233° Fanteria Brigata Lario
Nato a Soncino (CR) il 5 Gennaio 1893
Morto a Selo il 20 Agosto 1917
Disperso
Note Storiche:
Il 233° Reggimento con il 234° formava la Brigata Lario che nel corso dell'IX^ Battaglia dell'Isonzo apparteneva con la Brigata Cosenza alla 54^ Divisione XXIII° Corpo D'Armata.
All'inizio dell'offensiva della Brigata il 18 Agosto il tratto d'azione era situato nel settore tra Nord dellaQuota 238 del Nad Bregom a sud est di Lukatic.
Il giorno 20 Agosto che vide la morte del Tenente Ardigo si svolsero nella giornata le seguenti vicende, tratte dal Diario del 233° Fanteria (Ussme):
Verso le ore 6 nuclei d'assalto del nemico tentano di attaccare il I° Battaglione (quello di Ardigò) , ma vengono facilmente respinti lasciando nelle nostre mani 2 Ufficiali e 20 soldati prigionieri ed una mitragliatrice. Alle ore 7 giunge l'ordine dal Comando di Brigata di Proseguire l'avanzata verso gli obbiettivi assegnati, scattando alle ore 8 precise. Lo scatto avviene con ordine e slancio. Il Reggimento ed il III° Battaglione del 234° iniziano all'ora stabilita l'avanzata verso la 3° strada mascherata e verso le posizioni nemiche che corrono da quota 246 a quota 241.
Il I° Battaglione appogiando a sinistra attacca la quota 241 dopo aver vinto la resistenza di parecchie doline organizzate a difesa e catturando oltre 25 Ufficiali e 600 uomini di truppa.
Giunto sulla quota 241 alle ore 10.30 circa insieme al III° Battaglione del 234 e con elementi del 65 Fanteria, riordinati i reparti, il Comandante del I° Battaglione prosegue nell'avanzata, spostandosi un pò verso est, senonchè mancando il collegamento a destra, nuclei nemici riescono ad infiltrarsi e minacciare il fianco del Battaglione, prendendo anche prigionieri. Il Battaglione deve peraltro ritirarsi sulla quota dove rimane per un po' di tempo circondato, Contemporaneamente il III° Battaglione che ha avanzato verso le linee nemiche (di quota Innominata) a sud di quota 246, trovandosi privo di collegamento a sinistra e minacciato di aggiramento da nuclei nemici, ha ripiegato l'ala sinistra, facendo fronte al nemico a protezione delle truppe che occupano la quota.
Alle ore 14, il nemico sferra con pattuglioni di arditi e mitragliatrici un contrattacco alla quota 241, ma anche questa volta il contrattacco viene respinto.
Durante la giornata e la notte il nemico intensifica il tiro della propria artiglieria formando delle fitte cortine di fuoco d'interdizione e battendo le doline ove erano riuniti i rincalzi, sicchè tutta l'avanzata si svolge sotto il tiro dell'artiglieria e con perdite non lievi.
Il reggimento vedrà la perdita di 8 dispersi tra gli Ufficiali tra i quali i morti saranno il Tenente Ardigò, il S.Tenente Gasparini e l'Aspirante Pagani, mentre i rimanenti 5 risulteranno catturati dal nemico, mentre la truppa avrà 8 morti 78 feriti 55 feriti leggeri e 58 dispersi.
Secondo l'atto di morte il Tenente Ardigò trovò la morte alle ore 13 in seguito a ferita da mitragliatrice, e fu sepolto sul campo come riulta dalla testimonianza del Tenente Ciccolini Domenico e del Sottotenente Contini Remo entrambi fatti prigionieri in quella giornata.
Del Sottotenente Contini Remo, e del Tenente Ciccolini Domenico, nel libro "IL Carso Dimenticato di Persegati N. e Scrimali A" troviamo la descrizione di quei momenti drammatici della morte di Ardigò e della loro cattura:
Quando arrivò la comunicazione ufficiale della morte di Domenico, fu come se una scheggia del Carso avesse lacerato il loro cuore. Il ritorno in licenza degli altri reduci al paese acuiva il ricordo doloroso del proprio caro, che non sarebbe più riapparso alla porta di casa. Fu la mano pietosa della sorella di un suo commilitone mantovano, Remo Contini da Viadana, a trascrivere per loro una lettera in cui il fratello descriveva quella tragedia. Il manoscritto originale era uscito di nascosto dai reticolati di Mauthausen e successivamente imbucato in Italia al di fuori delle zone di controllo della censura. Quelle righe svelarono alla famiglia Ardigò il il tragico destino affrontato dal figlio tra le trincee del settore Korite - Selo. "La sera del 17 agosto partivo per la trincea nel settore di Selo. La nostra artiglieria iniziò il bombardamento il 18-8 di mattina e il 19-8, ore 5.30 uscimmo dalla trincea al fatidico grido di "SAVOIA! " — scriveva Contini, rammentando ancora con partecipazione le fasi iniziali dello scontro - La scena era addirittura solenne: i nostri bravi fanti si lanciarono all'assalto con uno slancio incredibile e seguivano, sotto un bombardamento infernale, i loro ufficiali in testa. Temevo di non essere abbastanza forte nel trovarmi la prima volta in mezzo a queste battaglie furibonde, invece mi sentivo orgoglioso, contento e, soddisfatto.
Che brava compagnia era la mia! Io sempre in testa mi trascinavo i soldati sempre avanti avanti, e non vi so dire quanti prigionieri ho fitto con essi. e quante mitragliatrici abbiamo catturate".
Sulle ali dello sfondamento iniziale, i fanti della Lario travolsero le difese lasciandosi alle spalle le postazioni ridotte al silenzio delle doline "Engellbert","Salz" e "Morsek".
Sembrava che nulla potesse opporsi alla loro avanzata in direzione delle quote 241 e 246, ad est delle macerie di Korite.
Nei passaggi successivi di Contini ritroviamo tutte le peculiari caratteristiche dati guerra sull'altopiano carsico: la battaglia che si frammenta nello scacchiere delle doline i contatti tra i reparti che si smagliano progressivamente, la caccia all'uomo caverna per caverna, le ondate dell'artiglieria che costringeva a soste forzate, la sete incombente: "La giornata del 19-8 fu una corsa voluttuosa contro il nemico che si ritirava Nono la nostra spaventosa pressione di dolina in dolina, con una serie di assalti alla baionetta avanzando il giorno 19-8 dalle ore 6 sino alle 15 del pomeriggio senza curare la sete (terribile; la fame e la stanchezza, La vittoria ci inebriava al punto di farci dimenticare ogni sofferenza fisica. Sostammo alla dolina Rideau dalle 15 del giorno 19-8 sino alle 7 del 20-8".
Durante questa sosta i superstiti del reparto, approfittando del riparo offerto da questa conca rocciosa cercarono di riposarsi. Attorno a loro sembravano immersi nel medesimo sonno i corpi dei caduti nelle ore precedenti. Chi vegliava fissò il suo sguardo oltre il ciglio della dolina, sul mare infinito della notte. Il mattino successivo li aspettava il nuovo balzo verso Korite: "Gli austriaci tiravano con l'artiglieria e la fucileria di fianco e di fronte. Dopo il terribile bombardamento della notte tra il 19 e il 20, alla mattina del 20-8, ore 7. 30, giunge l'ordine di riprendere l'avanzata. Infatti con uno scatto unico ci buttammo con violenza contro il nemico che già incominciava a fortificarsi. Dopo una breve resistenza da parte sua, vinta con un nostro intenso fuoco di fucileria, riprendemmo la corsa snidando dalle profonde caverne delle doline, gli austriaci a centinaia... conquistammo una grossa dolina dove c'era un comando austriaco. Là sostammo brevi minuti per distrarci."
Il senso eccessivo di sicurezza, o forse la stanchezza, tradì il reparto italiano. Tante volte le conche delle doline avevano rappresentato un ambito rifugio nella tempesta delle battaglie. In quel momento si trasformò rapidamente in una trappola mortale. Alla soddisfazione per i risultati dell'avanzata subentrò una disperata corsa verso la salvezza: "Io però, che sto molto allerta e forse più dei miei colleghi perché ero nuovo della guerra e quindi più previdente, ad un certo momento mi venne l'ispirazione di risalire la dolina e dare un'occhiata in giro. Infatti scorsi a poca distanza gli austriaci che venivano verso di noia plotoni affiancati. In un salto giù di nuovo in dolina, diedi l'allarme e misi i miei pochi soldati rimasti a difesa Ma noi eravamo in pochi, gli austriaci in forze molto superiori e già erano vicini. Allora in seguito all'ordine del mio comandante di compagnia, il povero Tenente Ardigò, che poi fu colpito a morte, cercai di portarmi con la compagnia in un camminamento retrostante dove c'erano altre forze del nostro reggimento. Ma era troppo tardi: gli austriaci avevano già avvertita la nostra presenza e stavano piazzando le mitragliatrici. Tuttavia io i ossequiente agli ordini dei superiori, chiamai l'adunata della compagnia: io ero in testa tutti., dietro di me alla distanza di due metri veniva il Tenente Ardigò, dietro a lui subito i tenente Ciccolini che era con no Ma ecco che risaliti sulla dolina per uscire, le mitragliatrici austriache fecero un fuoco micidiale: i soldati non uscivano; mi voltai durante la corsa per vedere il mio comandante ed eccolo cadere a terra a morte. Le pallottole fischiavano attorno: vidi che era impossibile ottenere lo scopo e che mi sarei sacrificato utilmente. Mi buttai a terra in una piccola buca di granata: subito dopo arrivò il Tenente Ciccolini: Le mitragliatrici e la fucileria infierivano sempre di più contro di noi che avevamo la vita affidata pochi sassi: pensai a voi in quel terribile istante: feci una preghiera al buon Dio e mi rassegnai al sacrificio della mia giovane vita poi in un baleno gli austriaci ci furono addosso e ci fecero prigionieri. Questo il 20 agosto 1917-ore 13 data che rimarrà indelebile per tutta la vita".
Questo racconto veniva confermato dalla lettera di un altro ufficiale protagonista della stessa sfortunata azione, il tenente Ciccolini, ugualmente trascritta dalla sorella di Contini nella missiva inviata alla famiglia Ardigò: "Carissimo, ti scrivo da Mauthausen ove mi trovo prigioniero col collega Contini. Siamo stati presi il giorno 20 alle 13 in una dolina presso Korite ove c'eravamo spinti col Tenente Ardigò, Danieli ed altri ufficiali e parecchi soldati. Gli austriaci ci hanno sorpreso mentre da pochi minuti eravamo intenti a sistemare la difesa della dolina. Abbiamo provato a ritirarci per portarci in un camminamento retrostante occupato dai nostri per potere insieme a questi respingere gli austriaci ma non è stato possibile. Ci hanno inseguito con un terribile fuoco di mitragliatrici e fucileria. Il povero Ardigò è caduto morto innanzi a me, mentre con lui e Contini correvamo verso il camminamento. Danieli che correva dietro di me è caduto morto anche lui. Io e Confini abbiamo trovato ricovero dentro una piccola buca e allora gli austriaci ci sono stati sopra e ci hanno fatto prigionieri". ( 4) Il Carso si prese non solo la giovane vita di Domenico ma anche il corpo. Secondo i testi commemorativi stampati dopo la fine del conflitto la dolina che segnò il limite massimo dell'avanzata della "Lario", costretta a ritirarsi su Korite divenne il suo sepolcro senza croce.
Note: La lettera della signora Contini è stata fornita cortesemente dal Museo Storico dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Soncino (CR).
Altra Testimonianza viene dal Rapporto Personale dell'Aspirante Vigoni Giorgio del 65° Fanteria catturato illeso il 20 Agosto 1917:
Il I° Battaglione (Capitano Roncato) del 65° fanteria, il 20 Agosto 1917 prese parte all'avanzata su Selo e occupò detta località. l'Asp. Vigona della 3* Compagnia (Ten. Pennetti) con 20 uomini che era stato dislocato in una dolina a 300 metri a destra del battaglione verso mezzogiorno ebbe il cambio da 50 uomini del 234° ??? fanteria (era il 233° per l'esattezza ) al comando del Tenente Ardigò. L'asp. Vigonà appoggiò verso il Battaglione ma fatti appena 100 metri, s'accorse che sul costone di fronte il nemico piazzava due mitragliatrici. Aprì il fuoco, ma poco dopo gli comparve alle spalle un pattuglione Austriaco proveniente dalla destra. Fece fronte anche da quella parte e riuscì a fermare il nemico, ma un altro nucleo avanzò dalla dolina dopodiché l'Asp Vigonà e i suoi uomini circondati da ogni parte dopo breve resistenza fu catturato con una dozzina di soldati (ore 12).
Il Tenente Ardigò, prima di appartenere al 233° Reggimento Brigata Lario dove era in forza alla 2^ Compagnia I* Battaglione, i primi anni di guerra lo videro protagonista negli alpini come Sottotenente nel Battaglione Tirano, impiegato nei 1915 zona Stelvio poi dall'Aprile del 1916 in zona Alto Isonzo precisamente sul Monte Vrsic, quota 1270 e Krasji Vhr
la fotoqui sotto lo ritraggono con il Battaglione Tirano sullo Stelvio e sul Vrsic
Pagina dedicata dagli Alpini di Pianura GRUPPO di Soncino (CR)
Veduta della Quota 241 vista sopra la dolina Firenze-Meridiana o Maschinen per gl'Imperiali
Il I° Battaglione appogiando a sinistra attacca la quota 241 dopo aver vinto la resistenza di parecchie doline organizzate a difesa e catturando oltre 25 Ufficiali e 600 uomini di truppa.
Giunto sulla quota 241 alle ore 10.30 circa insieme al III° Battaglione del 234 e con elementi del 65 Fanteria, riordinati i reparti, il Comandante del I° Battaglione prosegue nell'avanzata, spostandosi un pò verso est, senonchè mancando il collegamento a destra, nuclei nemici riescono ad infiltrarsi e minacciare il fianco del Battaglione, prendendo anche prigionieri. Il Battaglione deve peraltro ritirarsi sulla quota dove rimane per un po' di tempo circondato, Contemporaneamente il III° Battaglione che ha avanzato verso le linee nemiche (di quota Innominata) a sud di quota 246, trovandosi privo di collegamento a sinistra e minacciato di aggiramento da nuclei nemici, ha ripiegato l'ala sinistra, facendo fronte al nemico a protezione delle truppe che occupano la quota.
Alle ore 14, il nemico sferra con pattuglioni di arditi e mitragliatrici un contrattacco alla quota 241, ma anche questa volta il contrattacco viene respinto.
Durante la giornata e la notte il nemico intensifica il tiro della propria artiglieria formando delle fitte cortine di fuoco d'interdizione e battendo le doline ove erano riuniti i rincalzi, sicchè tutta l'avanzata si svolge sotto il tiro dell'artiglieria e con perdite non lievi.
Il reggimento vedrà la perdita di 8 dispersi tra gli Ufficiali tra i quali i morti saranno il Tenente Ardigò, il S.Tenente Gasparini e l'Aspirante Pagani, mentre i rimanenti 5 risulteranno catturati dal nemico, mentre la truppa avrà 8 morti 78 feriti 55 feriti leggeri e 58 dispersi.
Secondo l'atto di morte il Tenente Ardigò trovò la morte alle ore 13 in seguito a ferita da mitragliatrice, e fu sepolto sul campo come riulta dalla testimonianza del Tenente Ciccolini Domenico e del Sottotenente Contini Remo entrambi fatti prigionieri in quella giornata.
Del Sottotenente Contini Remo, e del Tenente Ciccolini Domenico, nel libro "IL Carso Dimenticato di Persegati N. e Scrimali A" troviamo la descrizione di quei momenti drammatici della morte di Ardigò e della loro cattura:
Quando arrivò la comunicazione ufficiale della morte di Domenico, fu come se una scheggia del Carso avesse lacerato il loro cuore. Il ritorno in licenza degli altri reduci al paese acuiva il ricordo doloroso del proprio caro, che non sarebbe più riapparso alla porta di casa. Fu la mano pietosa della sorella di un suo commilitone mantovano, Remo Contini da Viadana, a trascrivere per loro una lettera in cui il fratello descriveva quella tragedia. Il manoscritto originale era uscito di nascosto dai reticolati di Mauthausen e successivamente imbucato in Italia al di fuori delle zone di controllo della censura. Quelle righe svelarono alla famiglia Ardigò il il tragico destino affrontato dal figlio tra le trincee del settore Korite - Selo. "La sera del 17 agosto partivo per la trincea nel settore di Selo. La nostra artiglieria iniziò il bombardamento il 18-8 di mattina e il 19-8, ore 5.30 uscimmo dalla trincea al fatidico grido di "SAVOIA! " — scriveva Contini, rammentando ancora con partecipazione le fasi iniziali dello scontro - La scena era addirittura solenne: i nostri bravi fanti si lanciarono all'assalto con uno slancio incredibile e seguivano, sotto un bombardamento infernale, i loro ufficiali in testa. Temevo di non essere abbastanza forte nel trovarmi la prima volta in mezzo a queste battaglie furibonde, invece mi sentivo orgoglioso, contento e, soddisfatto.
Che brava compagnia era la mia! Io sempre in testa mi trascinavo i soldati sempre avanti avanti, e non vi so dire quanti prigionieri ho fitto con essi. e quante mitragliatrici abbiamo catturate".
Sulle ali dello sfondamento iniziale, i fanti della Lario travolsero le difese lasciandosi alle spalle le postazioni ridotte al silenzio delle doline "Engellbert","Salz" e "Morsek".
Sembrava che nulla potesse opporsi alla loro avanzata in direzione delle quote 241 e 246, ad est delle macerie di Korite.
Nei passaggi successivi di Contini ritroviamo tutte le peculiari caratteristiche dati guerra sull'altopiano carsico: la battaglia che si frammenta nello scacchiere delle doline i contatti tra i reparti che si smagliano progressivamente, la caccia all'uomo caverna per caverna, le ondate dell'artiglieria che costringeva a soste forzate, la sete incombente: "La giornata del 19-8 fu una corsa voluttuosa contro il nemico che si ritirava Nono la nostra spaventosa pressione di dolina in dolina, con una serie di assalti alla baionetta avanzando il giorno 19-8 dalle ore 6 sino alle 15 del pomeriggio senza curare la sete (terribile; la fame e la stanchezza, La vittoria ci inebriava al punto di farci dimenticare ogni sofferenza fisica. Sostammo alla dolina Rideau dalle 15 del giorno 19-8 sino alle 7 del 20-8".
Durante questa sosta i superstiti del reparto, approfittando del riparo offerto da questa conca rocciosa cercarono di riposarsi. Attorno a loro sembravano immersi nel medesimo sonno i corpi dei caduti nelle ore precedenti. Chi vegliava fissò il suo sguardo oltre il ciglio della dolina, sul mare infinito della notte. Il mattino successivo li aspettava il nuovo balzo verso Korite: "Gli austriaci tiravano con l'artiglieria e la fucileria di fianco e di fronte. Dopo il terribile bombardamento della notte tra il 19 e il 20, alla mattina del 20-8, ore 7. 30, giunge l'ordine di riprendere l'avanzata. Infatti con uno scatto unico ci buttammo con violenza contro il nemico che già incominciava a fortificarsi. Dopo una breve resistenza da parte sua, vinta con un nostro intenso fuoco di fucileria, riprendemmo la corsa snidando dalle profonde caverne delle doline, gli austriaci a centinaia... conquistammo una grossa dolina dove c'era un comando austriaco. Là sostammo brevi minuti per distrarci."
Il senso eccessivo di sicurezza, o forse la stanchezza, tradì il reparto italiano. Tante volte le conche delle doline avevano rappresentato un ambito rifugio nella tempesta delle battaglie. In quel momento si trasformò rapidamente in una trappola mortale. Alla soddisfazione per i risultati dell'avanzata subentrò una disperata corsa verso la salvezza: "Io però, che sto molto allerta e forse più dei miei colleghi perché ero nuovo della guerra e quindi più previdente, ad un certo momento mi venne l'ispirazione di risalire la dolina e dare un'occhiata in giro. Infatti scorsi a poca distanza gli austriaci che venivano verso di noia plotoni affiancati. In un salto giù di nuovo in dolina, diedi l'allarme e misi i miei pochi soldati rimasti a difesa Ma noi eravamo in pochi, gli austriaci in forze molto superiori e già erano vicini. Allora in seguito all'ordine del mio comandante di compagnia, il povero Tenente Ardigò, che poi fu colpito a morte, cercai di portarmi con la compagnia in un camminamento retrostante dove c'erano altre forze del nostro reggimento. Ma era troppo tardi: gli austriaci avevano già avvertita la nostra presenza e stavano piazzando le mitragliatrici. Tuttavia io i ossequiente agli ordini dei superiori, chiamai l'adunata della compagnia: io ero in testa tutti., dietro di me alla distanza di due metri veniva il Tenente Ardigò, dietro a lui subito i tenente Ciccolini che era con no Ma ecco che risaliti sulla dolina per uscire, le mitragliatrici austriache fecero un fuoco micidiale: i soldati non uscivano; mi voltai durante la corsa per vedere il mio comandante ed eccolo cadere a terra a morte. Le pallottole fischiavano attorno: vidi che era impossibile ottenere lo scopo e che mi sarei sacrificato utilmente. Mi buttai a terra in una piccola buca di granata: subito dopo arrivò il Tenente Ciccolini: Le mitragliatrici e la fucileria infierivano sempre di più contro di noi che avevamo la vita affidata pochi sassi: pensai a voi in quel terribile istante: feci una preghiera al buon Dio e mi rassegnai al sacrificio della mia giovane vita poi in un baleno gli austriaci ci furono addosso e ci fecero prigionieri. Questo il 20 agosto 1917-ore 13 data che rimarrà indelebile per tutta la vita".
Questo racconto veniva confermato dalla lettera di un altro ufficiale protagonista della stessa sfortunata azione, il tenente Ciccolini, ugualmente trascritta dalla sorella di Contini nella missiva inviata alla famiglia Ardigò: "Carissimo, ti scrivo da Mauthausen ove mi trovo prigioniero col collega Contini. Siamo stati presi il giorno 20 alle 13 in una dolina presso Korite ove c'eravamo spinti col Tenente Ardigò, Danieli ed altri ufficiali e parecchi soldati. Gli austriaci ci hanno sorpreso mentre da pochi minuti eravamo intenti a sistemare la difesa della dolina. Abbiamo provato a ritirarci per portarci in un camminamento retrostante occupato dai nostri per potere insieme a questi respingere gli austriaci ma non è stato possibile. Ci hanno inseguito con un terribile fuoco di mitragliatrici e fucileria. Il povero Ardigò è caduto morto innanzi a me, mentre con lui e Contini correvamo verso il camminamento. Danieli che correva dietro di me è caduto morto anche lui. Io e Confini abbiamo trovato ricovero dentro una piccola buca e allora gli austriaci ci sono stati sopra e ci hanno fatto prigionieri". ( 4) Il Carso si prese non solo la giovane vita di Domenico ma anche il corpo. Secondo i testi commemorativi stampati dopo la fine del conflitto la dolina che segnò il limite massimo dell'avanzata della "Lario", costretta a ritirarsi su Korite divenne il suo sepolcro senza croce.
Note: La lettera della signora Contini è stata fornita cortesemente dal Museo Storico dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Soncino (CR).
Altra Testimonianza viene dal Rapporto Personale dell'Aspirante Vigoni Giorgio del 65° Fanteria catturato illeso il 20 Agosto 1917:
Il I° Battaglione (Capitano Roncato) del 65° fanteria, il 20 Agosto 1917 prese parte all'avanzata su Selo e occupò detta località. l'Asp. Vigona della 3* Compagnia (Ten. Pennetti) con 20 uomini che era stato dislocato in una dolina a 300 metri a destra del battaglione verso mezzogiorno ebbe il cambio da 50 uomini del 234° ??? fanteria (era il 233° per l'esattezza ) al comando del Tenente Ardigò. L'asp. Vigonà appoggiò verso il Battaglione ma fatti appena 100 metri, s'accorse che sul costone di fronte il nemico piazzava due mitragliatrici. Aprì il fuoco, ma poco dopo gli comparve alle spalle un pattuglione Austriaco proveniente dalla destra. Fece fronte anche da quella parte e riuscì a fermare il nemico, ma un altro nucleo avanzò dalla dolina dopodiché l'Asp Vigonà e i suoi uomini circondati da ogni parte dopo breve resistenza fu catturato con una dozzina di soldati (ore 12).
Il Tenente Ardigò, prima di appartenere al 233° Reggimento Brigata Lario dove era in forza alla 2^ Compagnia I* Battaglione, i primi anni di guerra lo videro protagonista negli alpini come Sottotenente nel Battaglione Tirano, impiegato nei 1915 zona Stelvio poi dall'Aprile del 1916 in zona Alto Isonzo precisamente sul Monte Vrsic, quota 1270 e Krasji Vhr
la fotoqui sotto lo ritraggono con il Battaglione Tirano sullo Stelvio e sul Vrsic
Stelvio 1915 |
Vrsic 1916 |
Pagina dedicata dagli Alpini di Pianura GRUPPO di Soncino (CR)
Veduta della Quota 241 vista sopra la dolina Firenze-Meridiana o Maschinen per gl'Imperiali
Quota 241
Mappa della Zona di Quota 241 con la Dolina Maschinen - Firenze, Meridiana, è molto probabile che questa sia la Dolina dove è caduto il Tenente Ardigò in quanto come posizione subito sotto la Quota 241, e anche percè il Battaglione di Ardigò (I* Batt) si trovava all'estrema destra della Brigata Lario in collegamento con i reparti della 61^ Divisione (fronte Selo) e con il supporto del I° battaglione del 65° Fanteria che aveva come settore proprio il fronte tra Quota 241 e Selo:
Mappa con indicata sia la Quota 241 e la Dolina Maschinen
Ringrazio infinitamente il Sig. Mauro Bodini Presidente della Pro Loco di Soncino (CR) per le foto e altro del Tenente Ardigò e Federica Delunardo
Ho letto molte volte la storia del tenente Ardigò, anche mio nonno era del 233mo ma III battaglione,magari si sono anche parlati,mio nonno ha avuto la fortuna di tornare ed io di conoscerlo, non bisogna mai dimenticare Uomini
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