In questo blog voglio raccontare e trasmettere le storie di questi uomini diventati soldati e che oggi a cent’anni di distanza non vengano dimenticati.
Sono storie nella storia di quella che fu la Grande Guerra.
Questi caduti sono morti sul carso, in quei due anni e mezzo di sanguinose battaglie, molti di questi oggi riposano al sacrario di Redipuglia con un nome, ma per la maggior parte questo non è stato possibile. Voglio così onorare la loro memoria con questo mio tributo.

"Vorranno dimenticarvi, vorranno che io dimentichi, ma non posso e non lo farò. Questa è la mia promessa a voi a tutti voi."

Vera Brittain



«Qui ci verranno dopo la guerra a fare la gita di ferragosto. E diranno: se c’ero io! Ci saranno i cartelli-rèclame e gli alberghi di lusso! Passeggiate di curiosità come ai musei di storia naturale; e raccatteranno le nostre ossa come portafortuna.»

Carlo Salsa

venerdì 5 gennaio 2018

Sergente BELLINATO Alfonso



VIII° Battaglione Bersaglieri Ciclisti
Nato a  Minerbe (VR) il 24 Maggio 1885
Morto sul Monte San Michele il 21 Luglio 1915
Sepolto a ------- 

Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 

Coadiuvava efficacemente il proprio ufficiale durante furiosi attacchi nemici, e sostituiva l'ufficiale stesso nel comando del plotone, durante l'assalto alla baionetta. Rimase ucciso sul campo.
Monte San Michele, 21 Luglio 1915

Note Storiche:
 el corso della II° battaglia dell'Isonzo che si svolse dal 18 Luglio al 3 Agosto 1915, l'VIII° Battaglione Bersaglieri Ciclisti prese parte alle alle operazione per l'occupazione del Monte San Michele,. Fu messo a disposizione assieme all'XI° Battaglione Bersaglieri Ciclisti della 21^ Divisione dove alla sera del 18 Luglio 1915, lasciando Romans ai portarono sulla sinistra dell'Isonzo.
Ma vediamo meglio la descrizione degli eventi  di quei giorni tratti dal libro di Renzo Dalmazzo "I Bersaglieri nella Prima Guerra Mondiale":

- S. MICHELE -
Nella seconda quindicina, di luglio, la 3a Armata riprende le operazioni per il possesso dell'altipiano carsico. La 21a Divisione agisce contro il monte S. Michele, la. cui cima non è stata ancora raggiun-ta. da alcuno.
 La sera del 18, mentre le batterie rovesciano sul monte tonnellate di ferro, l'11° ciclisti giunge alla filanda di. Sdraussina. Dopo due giorni di preparazione di artiglieria, inizio dell'attacco. Dovrebbe avanzare da q. 170, verso la cresta, il 100 fanteria, coadiuvato dal 9° fanteria in direzione di q. 197 (nord di S. Martino) e seguito dal 11° ciclisti : uno dei più vigorosi germogli del reggimento di Fara, e di Mussolini. Ma, per il fuoco nemico di tutte le armi, proveniente dal Michele e da Bosco Cappuccio, e per la ferita che inette fuori combattimento il comandante del 10°, la fanteria è fatta ripiegare. A notte alta, giunge all' 11° battaglione bersaglieri l'ordine di portare a fondo l'attacco. Un battaglione contro una montagna! E, allo spuntar del giorno, i primi esploratori precipitano da, q. 170 nell'insenatura antistante, per riconoscere il terreno che reparto dovrà percorrere nell'assalto. Sono le 13 quando le cinquecento anime perse divallano per il butterato pendio, allo scoperto sotto il tiro mortale del trincerone austriaco avanzato.
Si sosta per qualche tempo in fondo al vallone, ove radi sono i tratti al sicuro dal tiro d'infilata;
si ripiglia fiato, si riordinano i reparti, sono soccorsi i feriti. Fra i quali, il capitano Sifola e l'aiutante maggiore ,tenente Aurelio Padovani, il predestinato animatore, alfiere e martire del fascismo campano.
Da 'Bosco Cappuccio arriva intanto un fuoco d'inferno. Altre vittime. In tutti è l'impazienza di
giungere a capo dell'obiettivo. Ecco il fischio .stridulo di « papà Ceccherini ». L'avanti è dato ; in
un trionfo di sole, ripiglia la corsa alla meta .
Per vie non calpestate e solo », il battaglione avanza. Sorpresi da tanta furia, i difensori della trin-
cea bassa o si danno a fuga precipitosa verso l'alto o, come intontiti, alzano le mani : Kamarad!
Si prosegue. Va innanzi il più forte : Ceccherini. Squadrato e rude come un marinaio, egli stringe nella destra, un randello, con la sinistra la gorgogliosa » : la pipa-talismano. Dall'alto le mitragliatrici sgranano lunghe filiere di piombo su bersaglieri e prigionieri, mentre le artiglierie italiane, per interdire ai difensori ogni via di salvezza, improvvisano un sipario di fuoco alle spalle della
posizione. Feriti sono il capitano Lambert, il tenente Mochi e il sottotenente Ghinelli ; colpiti gravemente, il  tenente Vannutelli e il sottotenente Giomini che spireranno pochi giorni dopo; ful-
minato il sottotenente Pedani. Pure, i bersaglieri riescono a portarsi in prossimità della cresta tutttora tenuta dal costante valore del 3°Honved. E poichè una superstite mitragliatrice impedisce l'ultimo balzo, i più arditi tentano di metterla a tacere. Il sottotenente Carloni riceve una pallottola in testa ; un bersagliere è colpito alla gola ; senza un gemito s'accascia vicino al suo colonnello il bersagliere Montanelli l'attendente amoroso e fedele che aveva voluto far scudo del suo corpo al superiore esposto al tiro della mitragliatrice: La diabolica innaffiatrice seguita.senza posa. Alcuni bersaglieri, diavoli scatenati, aggirano terrai terra l'appostamento, e, dopo viva lotta a colpi di pietra e di baionetta, uccidono i serventi e s'impadroniscono dell'arma.  Via libera. Ultimo balzo. Un plotone rimasto senza ufficiale è trascinato all'assalto dal baffuto tenente medico Rellini, un reduce di Sciara-Sciat, il quale fa anche da aiutante maggiore e da mitragliere. L'olocausto continua. Il bersagliere D'Ambrogio che, con singolare valore, ha toccato fra i primi la vetta, ha una gamba fracassata da una
grossa scheggia. Una pallottola passa il cuore del sottotenente D'Ajello.
Finalmente, dopo quattro ore, il. prodigio è compiuto. La balza del monte è soggiogata. E tale
è la. veemenza, che reparti interi di Austriaci rimangon preda. Nel declinante sole, perseguitati dal
tiro della propria artiglierie. « 1600 prigionieri calan giù verso le retrovie — scrive il generale Cec-
cherini — mentre le vecchie piume mandano l'entusiastico saluto a Trieste bella, che dal mare sem-
bra stendere le braccia in un invito d'amore ».
Sotto il tiro rabbioso e concentrato di ogni 'ca-libro, sono intensificati i lavori ; l'8° battaglione è posto di rincalzo immediato della fanteria e qual-che nucleo è spinto in ricognizione.  . Sul duro sasso già solcato e crivellato da mine, gravine, proiettili, al bagliore sinistro delle vampe e al pallido riflesso della luna, gli uomini d'assalto, trasformatisi in artieri, tentano di consolidare la nuova fronte, servendosi anche dei sacchetti che; carponi, vanno racimolando dai tascapani dei caduti. Notte di terrore. Le posizioni di cresta sono. un solo rogo; tutti gli scoppi, un boato solo. Coni di scheggie schizzano contro l'aria e le carni; uomini e sacchetti si ripiegano sventrati ;.feriti si trascinano- gemendo dietro ripari improvvisati e spuntoni di roccia ; agonizzanti invocano - un sorso d'acqua prima di morire- ; morti, colpiti e dilaniati • ancóra due e tre.. volte. Sereno come un nume, tenero come un padre, Sante Ceccherini cerca e bacia i suoi. ufficiali morti e feriti ; nei superstiti infonde calma, forza, fervore. Lo sgombro dei colpiti è difficile ; cessato, non si. sa perchè, l'arrivo di rinforzi e rifornimenti. Il nemico non si vede ; si sente. Egli va addensandosi nell'ombra, e guata e preme. La situazione si rende insostenibile. L'urlo delle artiglierie macera i nervi. Eppure, Ceccherini non ha che una consegna, " Si muore tutti qui : non si ritorna giù. Alle quattro del 21, quando i vivi son meno dei morti, rinforzi nemici provenienti da. Gorizia pronunciano sulla sinistra un attacco. Da prima è un'ombra, poi un'altra,. Una fucilata, poi altre ancóra, e. scariche secche di mitragliatrici. A sinistra, dove, la minaccia di accerchiamento è più sentita, la fanteria ripiega.. Sulla cima perduta già risuonano spari e grida di trionfo.
.L'8° ciclisti, tutto in linea, preceduto dal suo comandante, maggiore Battinelli, scatta come un sol uomo verso l'alto, gridando a, baionetta spianata : "Savoia" La sorpresa del contrassalto è così repentina che il nemico, il quale ha già messo piede sul cocuzzolo, dopo poche scariche di mitra-gliatrici e di fucileria, fugge e sparisce. A destra, dov'è 11° battaglione bersaglieri, una parola corre : Pronti. Folgorano le baionette. L'aspro fischietto di Ceccherini supera ogni sibilo; l'urlo dell'assalto, ogni resistenza. Le schiere nemiche si arrestano, si disgregano, si disperdono. Dopo mezz'ora, battaglioni compatti si mostrano ancora sulla sinistra ed anche al centro. Le nostre armi fanno strage. Intanto che la cerchia si restringe sl dà fondo alle cartucce e alle bombe. Il bersagliere Martin, che ha visto cadere tutti i serventi di una mitragliatrice, quantunque ferito, si porta sulla linea di fuoco e ridà. voce all'arma, incandescente, finchè cade mortalmente colpito. Ora si tira con le stesse mitragliatrici austriache : con quelle catturate — gesto fulmineo, mano sicura — da, Tollis e Brunellì e Piro e Poveromo. Altre colonne affluiscono da tntt' intolrno Sono Ungheresi : le più superbe truppe dell'Im-pero. È una brigata di Honved, reduce dal fronte galiziano. La lotta si riaccende atroce, disperata : uno contro venti. Le schiere si mischiano e nell'alternazione della, lotta un altro ufficiale è perduto : Silvio Ciaprini. Dell' 1l° ciclisti non restano in piedi che cinque ufficiali : il comandante, il tenente medico e i Sunbalterni Della Martina, Rizzo e Peano. Un colpo d'onda sta per raggiungere 1'8° bat-taglione. Ma, i bersaglieri, ancóra una volta si abbattono a ferro freddo sugli assalitori, i quali, terrorizzati, nuovamente si sbandano e s'involano. Per ben tre volte lo stremato battaglione ributta il nemico, ed è nell'accanimento sanguinoso di queste alternative che si va allontanando vieppiù dalla posizione, rimanendo quasi isolato sulla seconda gob-ba del monte. Di questo stato di cose profittano gli Ungheresi che ora volgono, riorganizzati e risoluti, contro i decimati reparti. I quali, proiettati in avanti e diluiti in una catena di gruppi che vanno . dissolvendosi nel sangue, non sanno più come arginare l'avvolgente marea. L'8° è senza comandante. Il maggiore Battinelli, che durante gli attacchi avversari aveva dimostrato sommo valore e perspicacia, impedendo da sinistra l'aggiramento che l'avrebbe potuto avere gravi conseguenze, steso al suolo da una ferita orrenda, si rifiuta di abbandonare i suoi bersaglieri e non vuole soccorsi. Il sergente Ferrari che tenta di trasportarlo al sicuro, cade ferito egli stesso e mescola il suo sangue con quello del comandante. Lo strenuo Battinelli morirà due mesi più tardi, a Lubiana, con tutti gli onori. Lo sostituisce sul campo il capitano Zamboni, ufficiale ammirabile per iniziativa e coraggio: Gli uomini cadono a mucchi. Non si contano più. Il tenente Bonaccordi, benché ferito, continua tat a dirigere con calma e serenità il tiro dell'unica mitragliatrice, finché colpito a morte non s'irrigidisce accanto all'arma il tenente Cavallo, mor-talmente ferito, giace in un tratto avanzatissimo ed esposto. Noncurante del pericolo, il. caporale allievo ufficiale Valvassori cerca di porlo in salvo. Férito ad un braccio, non desiste e, facendosi aiu-tare da un bersagliere, lo trasporta a spalla per lungo tratto. Un « barilotto » scoppia vicino all'eroico gruppo. Tenente e bersagliere sono uccisi sul colpo ; l'allievo ufficiale, gravemente ferito da scheggia all'addome, si abbatte svenuto. I sopravvissuti, un pugno di prodi non sostenuti da soccorsi, presi da tre lati, schiacciati dal numero, ricevono l'ordine di ripiegare. A gruppi,trasportando qualche ferito, ancora sparando e minacciando, i resti dei due battaglioni bersaglieri abbandonano la cruenta conquista. « In ultima fila vi è una delle mitragliatrici prese al nemico, con sette uomini e un sottotenente. Quando l'esigua colonna, sfuggendo all'aggiramento, è arrivata mila linea di difesa, non resta più sulla cresta che la retroguardia, composta. del sottotenente e di un bersagliere, che continuano a manovrare la. mitragliatrice. un'arma austriaca che potrebbero abbandonare. Ma non così la pensa il bersagliere. Ci si è ormai. affezionato e se la carica sulle spalle e Re ne va via col tenente » . I primi Magiari che spuntano sulla cima sono accolti da una. foga di cannonate. Scompaiono. Non resta sul terreno che un mucchio di cadaveri. E, per un momento, sulla cresta del  terribile monte che reca il nome dell'Arcangelo della milizia celeste, non regna che la morte.
Quanto si potrebbe dire delle mirabili prove di ardire e di abnegazione date dai ciclisti su quella tragica vetta ! « Si potrebbe dire del bersagliere Francioso che visto colpito il suo tenente e ricevuto l'ordine di ripiegare vi si rifiuta. continuando a sparare in piedi sull'estrema trincea conquistata, gri-dando a voce spiegata di voler vendicare il suo uficiale ; trascinato a forza sino a Sdraussiria, egli scompariva dal battaglione. Ritornava dopo due giorni, spingendosi avanti, come cose sue, due soldati e un cadetto prigionieri. Era stato ancora all'assalto con la fanteria, si era battuto come un leone mentre il suo battaglione era al meritato riposo e tornava lacero, pesto, sanguinante, ma fiero di aver vendicato il suo ufficiale. « Si potrebbe dire del sardo Curcubitta che, ferito orrendamente alla bocca, ai compagni incontrati mentre lo trasportano via, non potendo parlare, a gesti ed a cenni indica loro la strada per andare a combattere, a vendicare lui e i molti altri caduti »  Nella bufera di fuoco, è come assorbito e scompare Francesco Rismondo. Sposo da pochi mesi, il volontario spalatine era fuggito in Italia e si era arruolato nelle schiere piumate : 8° ciclisti. Ai primi di luglio, la sua giovane compagna lo ritrova a Palmanova « rumorosamente lieto al bivacco, tutto preso della nuova vita, tutto infervorato per i rischi imminenti ». Ella capisce che non ,è più suo. La patria, la guerra, il piumetto hanno vinto su lei. Quando, dopo l'epica lotta, gli scampati da morte rimontano in sella e, laceri, sfiniti, bendati, pedalando con una gamba o sostenendosi sulla spalla del compagno o recando le macchine dei caduti a mano e a dorso, vanno a ritemprarsi. a Romans, fra essi il Rismondo non è più. Guidando una pattuglia, era stato visto lanciarsi contro un gruppo e cadere ferito. La sua morte gloriosa mentre, sfuggendo alla prigionia tenta di raggiungere le nostre fanterie avanzanti sul. Carso, fa sì che, svelato il mistero della sua fine, una fronda di palma cinge la fronte di questo nuovo martire di spontanea offerta.
Dopo il combattimento, un generale e un tenente cercano del tenente colonnello Ceccherini. Il gene-rale reca l'elogio di S. M. il Re che da Villesse aveva assistito al rapido volo e alla caparbia, resistenza. Il tenente Riccardo Gigante è latore, per incarico di S. A. R. il Duca d'Aosta, di un ordine del giorno del nemico, nel quale si esortano le truppe imperiali a imitare i bersaglieri del S. Michele e quel colonnello che, alla testa dei suoi prodi, è stato visto precederli nello sterminio . Il Governo francese, poi,. nell'insignire il colonnello Ceccherini della legion d'onore, diramerà alle sue Armate un proclama del Maresciallo Pétain : « ufficiale fra i più mirabili, in varie occasioni ha dato prove di magnifiche virtù militari ed ha tenuto alte le più superbe tradizioni del Corpo dei bersaglieri ». All'11° battaglione, che nella sovrumana, impresa ha perso 13 su 18 ufficiali e tre quinti dei graduati, è conferita la medaglia d'argento all'8° ciclisti, che ha perduto 13 ufficiali e 297 gregari, una di bronzo.

Mappa con le dislocazioni dei reparti alla vigilia della II^ battaglia dell'Isonzo, da notare che i reparti dei Bersaglieir Ciclisti non erano ancora entrati in zona



Vista su Cima 3 da quota 170 da dove nel Luglio 1915, partirono gli assalti per le quote del Monte San Michele





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