto il sole tanto bello, e i fiori siano benedetti come tutte le umane
creature, così in cielo che in terra sia l'universale benedizione. Bacio la mia
fidanzata, la buona e virtuosa Angelina sulla fronte di angelo. Il giuramento
di fedeltà eterna da lei dato a me, con l'assistenza del Signore, viene da me
sciolto serenamente. Se il nostro Iddio di luce vorrà illuminarla per la scelta
di un altro compagno, sia benedetta la sua volontà. Il bacio che do ai miei
genitori è degno del mio e del loro affetto. Tutti siano orgogliosi di me. Saluto
la grande e pura Italia e le auguro la vittoria. Sia benedetto il Signore e il
suo Santo Spirito, Gesù Cristo e Maria la Santa Vergine e i grandi cristiani
dei secoli e tutti i vivi e i morti. La mia venerazione a tutto ciò che Dio
vuole. Sia sempre benedetto, sempre, sempre. E così sia".
1 Gli altri ufficiali caduti: cap. Bocchia Francesco (Roccabianca PR), cap. Caracciolo Ottavio (Roma), cap. Diena Leone (Carmagnola TO), ten. De Simone Michele (Trentola CE), s.ten. Contessa Luigi (S.Marco in Lamis FG), s.ten. Mansi Giuseppe (Gragnano NA), s.ten. Palieri Francesco Paolo (Cerignola FG), s.ten. Panzini Francesco (Trani).
2 Arturo Pericle Tommaso Giuseppe 7-1-1884; Giuseppe Luigi Arnaldo 22-6-1885, sposato con Zeppa Pierina. I genitori, Domenico e Adelaide, si erano sposati il 31-1-1883 a Ripabottoni. Domenico era nato a Trivento il 19-12-1851, da Tommaso, usciere regio, e Salati Carolina, sposi in Oratino l’8-5-1842. Tommaso “di professione scribente” era nato a Oratino nel 1813 da don Domenico “di professione scultore” e donna Teresa Altobello; Carolina Salati (1817) era figlia di don Francesco Antonio notaio e di donna Maria Teresa Fontana. La madre Adelaide era nata a Larino il 3-5-1856 da don Tommaso (1817) medico e donna Teresina Ricci (1828).
Per le note storiche ringrazio Massimo VITALE autore dell'articolo dedicato al Tenente GIOVANNITTI Aristide.
Mappa con la dislocazione delle Divisoni e i Corpi d'armata della Terza Armata all'inzio della II^ battaglia dell'Isonzo:
Il Plateau della quota 118 Monte Sei Busi:
Il valloncello da dove salirono i fanti del 14° Fanteria per attaccare il Monte Sei Busi: