In questo blog voglio raccontare e trasmettere le storie di questi uomini diventati soldati e che oggi a cent’anni di distanza non vengano dimenticati.
Sono storie nella storia di quella che fu la Grande Guerra.
Questi caduti sono morti sul carso, in quei due anni e mezzo di sanguinose battaglie, molti di questi oggi riposano al sacrario di Redipuglia con un nome, ma per la maggior parte questo non è stato possibile. Voglio così onorare la loro memoria con questo mio tributo.

"Vorranno dimenticarvi, vorranno che io dimentichi, ma non posso e non lo farò. Questa è la mia promessa a voi a tutti voi."

Vera Brittain



«Qui ci verranno dopo la guerra a fare la gita di ferragosto. E diranno: se c’ero io! Ci saranno i cartelli-rèclame e gli alberghi di lusso! Passeggiate di curiosità come ai musei di storia naturale; e raccatteranno le nostre ossa come portafortuna.»

Carlo Salsa

venerdì 30 marzo 2018

Soldato BEVILACQUA Giovanni




73° Fanteria Brigata Lombardia

Nato a Novale (VI) il 13 Agosto 1878
Morto sul Pecinka il 2 Novembre 1916
Sepolto al Sacrario di Redipuglia  2° Gradone Loculo 3789



Note Storiche

La Brigata Lombardia con i suoi due reggimenti 73° e 74° alla vigilia della 9^ battaglia dell'Isonzo era schierata fonteggiando le linee tra il Pecinka e il Veliki Hrib. La Brigata apparteneva con la Brigata Toscana e il 6° reggimento Bersaglieri alla 45^ Divisione (vedi mappa 1) , comandata dal Generale Venturi.
Lascio spazio alla descrizione di quesi giorni tratta dal libro "Le Battaglie del Carso" di Juren-Persegati e Pizzamus:
Alla brigata Lombardia, schierata al centro della 45a divisione di Venturi, era toccato il settore tra il Veliki e il Pecinka. Doveva coadiuvare sulla sinistra l'azione della brigata Toscana contro il Veliki e, contemporaneamente, sulla destra favorire l'avanzata dei Bersaglieri per l'occupazione del Pecinka (q.291). Una volta sfondato il fronte doveva avanzare verso quota 376, a est del Veliki e, in concorso con i Bersaglieri, occupare quota 308 (Pecina) a oriente del Pecinka. "Alle ore 12.30 le successive ondate costituite dal III battaglione raggiungono le creste del Veliki dilagando a sud verso il Pecinka — ricorda sinteticamente un libro di memorie in onore del 73° reggimento —, alle ore 13,50 la 5a compagnia con a capo il prode capitano De Sena occupa la quota 308 mentre gli altri reparti del II battaglione... sorpassano il tratto di fronte che da q. 308 si congiunge a q.376 e trova modo di collegarsi tanto a destra che a sinistra' 10. Grazie all'efficace azione distruttiva dell'artiglieria i fanti della Lombardia avevano raggiunto rapidamente sulla destra la quota 291 del Pecinka, mentre sull'altro fecero capitolare in successione il costone sud di quota 343 e il fortino creato dagli austro-ungarici a difesa del quadrivio a sud-ovest del Veliki Hrib. Anche Arnaldo Calori, ufficiale nel 74°, ricordò nel suo diario l'azione verso il Pecinka: "Dopo due giorni di aspra battaglia, mentre i soldati, nascosti fra i sassi, attendevano dubitosi l'assalto, don Saltalupo si rizzò, d'un tratto, tra le raffiche incalzanti della artiglieria nemica e, con la sua gran voce, benedisse i soldati "in articulo mortis". E tutti si levarono come un sol uomo, si scagliarono contro la trincea di fronte, la conquistarono e, in tal modo, quel giorno, il nostro battaglione faceva prigioniero un battaglione nemico"". A piccoli gruppi, per sfuggire alla reazione di fuoco dei cannoni e mitragliatrici, i soldati della Lombardia incalzarono i difensori austriaci verso est raggiungendo gli obiettivi finali della giornata: il "cocuzzolo pelato" tra le quote 343 e 376, insieme al muretto che collegava le quote 376 e 308. Dalla Dolina Zappatori, il maggiore generale Montanari, comandante della I brigata bersaglieri situata all'ala destra della 45a divisione, seguì con trepidazione l'avanzata dei suoi fanti piumati verso il Pecinka, il guardiano a nord di Lokvica, a dispetto del violento fuoco di sbarramento dell'artiglieria austriaca. Allo scoccare dell'ora dell'assalto, il maggiore Monti del 13° battaglione guidò le sue compagnie all'assalto della trincea della linea zero, oltrepassatala, Monti raggiungeva la cima del Pecinka. Non si fermò e proseguì verso la quota vicina, ancora più in profondità: q.308 del Peana. Mentre i battaglioni del 12° reggimento schierati all'ala sinistra mantenevano il collegamento con la Brigata Lombardia, il maggiore Monti, insieme a gruppi del 19° battaglione guidati dallo stesso colonnello Coralli comandante il 6° reggimento, raggiungevano q.308. Nelle doline circostanti furono catturati un posto telefonico, una sezione di sanità e vari soldati sorpresi dall'arrivo improvviso  degli italiani. Alla Dolina Zappatori il generale Montanari, nel primissimo pomeriggio, ricevette la visita del ['artiglieria Carlo Ederle un veronese barbuto e dagli occhi azzurri di appena 25 anni comandante delle controbatterie  del Carso, tre volte ferito e decorato con tre medaglie d'argento (e che cadrà l'anno dopo nell'ansa di Zenson  questo avrà la medaglia d'oro), il quale informò Montanari dell'occupazione del Pecinka e di q.308. Dall'osservatorio nemico scavato in cresta e affiorante sul suolo non c'è rimasto più nulla. I cannoni hanno martellato e sbrecciato l'opera nemica. Tutta la scorza petrosa, tutto il calcare biancastro che riveste le falde del Pecinka — la più squallida e aspra altura del Carso è sminuzzato  e scheggiato dai nostri bombardamenti... Par quasi che schiere interminabili di migliaia di scalpellini si siano assunti il folle  cottimo di scalpellare e sbucciare tutto il calcare del monte" scrisse il corrispondente Benedetti visitando la quota dopo battaglia. Ma la reazione dell'artiglieria austriaca non si fece attendere molto: "Su quelle posizioni infuriò poi lungamente e rabbiosamente, con artiglierie di ogni calibro, il bombardamento nemico "ebbe a scrivere nel suo rapporto il generale Montanari.
La collina (q.308 Pecina ) in apparenza un semplice nido di mitragliatrici, si rivelò un importante osservatorio dotato di una grande caverna  rifugio al suo interno, celere che di un riflettore nascosto sulla cima: "Era fastidioso questo fascio di luce che non permetteva ai nostri soldati il libero movimento neanche di notte. Il riflettore era spostato verso l'esterno del suo uso permettevano un rapido rientro nelle viscere del Pecina, rendendolo invisibile durante il giorno.

Mentre dal scritto di G.Lovisolo i Fanti del 73° troviamo i fatti del 2 Novembre, giorno che vedrà la morte del soldato BEVILACQUA:
"Il giorno dei Morti"
Il loro fuoco per quanto micidiale non riesce a trattenere punto l'impeto dei nostri battaglioni. Il giorno dei Morti 2 novembre si ottengono risultati degni dei grandi sacrifici compiuti dai soldati morti sul campo del dovere. Poco dopo il mezzodì del giorno dei Morti si riprende la splendida avanzata, e le compagnie del 2° Battaglione, vincendo ogni difficoltà. di stanchezza e di disagio, dopo aver respinto un contrattacco nemico, scattano dalle posizioni ove avevano passata la notte, si slanciano sulla linea nemica e verso le 15,30 si mostrano sulla sommità dei due coccuzzoli a sud del Faiti. Viene ordino di arrestare la marcia vittoriosa, perché i reparti laterali si mostravano alquanto arretrati. Sospendono essi a malincuore la loro volata, e senza punto badare alla stanchezza che li opprimeva, passano la notte in lavori di rafforzamento e riescono a costituirsi in breve un primo schermo, una prima difesa. Anche questa giornata di azione diede un brillante risultato, poiché non solo portò il nostro Reggimento oltre all'obbiettivo assegnato, ma ci dette modo di catturare un ingente bottino d'armi di ogni specie, di materiali d'ogni qualità, di prigionieri d'ogni grado. In questo giorno memorando si vide scendere un Comando di Brigata sorpreso da nostre pattuglie mentre attendeva a riorganizzar la difesa. Si vide scendere un numero rilevante di sanitari accerchiati mentre attendevano al loro pietoso compito. Si vide scendere una lunga colonna di muli venuta a portare il rancio ai combattenti. Si vide scendere ancora una lunga serie di cannoni e cassoni accompagnati dai rispettivi artiglieri. Fu questo giorno di gioia, di entusiasmo, un giorno di gloria e di trionfi un giorno che merita di essere scritto a caratteri d'oro nella storia del nostro Reggimento e dell'Esercito Italiano. 

E' molto probabile che il soldato BEVILACQUA sia morto in questa fase di combattimento  quindi non esattamente sulla zona del  Pecinka come invece viene identificato come luogo di decesso dagli atti di morte ( vedi successivamente) .


Mappa nr. 1 Schieramento della 45^ Divisione alla Vigilia della 9^ battaglia dell'Isonzo tratto dal libro Le Battaglie del Carso" di Juren-Persegati e Pizzamus:


 Avviso di morte del Soldato Bevilacqua:


L'ultima lettera del soldato Bevilacqua:


Testo dell'ultima Lettera :




 Quota 278 e Pecina:



Pecina :



Per questo post ringrazio Patrizia Bottene  nipote del Soldato BEVILACQUA  Giovanni




venerdì 16 marzo 2018

Caporale BORDI Giovanni




131° Fanteria Brigata Lazio

Nato a  Tarquinia il 25 Settembre 1889
Morto a Quota 70 di Selz il 4 Agosto 1916
Sepolto a ---- 

Decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare 



Svillupatosi un incendio in un ricovero, noncurante del pericolo causato dallo scoppio di proiettili e bombe ivi depositate, sotto il fuoco di artiglieria che il nemico vi aveva concentrato, concorreva ad isolare ed a salvare grande quantità di munizioni ed altro materiale.
Monte San Michele, 15 Maggio 1916

Note Storiche:

La Brigata Lazio con i suoi due reggimenti 131° e 131° apparteneva nell'Agosto 1916 alla 16^ Divisione operante nel settore di Selz. Il 4 Agosto vide l'inizio della VI^ battaglia dell'Isonzo. Secondo gli ordini del VII° Corpo d'Armata diramati i giorni prima stabiliva che l'azione doveva iniziare il 4 Agosto alle ore 10 col fuoco d'artiglieria, di bombarde, lanciaruote ecc, e alle ore 16 (se risulterà possibile) con l'irruzione della fanteria. Il tiro mantenuto intenso e regolato e controllato da speciali osservatori è durato dalle 10 alle 16. A tale ora il Comandante della Colonna d'attacco, avendo riscontrato che nei punti fissati dei reticolati sono stati aperti varchi sufficienti per lo sbocco delle sue truppe, ha ordinato di avanzare sulle linee austriache.
La colonna  citata precedentemente era composta dal III° battaglione del 131° (quello che Caporale BORDI il quale apparteneva alla 12^ compagnia), del III° battaglione del 132°, della 155^ e 165* Comp. zappatori del Genio e del 23° reparto Mitragliatrici. La riserva del sottosettore è costituita dal 1° Gruppo Lancieri Novara. L'obbiettivo era la Quota Pelata partendo dalle linee di Quota 70.
Alle ore 16.30 impartito l'ordine di avanzare dal Ten. Colonnello Antezza (comandante del 131° fanteria), i reparti avanzano con la prima ondata formata dalle truppe del 131° in prima schiera la 9^ e 12^ compagnia seguite rispettivamente dalla 10^ e 11^ al Comando del Capitano Masciocchi, irrompe dal lato sinistro della trincea abbandonata di Quota 70 - Quota Pelata e raggiunge la trincea avversaria. L'avanzata di destra invece si deve fermare a ridosso dei reticolati nemici perchè soggetta al tiro di una mitragliatrice. Il 23° Reparto Mitragliatrici stante alla perdita di due Ufficiali non riesce a piazzare le mitragliatrici per controbattere le avversarie. A sinistra la 10^ compagnia riesce ad occupare la 2^ linea e a fare dei prigionieri. Però fatta segno subito ad un intenso fuoco di fucileria, mitragliatrici e a lancio di bombe con Gas asfissianti è costretta a ripiegare sulla 1^ trincea avversaria conquistata. A questo punto il nemico contrattacca con bombe asfissianti ed i nostri non potendo mantenersi sulle posizioni occupate già molto sconvolte dal nostro precedente tiro d'artiglieria rispiegano sulle nostre trincee. Verso le ore 20 si ristabilisce una calma relativa e i nostri riadattano durante la notte le trincee sconvolte.
Perdite: 131° : Ufficiali 1 morto, 8 feriti , 8 colpiti d'asfissia
              132°       ""        n.n.      , 4   "      , n.n.
3° Rep. Mit          ""         1        , 1    "      , n.n.

Perdite Truppa : 
               131°  67 morti, 123 feriti, 134 dispersi
               132°  30 morti, 60   feriti, 160 dispersi
 23° Rep. Mitr.   2 morti     


Note biografiche e storiche redatte da Francesco Strinati nipote di BORDI Giovanni:

Giovanni Bordi nacque a Corneto Tarquinia (oggi Tarquinia) il 25 Settembre 1889, figlio di Pio e Paolucci Angela
Dal foglio matricolare si apprende che Giovanni fu chiamato alla visita di leva il 19 aprile 1909, risultando idoneo di 1ª Categoria e lasciato in congedo illimitato provvisorio, poiché aveva un fratello (Domenico) già sotto le armi, secondo i termini dell’Articolo 6 della Legge 15 dicembre 1907. Giovanni fu richiamato alle armi con la classe di leva 1890, il 24 novembre 1910, dopo il congedamento del fratello, e destinato al 90° Reggimento Fanteria della Brigata Salerno, all’epoca  con sede a Genova.
Dal foglio matricolare si deduce che in una data non precisata e per un motivo altrettanto sconosciuto, Giovanni fu trasferito nel deposito di un altro reggimento, probabilmente di fanteria, non specificato, sito in Roma, in cui si trovava al momento del congedo in data 29 settembre 1911. A questo punto il Foglio Matricolare non riporta più alcuna notizia, né riguardo alla partecipazione di Giovanni alla Guerra di Libia, fatto noto e tramandato in famiglia, né tantomeno al suo richiamo e partecipazione alla Grande Guerra e alla sua decorazione al valore. L’ultimo appunto del Foglio matricolare si riferisce al 1 giugno 1921, in cui si afferma che non gli è rilasciata l’attestazione per l’elettorato politico dato che è morto in combattimento il 4 Agosto del 1916.
A questo punto si apre una sorta di “buco nero” nella ricostruzione delle vicende belliche di Giovanni.
Data l’incompleta compilazione del Foglio matricolare, non conosciamo con precisione il reggimento cui fu destinato nel corso del 1911, ma sappiamo che il deposito di tale reggimento si trovava a Roma. Dagli elenchi delle sedi dei reggimenti del Regio Esercito dell’epoca possiamo però ricavare la notizia che, a parte i reggimenti dei Granatieri di Sardegna, l’unico reparto con sede a Roma era l’82° fanteria. E’ quindi verosimile dedurre che l’82° reggimento fosse il reparto presso cui si trovava Giovanni, perché i Granatieri richiedevano ai soldati, per il reclutamento, un’altezza maggiore a quella di Giovanni. Tra l’altro, è interessante notare che l’82° Reggimento di fanteria fu uno dei primi reparti, unitamente ad altri (Iª Divisione speciale, composta dalla Iª Brigata con i Reggimenti Fanteria 82° e 84° e IIª Brigata con i Reggimenti Fanteria 6° e 40°) a sbarcare e Tripoli tra l’11 e il 12 Ottobre del 1911. In teoria, da quanto riporta il Foglio Matricolare, a questa data Giovanni avrebbe già dovuto essere a casa, avendo terminato il suo servizio militare, ma la data del suo congedo, 29 settembre 1911, coincide esattamente con la data di dichiarazione di guerra alla Turchia che dette inizio alle ostilità in Libia. E’ ragionevole quindi supporre che Giovanni non sia stato mandato in congedo oppure sia stato immediatamente richiamato, dato che tra l’altro le fonti documentali consultate riportano che, al momento dell’entrata in guerra, furono richiamati anche i congedati della classe precedente (1888) per essere spediti in Libia. Si può pertanto affermare con buona sicurezza che Giovanni abbia partecipato alla conflitto libico con l’82° Reggimento Fanteria. Dalle cronache dell'epoca tale reparto risulta essere stato presente ai principali e più sanguinosi combattimenti di tutta la prima parte della campagna in Tripolitania e in particolare alle battaglie di Sciara Sciat (23/10/1911), Ain Zara (26/11/1911) e Zanzur (Giugno 1912).
Nel Luglio del 1912, a guerra ancora in corso, fu smobilitata la classe di leva 1889, per cui presumibilmente Giovanni poté tornare finalmente a casa.
Giovanni, residente ancora a Tarquinia allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, potrebbe essere stato destinato sin dalla mobilitazione, alla Brigata Lazio (nelle cui fila cadrà l’anno successivo sul Carso come si evince dall’Albo d’Oro dei Caduti), reparto di nuova formazione, che aveva sede a Roma e come per la maggior parte delle altre brigate fu completata con reclute provenienti dalla regione sede dei reparti. Di questo dato ovviamente non vi è certezza, giacché manca qualsiasi riferimento sul Foglio Matricolare, e Giovanni potrebbe essere stato incorporato in prima battuta in altre Brigate che reclutavano nel Distretto di Roma (Brigate Bergamo, Salerno, Reggio, Sicilia, Valtellina, solo per citarne alcune) e solo in seguito destinato alla Brigata Lazio per non meglio precisati motivi (trasferimento? ritorno in linea dopo una ferita?).

Dal Diario di Guerra della Brigata Lazio apprendiamo che i due reggimenti che la costituivano, 131° e 132°, partirono da Roma alla volta del fronte il 27 maggio 1915. Furono inizialmente destinati alla zona davanti a S. Giovanni al Natisone, dove tra Luglio e Agosto parteciparono ai combattimenti nel settore Monte Fortin-Monte Podgora. Da Ottobre a Dicembre entrambi i reggimenti furono trasferiti più a sud nella zona del Monte San Michele dove parteciparono ai sanguinosi combattimenti per la conquista di tale importante posizione, meritando la Medaglia d’Argento al Valor Militare: Alla Bandiera del 131° Reggimento Fanteria: “Con impeto veemente e sanguinoso conquistò formidabili posizioni sulle pendici del S. Michele e nel settore di Monfalcone; con incrollabile tenacia resistette agli accaniti ritorni offensivi dell’avversario (Basso Isonzo, 1915-1916)“.Alla Bandiera de 132° Reggimento Fanteria: “Si affermò superbamente a Rocce Rosse, a Costone Viola del S. Michele, sul Debeli e a quota 144 di Monfalcone, dando costantemente fulgida prova di valore e generoso tributo di sangue (Basso Isonzo, 1915-1916)”.
Nel corso del 1915 i due reggimenti parteciparono pertanto in successione alla Seconda, Terza, Quarta Battaglia dell’Isonzo (le famose “spallate” di Cadorna), subendo in totale poco meno di 4000 perdite tra morti, feriti e dispersi.
Dal Gennaio al Maggio 1916 la Brigata Lazio si alternò con la Brigata Perugia nel mantenimento delle posizioni del Monte San Michele, partecipando comunque anche alla Quinta Battaglia dell’Isonzo (Marzo 1916) e perdendo in totale, in tale periodo, circa altri 700 uomini .
Dopo un periodo di riposo nel Giugno del 1916 la brigata fu trasferita nella zona Monfalcone-Ronchi dei Legionari (GO). In particolare il 131° Reggimento, quello cui apparteneva Giovanni, il 24 Luglio fu trasferito nella zona sopra Ronchi dei Legionari dove, passando alle dipendenze della 16ª Divisione, assunse la difesa del fronte da Quota 45 a Quota K, alture situate sopra la frazione di Selz.
Tra l’estate del 1915 e quella del 1916, il fronte difensivo Austro-Ungarico sul Carso si sviluppava su più linee difensive, scendendo dal Monte San Michele con asse nord-sud, verso i capisaldi che dominavano la pianura, il corso del fiume Isonzo e, sul mare, la paludosa piana di Monfalcone. Il Monte Sei Busi, con le Quote 89 (attuale sommità del Sacrario di Redipuglia), 118 e 111, controllava gli accessi degli italiani verso Redipuglia. Più a sud, le Quote 65 e 70 di Selz, costituivano con la Quota Pelata, il forte raccordo con il Monte Cosich e il mare, sbarrando la strada che conduce a Trieste.
Il trasferimento dei reparti della Brigata Lazio s’inquadrava nella più ampia preparazione a quella che sarà ricordata come Sesta Battaglia dell’Isonzo.
Il 4 agosto 1916, come preludio alla Sesta Battaglia dell'Isonzo, 
sul Carso di Monfalcone le batterie dell'artiglieria italiana aprirono il fuoco dalle 10 di mattina per sei ore consecutive nel settore Selz-Vermegliano, 16 chilometri a sud di Gorizia. A metà pomeriggio, alle 16, partì l'assalto delle fanterie contro la "quota Pelata" del Monte Cosich [sopra Selz] e le quote 121 e 85 [Monfalcone - direzione di Trieste], tenute dalla 17ªe 24ªBrigata dell’esercito imperiale austro-ungarico. La brigata Lazio mandò all’assalto il III° Battaglione del 131° reggimento (quello di Giovanni, che apparteneva alla 12ª compagnia) e il III° Battaglione del 132° reggimento. Venne occupata, a destra del fronte d’attacco Quota 121, ma l'avanzata si arrestò contro i reticolati delle trincee austro-ungariche che non erano stati minimamente toccati dal bombardamento delle artiglierie. I difensori contrattaccarono e le truppe italiane furono costrette a lasciare la quota con pesanti perdite. Venne occupata anche Quota 85 (poco sotto la quota 121) ma anche qui, dopo una breve occupazione delle trincee austro-ungariche, la fanteria italiana fu costretta ad abbandonare la posizione nonostante ripetuti tentativi e ritornare alle posizioni di partenza. Anche l'attacco a sinistra contro la "Quota Pelata" del Monte Cosich risultò essere un fallimento. Le truppe austro-ungariche avevano lasciato le loro trincee ormai incapaci di contenere l'assalto italiano ma queste erano state riempite di bombe a gas che scoppiarono proprio quando le truppe italiane iniziavano l'occupazione delle posizioni. L'artiglieria austro-ungarica si accanì contro la "Quota Pelata" e pertanto, le truppe italiane dovettero immediatamente abbandonarla poco dopo le ore 19.
Il riassunto del Diario Storico della Brigata Lazio riporta: “Il 4 Agosto essa [cioè la brigata], inizia le prime azioni per la conquista delle antistanti posizioni avversarie: su due colonne attacca quota Pelata, ostentando una minaccia al Monte Cosich. L’obiettivo è in parte raggiunto, ma la posizione non può essere tenuta perché il nemico contrattacca ovunque violentemente obbligando le colonne a rientrare nelle trincee avanzate di q. 70. Le perdite dei due battaglioni attaccanti (III/131° e III/132°) ascendono a 21 ufficiali e 574 militari di truppa”.
Tra queste perdite vi è anche quella di Giovanni Bordi. La dichiarazione di morte redatta dal comandante di compagnia ci dice che Giovanni muore alle 16.40 del 4 Agosto per un colpo al petto e ciò è testimoniato da almeno due commilitoni. Il suo corpo rimane “insepolto sulla vetta del Monte Cosich”, come riportato nell’atto di morte.

A questo punto è lecito chiedersi cosa ne fu del corpo del povero Giovanni. Purtroppo ad oggi è impossibile ricostruire con precisione cosa accadde.  Non sappiamo neanche se, quando ed eventualmente in quale luogo fu poi sepolto. Nella risposta arrivata dopo una specifica richiesta, dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti del Ministero della Difesa, viene confermato questo fatto. Dove Giovanni sia caduto è abbastanza certo dato che è riportato sulla dichiarazione di morte, redatta dalla compagnia di appartenenza. Da qui a risalire al luogo di sepoltura è tutt’altro discorso. Innanzitutto tale dichiarazione riferisce che il corpo di Giovanni rimane insepolto sulla vetta del Cosich, che non restò immediatamente in mano italiana, ma fu conquistata solo circa una settimana più tardi. Pertanto è verosimile pensare che la salma sia stata forse recuperata e seppellita in tale frangente. In secondo luogo, dato l’alto numero di caduti che i combattimenti causavano, spesso i corpi erano letteralmente ammucchiati al fondo delle numerose doline, sorta di profondi avvallamenti, tipici del paesaggio carsico, nell’impossibilità di scavare delle fosse singole per ogni soldato morto. Comunque anche nel caso che Giovanni sia stato sepolto in uno degli innumerevoli piccoli cimiteri di guerra che costellavano tutte le immediate retrovie del fronte, tali luoghi di sepoltura furono tutti ispezionati e svuotati nell’immediato dopoguerra trasferendo le salme presso il Sacrario Militare di Redipuglia. Da ricerche effettuate direttamente presso questo immenso sacrario, non è presente il nome di Giovanni Bordi, come confermato anche dal Ministero della Difesa. Bisogna comunque considerare che dei 100.000 morti italiani sepolti a Redipuglia, solo poco più di 30.000 hanno un nome, essendo i restanti tutti ignoti e fra di essi probabilmente vi è anche Giovanni.(1)

Un ultimo appunto riguardante la storia di Giovanni Bordi è quello concernente la concessione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare, di cui risulta essere stato insignito secondo l’Albo d’Oro dei Caduti. Giovanni  risulta essere stato insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare con Regio Decreto del 18 novembre 1920 (per commutazione dell’encomio solenne, conferito con Decreto Luogotenenziale del 29 ottobre 1916), con la seguente motivazione:
“Sviluppatosi un incendio in un ricovero munizioni, noncurante del pericolo causato dallo scoppio di proiettili e bombe ivi depositate, sotto il fuoco intenso di artiglieria che il nemico vi aveva concentrato, concorreva ad isolare il ricovero stesso ed a salvare grande quantità di munizioni ed altro materiale.
Monte San Michele, 15 maggio 1916”.

Dal Diario Storico della Brigata Lazio sappiamo che il 131° Reggimento di Giovanni nel Maggio 1916, fu coinvolto nei combattimenti che infuriarono vicino alle Cime 1 e 2 del Monte San Michele, duramente attaccate degli austriaci, e verosimilmente nel corso di questi combattimenti si verificò l’episodio di valore che portò alla concessione dell’Encomio solenne prima e della Medaglia di Bronzo poi. Ironia della sorte entrambi i riconoscimenti furono concessi a Giovanni dopo la morte.


 (1) Nota dell'Autore A.M.:
Si precisa che solamente due soldati su 67 più i dispersi considerati morti del 131° caduti il 4 Agosto 1916 trovano posto tra i noti al Sacrario di Redipuglia, gli altri con alta probabilità sono sepolti come il Caporale BORDI tra gl'ignoti.

L'Atto di Morte del  Caporale BORDI Giovanni, da notare l'ora del decesso, che risale a pochi minuti dopo all'inizio dell'avanzata:

Il Foglio Matricolare del  Caporale BORDI Giovanni :

Mappa con le linee della Zona di Selz- Quota 70-Quota Pelata nel Luglio 1916, identiche a quelle del 4 Agosto 1916:
Selz vista dalle pendici di Quota 70


Da Quota 70 veduta verso Quota Pelata



Quota 70

 Trincea Italiana a ovest Quota 70



Per questo post ringrazio Francesco Strinati nipote di BORDI Giovanni


domenica 4 marzo 2018

Caporale MARTINA Silvio





47° Fanteria Brigata Ferrara

Nato a San Pietro Vernotico il 2 Maggio 1888
Morto a Opacchiasella il 26 Agosto 1916
Sepolto a ---------

Notizie Storiche:

Dopo la battaglia dell' Agosto 1916, denominata VI° battaglia dell'Isonzo, il fronte Carsico era avanzato oltre il Vallone  di Gorizia. La Brigata Ferrara con i suoi due reggimenti 47° e 48° prese parte alla battaglia nella zona del San Michele dislocata alla vigilia della battaglia precisamente dalla linea sottostante Cima 4 all'Elemento Quadrangolare. La Brigata faceva parte unitamente alla Brigata Brescia alla 22^ Divisione.
L'esercito Austriaco dopo alcuni giorni di lotta si ritirò dalle posizioni del Monte San Michele lasciando quindi che le truppe del XI^ C.A. dal quale dipendeva anche la Brigata Ferrara avanzassero fino  le nuove posizione difensive assunte dalle truppe Austriache sul ciglione Carsico oltre il Vallone di Gorizia.
Seguiamo gli eventi di quel periodo tratti dal libro di Juren- Persegati- Pizzamus " Le battaglie del Carso. Doline in fiamme, le «spallate» dell'agosto-novembre 1916":
- Toccò al tenente Leo Pollini, 47° Ferrara, prendere contatto  con il comandante del battaglione del 55° in quel momento di presidio alle nuove trincee di Opatje selo: "Al muraglione del Cimitero di Oppacchiasella trovammo i rincalzi i battaglioni in linea. Qualche ufficiale ci venne incontro, ci chiese di noi; ci credevano una brigata fresca, che, finalmente, dopo i loro insopportabili tre giorni di Carso, venisse darci il cambio — commentò Pollini, dopo aver appreso della loro odissea in Adriatico —, capii bene che il cambio era per essi una necessità: avevano bisogno di temprarsi, di prepararsi, perché la guerra sul Carso richiedeva una vera iniziazione al sacrificio, che non si poteva improvvisare in poche ore". Lo spettrale scenario che attorniava quei soldati privi di esperienza del fronte -Carsico, la permanenza di più giorni in prima linea in trincee dalla scavo appena bozzato e privo di ripari, il caldo quasi tropicale mettevano a dura prova non solo il fisico ma anche l'equilibrio psichico dei combattenti. Quando il tenente Pollini chiese del comandante del battaglione, gli fu indicato un maggiore indifferente ai proiettili che gli fischiavano attorno: "L'ufficiale s'accorse per la prima volta dei nuovi venuti e rivolse verso di noi il viso. Che sguardo! Pareva che un coltello avesse vuotate le occhiaie, lasciandovi il guizzo della ferita e il vuoto della morte -Io? Io vengo dall'Albania. In quella mi accorsi che l'Aiutante richiamava la mia attenzione con dei cenni disperati, spalle del suo superiore. Faceva segno che era impazzito. Il tenente Passeri, pure della Ferrara, visse un'esperienza simile negli stessi luoghi: "In attesa dell'attacco, ci troviamo addossati al cimitero di Oppacchiasella, dove il terreno si inclina fortemente a valle. Non siamo in vista del nemico, ma egli sa che il luogo si presta all'appostamento di qualche reparto e perciò vi ha aggiustato il tiro a La brigata Ferrara, dopo la caduta del settore austriaco tra la Cima 4 del San Michele e la Cappella di San Martino del Carso, aveva proseguito la sua avanzata raggiungendo dapprima Cotici  e poi il fronte tra quota 187 e Opatje selo. Ultimato l'avvicendamento con i battaglioni esausti della Regina aveva sferrato, il 14 il suo attacco con il 47° reggimento verso Segeti. Solo il giorno successivo, con l'appoggio di un battaglione del 48° reggimento, riuscirono a far avanzare la propria linea catturando 150 prigionieri.

La Brigata Ferrara rimase in quella linea fino al 26 Agosto, quando scese a riposo a Bosco Cappuccio, Leo Pollini descrive questo momento nel suo "Le veglie sul Carso"  : In riposo al Bosco Capuccio. Pareva un sogno . Venne l'ordine di fare le tende. Era il 27 di Agosto il Caporale Martina non vide quel riposo di quel giorno, non ricevette nessun' ordine di fare la tenda. Rimase lassù a Opacchiasella, colpito a morte da una pallottola il giorno prima. Era un giorno tranquillo il reggimento si apprestava a ricevere il cambio, anche il diario storico del 47° lo dice nelle sue poche righe che descrive i fatti della giornata anche se alla fine si conteranno lo stesso 12 morti tra questi anche il Caporale Martina Silvio:

26 AGOSTO : Dislocazione come il giorno precedente. Come da ordine precedente, confermato e dettagliato dal Comando di Brigata, nella sera il reggimento viene sostituito dal 9° fanteria. Il Cambio avviene senza inconvenienti e i battaglioni si portano nella località precedentemente riconosciuta ove si accampano. Il Comando di reggimento occupa i ricoveri di Borgo Pisa già occupati dal Comando del 29° fanteria. 
Tempo bello
Predite della giornata:  truppa uccisi 12 feriti 7 

Mappa della linea presidiata dalla Brigata Ferrara Agosto-Settembre 1916




Mappa con le linee durante le prime 9 Battaglie dell'Isonzo

Note sul caduto redatte da Paolo F. Vitullo npote del Caporale MARTINA Silvio :


MARTINA Silvio (in albo d’Oro erroneamente riportato come Vito), nato il 2 maggio 1888 a San Pietro Vernotico (BR), figlio di Marco e Cristina Manca,di professione contadino, soldato del 50° Reggimento Fanteria nella Guerra Italo Turca (in Libia dal 28 novembre 1911 al 4 agosto 1912), coniugato con Rosina Toraldo dal 14 novembre 1914, effettivo al 47° Reggimento Fanteria dal 24 maggio 1915 in territorio di guerra, promosso Caporale il 31 dicembre 1915, deceduto alle ore 07.30 del 26 agosto 1916 in seguito a ferita di arma da fuoco per fatto di guerra a Oppacchiasella e sepolto a Oppacchiasella (come da Atto di Morte Documento Ufficiale). Lasciò la moglie e una figlia, Maria Trieste nata il 21 novembre 1915: non a caso a Maria fu dato anche il secondo nome di Trieste (di fatto tutti la chiamavano formalmente Trieste o più familiarmente Triestina).
L’Atto di Morte reca Oppacchiasella quale luogo di morte e sepoltura: questa località è a circa 10 Km a Est di Redipuglia; le Salme dei Militari deceduti e sepolti in quel luogo e nelle zone limitrofe furono successivamente esumate e traslate sia in forma “Nota” che “Ignota” nel Sacrario Militare di Redipuglia. Da un controllo al registro cimiteriale del citato Sacrario non è stata riscontrata tra i Militari “Noti” nessuna sepoltura compatibile con Martina Silvio, che quindi deve presumersi tumulato tra gli “Ignoti”.
Sulla lapide in marmo commemorativa ai caduti della prima guerra mondiale (datata 1920, committenza il Municipio e la Cittadinanza) a San Pietro Vernotico, posta in piazza del Popolo, ove ha sede l’associazione culturale “Domenico Modugno”, sulla lapide di destra, sesto dall’alto, è citato il Caporale. Martina Silvio. Inoltre, dall’elenco del Comune di San Pietro Vernotico, non risulta mai esistito o partito in Guerra un Martina Vito ma bensì Martina Silvio: pertanto, per quanto attiene ai dati riportati in Albo d’Oro trattasi di evidente errore di trascrizione(purtroppo essendo lo stesso “documento Storico” non è possibile apportare modifiche), come anche confermato da ONORCADUTI


Pagina dell'Albo d'oro con il nome errato del Caporale MARTINA Silvio



 Dati del database dell'Albo d'Oro con la correzzione avvenuta



Conclusioni sul Caduto MARTINA Silvio


Il Caporale MARTINA Silvio nella guerra Italo-Turca del 1912:




Il Foglio Matricolare




L'atto di Morte



Lapide Commemorativa con il Nome del Caporale MARTINA Silvio



 



Ringrazio per questo post Paolo F. Vitullo, Nipote del Caporale MARTINA Silvio