In questo blog voglio raccontare e trasmettere le storie di questi uomini diventati soldati e che oggi a cent’anni di distanza non vengano dimenticati.
Sono storie nella storia di quella che fu la Grande Guerra.
Questi caduti sono morti sul carso, in quei due anni e mezzo di sanguinose battaglie, molti di questi oggi riposano al sacrario di Redipuglia con un nome, ma per la maggior parte questo non è stato possibile. Voglio così onorare la loro memoria con questo mio tributo.

"Vorranno dimenticarvi, vorranno che io dimentichi, ma non posso e non lo farò. Questa è la mia promessa a voi a tutti voi."

Vera Brittain



«Qui ci verranno dopo la guerra a fare la gita di ferragosto. E diranno: se c’ero io! Ci saranno i cartelli-rèclame e gli alberghi di lusso! Passeggiate di curiosità come ai musei di storia naturale; e raccatteranno le nostre ossa come portafortuna.»

Carlo Salsa

lunedì 31 dicembre 2018

Cavalleggero PARENTI Giovanni Battista





19° Reggimento Cavalleggeri Guide



 Nato a Castiglione d'Adda il 10 Settembre 1896
Morto : Alture di Monfalcone il 15 Maggio 1916
Sepolto a --------


Note Storiche:


Nella sera dopo le 21 del 14 Maggio 1916 cominciò dal settore dell'XI° Corpo d'armata un intenso e violentissimo bombardamento nel settore compreso tra L'albero Isolato e  San Martino seguito da un attacco nemico preceduto da intenso getto di bombe a mano, verso le 22.30 dopo che il primo attacco fu rigettato, riprende con maggior violenza un secondo riuscendo ad occupare  un piccolo tratto della trincea Caltanissetta. e la parte superiore dell'Elemento Quadrangolare. Verso le ore due del 15 Maggio viene organizzato un contrattacco che fu subito arrestato dal fuoco delle mitragliatrici. Ripetuto alle ore 4 con forze alquanto maggiori , viene riconquistato il tratto della Trincea Caltanissetta ,a non è possibile riconquistare il tratto superiore dell'Elemento Quadrangolare. . Anche negli altri settori di fronte della Terza Armata da parte Austriaca si era fatto vicace il fuoco di fucileria soprattutto nel settore della 25^ Divisione del XIII° Corpo d'Armata. Lo stesso avviene inizialmente anche nel VII° Corpo dì Armata con fuoco intenso di fucileria nel corso della notte nel settore di ronchi coadiuvato anche da lancio di bombe a mano, incursione di aeroplani nemici con getto di bombe avviene nella zona di Adria-Mandria-S. Polo- Ronchi e Staranzano.

Sulla fronte di Adria verso le ore 4.30 il nemico, dopo violenta ripresa di artiglieria durata un’ora e mezza punta con forze valutate due battaglioni per la strada di Bagni e pianura Lisert su Adria, da dove il presidio di cavalleria era stato previamente ritratto per sottrarlo al micidiale intenso tiro di demolizione. Da Adria il nemico disponevasi a proseguire su Monfalcone lungo in canale Valentinis, ma contrattaccato dai squadroni di Nizza e da reparti della brigata Cremona, retrocede, lasciando nelle nostre mani 134 prigionieri, fra cui alcuni ufficiali e sgombra Adria e la Caserma Finanza che sono rioccupate dai nostri.
Nella giornata violentissimo fuoco di artiglieria di medio e grosso calibro contro la nostra fronte da quota 98 al mare, che ha molto danneggiato le nostre opere di difesa, numerosa fanteria austriaca su tre colonne muoventi fra quota 121 e 85 si lancia all’attacco contro la suddetta nostra fronte riuscendo a penetrare in un tratto delle trincee tra quota 93 e la ferrovia.
Con persistenti atti di controffesa i nostri ricacciano il nemico da parte della trincea occupata non riuscendo però a snidarlo dalla organizzazione difensiva avanzata del tamburo di quota 93 e da un tratto di parallela a sud di detta quota.
La mischia per la rioccupazione di detti elementi avanzati si protrae ancora, con alterna fortuna durante la notte, mentre sulle nostre posizione di Selz l’attacco nemico pronunciatosi col sussidio di gas asfissianti e lanciafiamme viene completamente respinto.
Sono catturati al nemico 141 prigionieri oltre i 134 già piùssopra segnalati.
Perdite nostre rilevanti.
Il Reggimento Cavalleggeri Guide si trovava da  alcuni giorni in linea nel settore di Monfalcone con la seguente dislocazione: 1° e 2° squadrone in trincea di prima linea, con a  destra la sez. mitr. nr. 1 allo sbarramento della ferrovia Monfalcone- Trieste, ed a sinistra la sez. mitr. nr. 2 postata a quota 93; 3° squadrone trincea di seconda linea in immediato rincalzo - 4° e 6° squadrone in Monfalcone in riserva - 5° squadrone a disposizione dei Lancieri di Vercelli per lavori di trincea - Stato Maggiore a Monfalcone.
Il giorno 15 Maggio i reparti conservano inizialmente la dislocazione precedente. L'avversario, che continua la sua azione iniziata la sera precedente contro la VII^ Brigata, la cui fronte si stende a destra di quella tenuta dal Reggimento, volge i suoi tiri contro il settore della VIII^ Brigata (Guide e Treviso) . Si inizia un tiro di distruzione con artiglieria di piccolo, medio e grosso calibro su tutta la trincea occupata dal Reggimento facendola seguire poi da un violento tiro d'interdizione contro l'occorrere dei rincalzi. Tale azione durò tutta la giornata e si andò sempre più intensificandosi verso il tramonto diretta in special modo sull'ala sinistra della fronte tenuta dal Reggimento (q. 93) . Il Comando di Reggimento si porta al ricovero del Comando di 1° Gruppo di squadroni per assumere la direttiva dell'azione,mentre il comando di gruppo di squadroni è inviato al suo posto tattico al centro dei due squadroni che tenevano la trincea. Aggravandosi la situazione il 4° squadrone (di riserva) è mandato di rinforzo sulle trincee di quota 93, che appariva ormai scopo principale della violenta azione. Alle 15 giunsero in rinforzo due compagnie del 51° battaglione Bersaglieri. Verso le ore 18 mentre l'artiglieria nemica continuava a sconvolgere le trincee , una colonna nemica muoveva all'attacco della nostra trincea servendosi dei camminamenti nr. 6 e 7. Su di essa  aprì il fuoco la Sez. mitragliatrici nr. 2. Contemporaneamente un'altra colonna nemica muoveva all'attacco al del Tamburo, mentre una terza puntava direttamente su quota 93. In alcuni punti avvennero lotte corpo a corpo, ed un plotone del 4° squadrone e uno del 2° unitamente alla squadrone di "Treviso" del Cap. PUCCI, concorsero alla cattura di buon numero di avversari. Ciò nonostante, data l'intensità dell'azione per momentanea opportunità le truppe ripiegarono sulla trincea di seconda linea subito rafforzate anche per l'accorrere di due compagnie del 4° battaglione Bersaglieri.


PERDITE SUBITE:

Ufficiali : morti 1 - feriti 3 - dispersi 4
Truppa:    morti 33 - feriti 199 - dispersi 51


Mappa della zona di Monfalcone con le linee di Quota 93 occupate dal reggimento "Cavalleggeri Guide":




Ho voluto dedicare questo post oltre  nel  voler ricordare il giovane cavalleggero morto nei combattimenti del 15 Maggio 1916, anche perchè egli, aveva una targa dedicata in suo onore probabimente messa da quqalche suo parente anni dpo la guerra, che si trovava nel sentiero che porta verso quota 93 vicino alla "Rocca di Monfalcone". Purtroppo qualche vandalo nel 2017 ha voluto togliere la foto che si vi trovava attaccata;  qui sotto vedrete la foto di  com'era la targa quando la fotografai nel 2016 e come invece è adesso. 
Con questo post voglio che il suo ricordo rimanga ancora vivo tra noi oggi e anche se il suo volto che non sarà purtroppo più visibile  in quella foto su  quella targa, trovi qui il luogo per essere sempre ricordato e mai dimenticato.

Foto della targa nel 2016:





Foto della targa nel 2018:








domenica 16 dicembre 2018

S.Tenente LA GRECA Francesco





94° Fanteria Brigata Messina


Nato a Cesena il 24 Maggio 1891
Morto a Quota 70 di Selz il 19 Luglio 1915
Sepolto a ----------- 


Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 


Giunto, fra i primi, in una posizione conquistata, incurante del pericolo per rendersi ragione della situazione tattica, si esponeva, impavido, alle offese nemiche, e cadeva colpito a morte.
Selz, 18 Luglio 1915


Note Storiche:

La Brigata Messina con i suoi due Reggimenti 93° e 94° apparteneva agli inizi della guerra alla 13^ Divisione unitamente ai Granatieri di Sardegna alternandosi in linea nel settore di Monfalcone. Nel corso della II^ battaglia dell'Isonzo che proprio nella giornata del 18 Luglio 1915 ebbe inizio.  Nell'occasione la Brigata Messina fu assegnata alla 14^ Divisione dove fu ordinato a tale reparto di appoggiare il movimento del 13° Fanteria verso le alture di Selz.
La Brigata Messina nel primo pomeriggio iniziò avanzata verso quota 70 ma non trova ilo contatto col 13° Fanteria sulla sinistra. Una mitragliatrice nemica appostata nel boschetto molesta l'avanzata della nostra fanteria e si da l'ordine alla Brigata Granatieri di controbatteria colle proprie mitragliatrici.
Il Comando della Brigata Messina fa presente l'opportunità che durante la notte la vallata contrapposta tra Monte Cosich e quota 59 e le pendici di Monte Cosich siano illuminate di tanto in tanto, si fa lla'uopo avanzare una sezione fotoelettrica da San Canziano.
Me vediamo quello che il diario della 13^ Divisione dice riguardo le operazioni compiute in quella giornata:
- Secondo l'ordine di operazione del VII° Corpo d'Armata la 13^ Divisione doveva il giorno 18 attaccare decisamente sulla fronte q.70, Monte Cosich.
In conseguenza il Comando di Divisione dispose che la Brigata Messina attaccasse da quota 70 (compresa) a Monte Cosich (escluso) e che la Brigata Granatieri si tenesse ferma nelle posizioni  già occupate da q. 61 - Rocca - q. 93 Stazione - Adria Werke e svolgesse da dette posizioni un'azione dimostrativa.
La Brigata Messina era costituita da 4 battaglioni (3 del 94° e 1 del 93°) ed aveva inoltre a sua disposizione 2 gruppi di artiglieria campale del 31° reggimento (4 batterie) e una compagnia del Genio.
L'azione di iniziò verso le ore 4.30 con un intenso fuoco di artiglieria su tutta la fronte di attacco da q. 70 al Monte Cosich, fuoco che durò ora più ora meno intenso su tutta la giornata, rovinando in gran parte i reticolati nemici e cacciando a riprese il nemico da q. 70.
La Brigata Messina iniziò la sua avanzata verso le ore 16.30 e alle ore 16.50 i due battaglioni di prima linea arrivarono sul fondo valle; il battaglione di seconda linea si portò sulla ferrovia ai piedi di q. 59; il battaglione di riserva da Aris si portò ad occupare i ricoveri lungo il canale Dottori.
In questa sua avanzata è disturbata da fuoco di artiglieria nemica. La Brigata però continua la sua marcia attraverso il fondo valle collegandosi a sinistra col 13° fanteria della 14^ Divisione. 
Alcuni reparti dei battaglioni di prima linea giungono fino ai reticolati nemici.
Alle ore 21 la situazione della Brigata Messina è la seguente: due battaglioni del 94° più una compagnia in fondo valle a 100 metri circa dai reticolati - tre compagnie del 94° ed una del 93° nelle altura da q. 59 a q. 61 ; tre compagnie del 93° lungo la ferrovia a sud di q. 59.
Così disposta la Brigata passò tutta la notte.
Durante la notte 18 - 19 Luglio fuoco frequente di fucileria tra Brigata Messina e il nemico e fuoco di artiglieria.. Verso l'alba del 19 si riprende l'azione iniziata il giorno prima. la nostra artiglieria batte gli stessi obiettivi del giorno precedente.
Le fanterie nemiche battute dalla nostra artiglieria si ritirano nei trinceramenti dietro q. 70; la nostra fanteria avanza e verso le ore 7 due compagnie  del 1° battaglione del 94° occupano le trincee della vetta di q. 70 e sulla destra due compagnie del 3° battaglione del 94° ( battaglione del S.Ten. La Greca) occupano le seconde linee di trincee. Le rimanenti compagnie dei due battaglioni sono dietro di rincalzo.
Intanto fanteria nemica si addensa fra Doberdò e Monte Cosich; contro di essa si dirige il fuoco della nostra artiglieria.
La situazione rimane stazionaria fin verso le ore 10. A detta ora il nemico contrattacca violentemente sul fronte della fanteria sui due fianchi con intenso fuoco di mitragliatrici. Il 13° fanteria della 14^ Divisione che si trovava sulla sinistra del 1° battaglione del 94° non regge e ripiega disordinatamente verso la valle seguito ben presto da dale truppe  del 94° che erano rimaste scoperte dal fianco sinistro.
Il Comandante della Brigata Messina col suo aitante di campo tentano di arrestare in Selz la precipitosa ritirata; il primo rimane ferito, il secondo ucciso (trattasi del Colonello MAGGI Arturo e del Capitano LUTI Gaetano)


Dopo aver visto la descrizione dei fatti narrati dal Diario della 13^ divisione (Aussme) vediamo la  descrizione fatta dal Colonnello Santanera nella lettera scritta al fratello del S.Tenente La Greca:
" Il 18 Luglio iniziammo un'avcanzata in cui il fratello suo si è mostrato valorosissimo e sprezzante di ogni pericolo e col suo reparto la 10^ compagnia che unitamente ad un'altra compagnia nelle prime ore del 19 potettero conquistare la posizione designata dalle autorità superiori.
Io giunsi col rimanente del battaglione quando la compagnia cui apparteneva suo fratello stava già in posizione e attendeva rinforzi per procedere ad altro obiettivo. Poco tempo dopo il mio arrivo e mentre il battaglione iniziava la nuova manovra, suo fratello, impaziente della vittoria e insofferente di inazione, prese il fucile di un soldato e si mise a sparare contro i tiratori austriaci che molestavano molto i nostri con tiri ben diretti.
Nell'esecuzione di questi tiri e nel momento che metteva fuori la testa dalla trincea conquistata, una palla di di fucile lo colpiva ala fronte e il povero collega si ripiegava su se stesso abbandonando l'arma che con tanto zelo l'aveva impugnata per il raggiungimento degli ideali per i quali tutti noi combattiamo"


Quota 70 vista da  Q. 59 :




 
Monte Cosich visto da q. 59:

 

Mappa di fine Giugno 1915  con indicate le dislocazioni dei reparti della 14^ divisione nellòa zona di Selz;  le posizioni rimarranno invariate fino alla II^ battaglia dell'Isonzo con inizio il 18 Luglio 1915:










domenica 11 novembre 2018

S.Tenente BONGIOANNI Antonio



2° Reggimento Artiglieria da Montagna
Nato a  Poirino (TO) il 20 Gennaio 1895
Morto  Q.309 il 6 Novembre 1916
Sepolto a -----------



Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 

Offertosi volontariamente al comando di un pezzo in trincea di prima linea, col compito importantissimo di prendere di sorpresa ed alle spalle un tratto di trincea nemica, assolveva brillantemente l'incarico rendendo possibile l'avanzata dei nostri, nonostante fosse potentemente controbattuto dalle artiglierie nemiche che colpivano il riparo del pezzo e lo ferivano insieme a tutti i serventi. fattosi medicare solo dopo aver raggiunto lo scopo provvedeva nella note a far trasportare a spalle il pezzo avanti, per rafforzare la posizione conquistata nella giornata e dalla quale il dì seguente faceva fuoco efficace. Occupata poi con tutto il resto della batteria la terza posizione, mentre accudiva a lavori di rafforzamento, dando ai propri dipendenti fulgido esempio di calma e di coraggio sotto il tiro nemico, cadeva colpito in pieno da una grossa granata nemica. Già distintosi in precedenti combattimenti.
Lokvica, 1-6 Novembre 1916


Note Storiche:

Tratto dal libro di Achille Contino "Terza Armata":

La zona Segeti-Castagnevizza, appare sulla carta topografica con un disegno in forma ovale allungata, esattamente determinata dalle due ricordate strade del Pecinka e di Lokvica, entrambe tenute sotto la rigida soggezione delle artiglierie austriache. Piazzare in quei giorni di nervosismo e di furore nemico le nostre batterie, entro le doline fra la prima e la seconda linea di Quota 309, era cosa ritenuta impossibile. Anche se i pezzi, per miracolo di audacia e di fortuna, fossero arrivati sotto Quota 278, ove si spiegava la nostra linea di resistenza, il portarli più avanti, superare le pareti scoscese di Quota 309, trasportarli sull'accidentato terreno perfettamente scoperto agli sguardi del nemico e poi calarli nelle doline, sembrava opera superiore ad ogni forza umana. Eppure, dopo un paio di settimane che eravamo là a ricevere tutta l'orgogliosa dovizia dei calibri austriaci, senza avere il vicino conforto di qualche ritorsione, improvvisamente una bella notte, da una dolina di Quota 309 abbaiò una nostra batteria da campagna. Se i camerati artiglieri avessero visto la nostra gioia al primo colpo sferrato, ne sarebbero stati fieri, ed avrebbero liquidato tutte le munizioni per farci piacere. Il fante alzò la testa con l'orgoglio di chi comincia a dominare una situazione sino allora sfavorevole. — Ora siamo a posto. — Vedremo chi la fluirà prima! Pensammo subito che era doverosa una visita di ossequio e di ri-conoscenza ai nostri primi compagni artiglieri di Quota 309. Ci muovemmo in due ufficiali, quasi carponi, lungo la pietraia retrostante e, seguendo con l'orecchio l'origine dei colpi, si giunse al margine della dolina. Trovammo sull'estremo opposto del fondo, un po' in rialzo, una sezione di cannoni scudati, che, senza alcuna protezione sui pezzi, lavorava con imperturbabile tranquillità. Era comandata da due ufficiali giovanissimi, due ragazzi. Mentre uno di loro sorvegliava il tiro, l'altro ci pose al corrente delle sovrumane difficoltà superate per giungere a destino. Domandò notizie sulla... teoria dei tiri austriaci e chiese alcune informazioni sul terreno circostante per scegliere un punto favorevole per l'osservazione. E poi, quasi vergognandosi della richiesta, ci disse : - Avete da darmi qualche sigaretta? E' da due giorni che non fumo. Ci vuotammo le tasche, rammaricandoci di non avere su di noi mia provvista più abbondante. — Hai mangiato? — No! Non è arrivato ancora nè rancio nè mensa. — Ci pensiamo noi!
 Ritornati in linea, fu una gara di ufficiali e soldati per costituire con tutte le nostre riserve un buon cumulo di vivande assortite, due fiaschi di caffè riempiti dalle nostre bottiglie, e con il residuo delle borracce dei soldati, e con la stessa buona volontà e con tutto il cuore, anche un mezzo bidone di marsala. Verso la mattina due fanti portarono il tutto agli artiglieri e ritornarono con i loro più vivi ringraziamenti. Durante il giorno la batteria, per farci ancor più piacere, non cessò un momento di sparare. Era finita quella dolorosa ambascia dell'isolamento e dell'impari duello fra il fante nostro, e l'artigliere avversario che ci aveva così maltrattato per tanti giorni di seguito. E' vero, un sol fiore non faceva primavera, ma quella nostra batteria alle spalle era qualche cosa che pur valeva a fortificare il nostro spirito di trincea. Con la pratica ormai fattaci su la zona, e su le abitudini e le capacità del nemico, dovemmo presto accorgerci che il terreno era tastato con metodo per scovare la nostra batteria. Benchè questa ricerca alleggerisse alquanto la pressione di fuoco sulla nostra linea, si trepidava per la sorte di quei bravi ragazzi che non se ne davano per inteso, e seguitavano a far abbaiare i loro pezzi con la massima imperturbabilità. Circa gli effetti del tiro nemico si tenga presente che quel terreno era da lui conosciuto nei minimi dettagli e, forse già inquadrato prima di perderlo, per una efficace azione d'artiglieria. Una notte, dopo vari colpi da 305 giunti fragorosamente sulla quota, la batteria tacque. Non potete mai immaginare, camerati artiglieri, quante volte il fante ha benedetta la voce tonante delle vostre armi e quante volte ha trepidato per il vostro silenzio! Quella notte, sotto l'imperversare del pesante bombardamento nemico, l'attenzione di quattrocento uomini era concentrata verso la vostra dolina e tutti gli orecchi tesi per carpire il primo suono della vostra ripresa. Lasciano passare la bufera e fanno bene. Mi pare di aver sentito un loro colpo. La dolina è stretta ed è difficile... far buca. Quei ragazzi hanno del fegato, vedrai che ora rispondono!
Una raffica di proiettili, di fianco e di fronte, si rovesciò sulla nostra trincea contemporaneamente ad uno sventagliare di mitragliatrici che preludeva ad uno dei soliti attacchi mattinieri. Arrestammo anche quest'ultimo a distanza. Gli attacchi austriaci a Quota 309, non hanno mai portato truppe di assalto sotto la linea, almeno nel periodo del nostro turno. Erano invece caratterizzati da un ampio incrocio di tiri di fucile e di mitragliatrici, sempre dopo un breve periodo di bombardamento demolitore sulla nostra trincea. Però la nostra esperienza ci diceva, riferendoci in particolar modo alla scalare provenienza dei colpi avversari, che il nemico era fuori della propria linea e si teneva pronto ai margini delle doline, per compiere uno scatto fulmineo nell'eventualità di un nostro silenzio di morte, dopo lo spietato bombardamento di quelle misere difese. La ritorsione italiana fu sempre pronta, e l'avversario non volle mai darci la soddisfazione di farsi vedere in carne ed ossa. Non appena cessato l'attacco, cominciava la ricerca di notizie da parte dei comandi, per mezzo di quei telefoni da campo tanto caratteristici per la gracidante suoneria di avviso. Per disorientare la facile intercettazione da parte del nemico, dovevamo attenerci scrupolosamente ad un prestabilito linguaggio convenzionale. Passato il pericolo dell'attacco, dirigemmo nuovamente l'attenzione verso la nostra batteria. Quel prolungato silenzio c'insospettiva. 
Un ufficiale si recò nella dolina, ed al ritorno raccontò che i pezzi erano stati smantellati dagli obici austriaci, i due ufficiali e vari soldati erano morti e le spoglie già portate nelle retrovie. Un pesante scudo di acciaio di uno dei cannoni, era stato proiettato dall'esplosione sul ciglio della dolina, contorto e ripiegato come fragile foglia caduta dall'albero. 

Non so in quanti,leggendo queste righe del libro di Contino a raccontare le gesta di questa batteria, si siano chiesti chi fossero quei due Ufficiali. Sono rimasti ignoti nella memoria dello stesso autore del libro, il quale molto probabilmente si sarà domandato anche lui quali fossero i loro nomi, ma  come avviene molte volte in tanti libri che narrano le vicende  degli stessi autori  citando gli avvenimenti del loro trascorso in guerra, si trvano mancanti per varie circostanze di chi fossero gli autori dei vari episosi testimoniati e scritti da tantissimi reduci della Grande Guerra.
La stessa domanda se l'ha posta anche il sottoscritto con molta insistenza, sperando che oggi a 102 anni di distanza questa lacuna venisse colmata in qualche modo. Non sempre queste ricerche riescono a realizzarsi, il più delle volte con molto rammarico , devo arrendermi all'impossibilità di ricavare notizie utili che portano poi a una soluzione finale positiva della ricerca.
Questa volta dopo diverse ricerche e grazie al preziosissimo e grande aiuto dell'amico Amos Conti dove poi, confrontando varie fonti e materiale l'esito è stato benevolo e ho potuto dare un nome ai due Ufficiali citati nel racconto di Achille Contino.
Contino il suo libro lo scrisse a quasi vent'anni di distanza della fine della guerra, seppur preciso nel raccontare i vari fatti per i quali è stato testimone, non ha sempre seguito con esattezza  la cronologia e per questo non è stato semplice individuare l'episodio descritto con il giorno esatto. 
Per aver dato quais per certo che fosse nel mese di Novembre, ha facilitato le ricerche anche se inizialmente non trovando nulla, pensavo che l'autore avesse confuso il periodo.
Achille Contino Ufficiale del 29° fanteria Brigata Pisa il giorno 6 di Novembre si apprestava a dare il cambio assieme ai suoi commilitoni del reggimento al 5° Fanteria Brigata Aosta, dove questa dal 2 Novembre 1916 aveva presidiato la linea che era approssimativa in quanto nuova, dato che questa era frutto delle conquiste di terreno avvenute dopo la fine della IX^ battaglia dell'Isonzo (31 Ottobre - 4 Novembre 1916) e che aveva visto il fronte spostarsi sin quella zona dell'XI° Corpo d'Armata sulla linea dal Dosso Faiti quota 432 fino a scendere a Quota 366 - Quota 309 e poi finire di fronte l'abitato di Castagenvizza.
Il Reggimento di Contino il giorno 6 Novembre entrava in linea con la seguente dislocazione riportata sul diario della Brigata Pisa (USSME):
Comando a quota 278
II° battaglione a q. 291
III° a quota 278 
I° a quota 308. 

Leggendo la parte descritta da Contino, sembra effettivamente che l'episodio si riferisca ad  alcuni giorni dopoché il suo reparto si sia trovato già in linea, però credo che abbia confuso e sovvraposto vari episodi a cui ha assistito, mettendoli poi insieme in un unico. L'inganno poi nel cercare questi ufficiali era che lui stesso scrive che si trattava di una batteria da campagna e questo poteva benissimo essere probabile, ma cosi non fu, perchè si trattava di una batteria di artiglieria da Montagna che come vedremo e come anche la stessa motivazione della decorazione del Sottotenente Bongioanni dimostra che la stessa fu trasportata più volte fino a portarsi a ridosso della prima linea cosa più veritiera per pezzi da montagna più trasportabili essendo anche se da poco piu leggeri (calbro 65 cm) anche se la sommeggiata aveva cannoni da 70,  contro i 75 cm di quelli da campagna. 
La motivazione della medaglia d'argento conferita al  Bongioanni era un buon indizio per escludere altri artiglieri morti in quel mese non molti per fortuna e  si avvicinava di molto alla descrizione fatta da Contino. Però mancavano ancora delle conferme i , le quali le trovai grazie all'archivio e dell'Università di Torino, dove il BONGIOANNI ne era stato studente,cosi' ho potuto accertarmi  che si trattava della sua batteria e che uno dei due Ufficiali era proprio lui.
La descrizione che conferma le varie ipotesi fatte viene dalla lettera che fu inviata dopo la morte dell'Ufficiale alla madre d dal  Tenente Aliberti Alberto :
"  Vi narrerò con ordine la disgrazia. Quel povero figliolo si era recato con un pezzo in trincea di prima linea, a meno di 200 metri dalle linee nemiche ed aveva sparato tutti i suoi colpi ottenendo magnifici risultati e contribuendo moltissimo alla avanzata delle fanterie, così ben riuscita. Scoperto dalle artiglierie nemiche fu controbattuto con artiglierie grosse ed ebbe il capo pezzo ferito, il puntatore ed altri tre serventi feriti. Egli stesso fu leggermente ferito, ma non volle sapere di abbandonare il suo posto. Medicato in batteria continuava ad adoperarsi con quel entusiasmo che è caratteristico dei begli Artiglieri da Montagna. Avanzammo di notte colle nostre batterie portandosi in prima linea in un terreno battutissimo dai grossi calibri. Il povero Antonio col Tenente Gasparini star poco discosto dai suoi uomini intenti al lavoro quando sentirono il miagolio avvicinarsi di un grosso proiettile. il Bongioanni (presentimento?) ebbe il tempo di dire all'altro : " - Questo è per noi - " e furono presi in pieno dall'esplosione. Il Gasparini fu proiettato alcuni metri distante: ebbe un timpano rotto e da altre ferite e contusioni fortunatamente leggere. Il povero Antonio, li per li, non lo trovammo più girammo tutto il giorno e tutta la note per trovarlo ma non ci riuscì: avevamo perdute le speranze. Il mattino dopo a me toccava la triste sorte di ritrovarlo. Lo feci raccogliere dai suoi soldati che lo amavano tanto, portare indietro dove fu seppellito in un piccolo cimitero nel Vallone......"

A morire quel giorno fu solo il Sottotenente Bongioanni, mentre  il Tenente Gasparini e gli altri soldati colpiti rimasero feriti
Anche il Tenente Gasparini Bruto, che quasi sicuramente  era  l'altro ufficiale incontrato da Contino, fu decorato con medaglia di Bronzo con la seguente motivazione:

Gasparini Bruto da Urbino Tenente di Complemento reggimento artiglieria da montagna - Durante il periodo di preparazione dell'artiglieria, diede prova costante di coraggio e sprezzo del pericolo, espondendosi anche fuori trincea per meglio individuare mitragliatrici nemiche e per osservare i tiri della propria batteria. Avanzò arditamente con la fanteria, per riconoscere la nuova linea occupata una posizione adatta per un pezzo. Nel successivo approntamento di altra posizione avanzata, benchè ferito per lo scoppio di una granata nemica, diede ancora bell'esempoo di calma e coraggio nella ricerca di un suo compagno colpito in pieno e ne rincorare i suoi, mantenendoli saldi al lavoro.
Monte Pecinka, 1 - 6 Novembre 1916

Il Tenente Gasparini Bruto morirà il 31 maggio 1917 a Bologna per malattia, anche per lui il destino in quella guerra era segnato.(Gasperini sull'Albo d'oro)

Il sottotenente Bongioanni Antonio, si arruolò il 26 maggio 1915 come allievo ufficiale , partì per il fronte nel dicembre 1915 con il grado di Aspirante , fu promosso sottotenente nel marzo 1916 prese parte con il suo reparto la 20^ batteria del 2° reggimento artiglieria da montagna ai combattimenti nel Trentino durante l'offensiva Austriaca (Strafexpedition),  poi sul Sabotino, Pecinka, Veliki Hribach e Faiti (quota 309). Fu proposto per la medaglia d'oro , fu invece decorato con quella d'argento il 14 marzo 1917.

Così si chiude questa mia ricerca che ha portato a riconoscere i nomi di questi due ufficiali dati entrambi come  da Contino, in quell'episodio fu così solo per Bongioanni e Gasperini lo seguì nel uguale destino mesi dopo per malattia

Ringrazio infinitamente per l'aiuto dato Amos Conti


Mappa con indicata la zona di quota 291 e quota 309:

Fotografia che ritrae la zona di quota 278 e del Pecinka



giovedì 1 novembre 2018

S.Tenente RIQUIER Alberto





72° Batteria Bombardieri

Nato a Parma il 20 Settembre 1892
Morto a Dolina Aosta il 17 Settembre 1917
Sepolto a --------



Decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare 

Subalterno di batteria, continuava il fuoco, finché l'ultimo pezzo, da lui stesso servito veniva smontato dal tiro nemico. Esempio ammirevole di bravura ai suoi dipendenti.
Castagnevizza, 14 Maggio 1917 

Note Storiche:

La 72^ batteria Bombarde da 240, apparteneva al II Gruppo 2° raggruppamento XI° Corpo d'armata. Durante la X^ offensiva dell'Isonzo nel Maggio 1917  la batteria era posizionata nella Dolina Bari poco a Sud della quota 309, dove all'inizio di questa offensiva, fu colpita da una bomba incendiaria che provocando lo scoppio delle cariche di lancio delle munizioni uccise parecchi serventi  ed ferì gravemente il Comandante Tenente VERDINOIS perla quale venne decorato di Medaglia di Bronzo, dopo aver ricevuto una d'Argento per le azioni dell Ottobre 1916 zona Loquizza- Pecinka..
Motivazione della decorazione della Medaglia di Bronzo:
"Incaricato delle direzione ed osservazione del tiro della propria batteria, spontaneneamente si recava ai pezzi più controbattuti dal tiro nemico e, incurante del pericolo, incitava alla calma i serventi. Funzionava anche da capopezzo, quando i grossi calibri avversari, che controbattevano violentemente la sezione, produssero lo scoppio delle cariche di batteria e di un deposito di munizioni di Fanteria.
Dolina Bari,12.23 Maggio 1917
 In questa occasione entrambi gli ufficiali si salvarono, Verdinois proseguì anche dopo la guerra la carriera militare dove partecipo anche alla seconda guerra mondiale, nelle operazione dell'Esercito Italiano in Montenegro.
La sorte non fu benevole per il Sottotenente RIQUIER, che trovò la morte alcuni mesi dopo poco più a nord della dolina sopracitata, inquanto la 72° Batteria, fu posizionata con i suoi pezzi dall'Agosto 1917 per l'XI^ battaglia nella Dolina Aosta.
Anche in questa offensiva riuscì a uscirne vivo, ma non fu così in un giorno di settembre precisamente il 17, a tre giorni dal suo compleanno, quando durante un fuoco di artiglieria Austriaca che interessò le posizioni Italiane, soprattutto quelle dell'XI^ C.A. dove il diario della III^ Armata descrive cosi' quello che accadde quel giorno:
- Nella notte il nemico batte, con artiglieria di piccolo e medio calibro, le prime linee, i camminamenti; le doline retrostanti e le vie di comunicazione dei sotto settori. La nostra Artiglieria, oltre i consueti tiri di disturbo e di interdizione, batte in maniera non trascurabile al buon successo di una ripresa offensiva.."
In questo fuoco di artiglieria Austriaca citato, una granata colpi nella Dolina Aosta le munizioni e razzi nella cavernone di questa, provocando un grandissimo incendio dove trovarono la morte più di cento soldati, la maggior parte appartenevano  al 216° Fanteria Brigata Tevere, altri delle batterie Bombarde 121^ e 72^.  Sembra e anche molto probabile che il colpo d'artiglieria entrò nel buco di sfiato della caverna. Tra questi uomini caduti della 72^ batteria c'era  il Sottotenente RIQUIER  Alberto.



Mappa dell'XI° C.A. del 1917 (USSME) con indicata la Dolina Aosta:





Corona deposta a ricordo dei Caduti della 72^ Batteria Bombarde, all'interno della Caverna nella Dolina Aosta (foto 2010):




Interno della Caverna chiamata "Dell'Orso"




Sfiato della stessa caverna visto dall'esterno dove con molta probabilità entrò il colpo che produsse l'incendio  al suo interno:





Pianta della Caverna, da notare nel disegno a sx  il buco di sfiato :


Ringrazio per l'aiuto ricevuto da Francesco PIERANTONI per le ricerche riguardanti il Tenente VERDINOIS e anche per altre info.









 


venerdì 19 ottobre 2018

Soldato MICCIO Raffaele






30° Fanteria Brigata Pisa

Nato a Sorrento il 1 Luglio 1889
Disperso a Sagrado il 9 Giugno 1915





Note Storiche:



Ho voluto scegliere  il soldato MICCIO Raffaele  a rappresentare tutti i caduti del suo  reggimento nell'azione  del 9 Giugno 1915.
Il Suo Reggimento che unitamente al 29° formava la Brigata Pisa, quel giorno aveva il compito di attraversare il fiume Isonzo all'altezza di Sagrado e successivamente conquistarla in modo da sostenere gli attacchi  alla destra presso Castelnuovo della 19^ Divisione in modo che la zona conquistata fosse ampliata.
In queste note vedremo vari contenuti e informazioni di quello che accadde quel giorno, anche se purtroppo come si vedrà alla fine, pur avendo una spiegazione dettagliata non si riesce nonostante il consulto di Diari storici dei Reparti e altre informazioni ad avere una verità completa dei fatti che come vedremo ci saranno anche  delle incongruenze.

Cominciamo con la descrizione dell'azione dal diario della III^ Armata:

"ll comandante del XI° C.A (Ten. Gen CIGLIANA)  aveva affidato alla 21 divisione il compito d’impadronirsi delle posizioni nemiche sulla fronte Sagrado=Sdraussina . A sua volta il comandante della divisione ( Ten. Gen. MAZZOLI) aveva affidato alla brigata Pisa l’esecuzione delle operazioni per il passaggio del fiume.
La scarsezza del materiale, come fu detto, disponibile, obbliga ad iniziare il gettamento di un solo ponte anziché di due. E’ scelto per il gittamento un punto a 200 m. circa a monte di Sagrado ed i lavori hanno principio alle 22,30, contemporaneamente al traghetto di due battaglioni. del 30° fanteria destinati in avanguardia. Le operazioni procedono da prima ordinate e spedite senza essere disturbate dal nemico e viene traghettato un intero battaglione e parte dell’altro con drappelli del genio, i quali reparti muovono subito verso la ferrovia, la oltrepassano e si aggrappano alle pendici del contrafforte che termina su Sagrado. Una compagnia di rincalzo respinge una compagnia nemica che minaccia il fianco sinistro e fa alcuni prigionieri.
Il ponte di equipaggio intanto progredisce e all’alba mancano solamente tre campate per raggiungere l’isolotto del fiume; ma in tale momento l’artiglieria nemica comincia un tiro ben aggiustato sul ponte, distruggendone le campate di testa. I lavori vengono temporaneamente sospesi, ma, quando ne viene tentata la ripresa, nuove raffiche di artiglieria nemica obbligano nuovamente a sospenderli, e questa volta in modo definitivo, perché sono rimaste danneggiate le campate del ponte di riva destra, alcune campate del centro e perché ormai il materiale è divenuto insufficiente per completare il ponte.
Le truppe rimaste sulla riva sinistra e sull’isolotto vengono intanto avvolte da intenso fuoco nemico; le prime però, ritiratesi sulla riva, vi si trincerano e vi si mantengono saldamente, nonostante la precaria posizione in cui sono venute a trovarsi dopo la interruzione delle comunicazioni attraverso il fiume. Anche il traghetto verso la riva sinistra viene sospeso per evitare gravi perdite, e le operazioni di ripiegamento si limitano al trasporto di una parte dei feriti rimasti sull’isolotto. Il ponte viene ritirato e le operazioni per il recupero degli uomini e del materiale rimandato alla notte. Il comd. del corpo d’armata richiede il concorso delle battere 149G di Moraro e di altre batterie da campagna per battere le posizioni nemiche e fa spostare parte della brigata Regina per un concorso diretto di fucileria.
Nella notte vengono traghettate sulla riva destra, senza incontrare difficoltà, la massima parte delle truppe rimaste sull’isolotto e sulla riva sinistra, le quali trascinano seco anche alcuni prigionieri."

Riportiamo ora i fatti  descritti dal Diario della 21^ Divisione che faceva parte la Brigata Pisa:

8 Giugno 1915:

Alle ore 16 inizia il fuoco di quasi tutte le batterie, intanto a Gradisca ora è riunito tutto il materiale da ponte disponibile.
Da una nuova più accurata ricognizione del fiume, risulta che per la sua larghezza, non si potrà gettare che un solo ponte a che per ragioni di accesso lo si deve gettare a 400 metri circa  a monte del ponte distrutto di Sagrado in corrispondenza di un isolotto, giacché in quel punto l'argine è rotto.
Alle ore 20 il fuoco dell'artiglieria che tirano sul terreno basso di riva sinistra dell'Isonzo viene diretto più in alto - L'equipaggio da ponte  si muove sulla strada  di accesso sul luogo del gittamento del ponte. Ma poichè la fucileria nemica dalle trincee basse di riva sinistra non è stata ancora neutralizzata si ordina che almeno una azione di artiglieria da campagna si avanzi fino all'argine per distruggere le trincee blindate , pare costruite in cemento armato (sic). Ma nel sopraggiungere dell'oscurità i pezzi non riescono a portarsi in posizione.
Intanto si comincia a mettere in acqua le barche, mentre il nemico apre  il fuoco di fucileria, ma senza alcuna efficacia. Così si riesce a portare sulla riva sinistra circa 6 compagnie, della quale 5 restano all'isolotto. Alle ore 24 si inizia il gittamento del ponte mentre continua il fuoco di fucileria.

9 Giugno 1915

Seguono le operazioni per il gittamento del ponte e per il passaggio del fiume, ma alle ore 1 il fuoco di fucileria avversario stava aumentando di efficacia e ne ritarda l'esecuzione. La truppa dei pontieri comincia subire qualche perdita. Si riesce però a mettere in acqua circa 70 metri di ponte e la fucileria accenna a diminuire.
Verso le ore 4 mentre i lavori del ponte procedono più speditamente, viene iniziato contro il ponte stesso il tiro dell'artiglieria nemica che dapprima incerto va in seguito aggiustandosi tanto che in pochi minuti i danni sono gravi. Il comandante della Brigata Pisa ( Magg. Gen. D'AGATA) , chiede subito che tale tiro sia controbattuto dalle nostre artiglierie . Diverse batterie infatti aprono il fuoco cercando di attirare su di loro quello avversario, ma ciò non vieta che il  ponte sia ancora bersaglio di numerosi colpi. Alle ore 8.35 il Comandante della Brigata Regina segnala che è stato diretto contro Monte Fortin un nutrito fuoco di fucileria che non cagiona danni. Contemporaneamente una batteria del 35° Art. pende posizione per battere il fronte sulle trincee a livello della linea ferroviaria, ma il fuoco d'artiglieria continua violento contro il punto ove sono raccolte le truppe postate sulla riva sinistra, e ciò induce il Comando della Brigata Pisa a ordinare che i barconi comincino a ritraghettare sulla rive destra la truppa. La Brigata Regina tiene saldamente la propria posizione. La violenza del tiro avversaria impedisce di continuare la traversata del fiume. Alle ore 10.30 il passaggio è sospeso, mentre in ordine isolato traversano a nuoto il fiume.
Il comandante della Divisione (MAZZOLI), si porta a Gradisca per assumere la direzione delle operazioni. Col cadere della notte si tenterà un opera di salvataggio degli uomini passati sulla sinistra.
Il Comando della Brigata Regina avuta conoscenza della situazione  della Brigata Pisa, invia un battaglione del 10° Fanteria coll'incarico di sostenere la posizione. - tale battaglione si porta ad ovest della località Bruma, pronto ad intervenire.
Il Comando di C.A. ordina l'intervento delle batterie di medio calibro di Mariano per battere la parte bassa della linea ferroviaria e la presa d'acqua del canale di Monfalcone (Dottori) - ordina pure che non appena raccolto tutto il reggimento. il 30°  fanteria si porti di riserva a Gradisca  e sia sostituito dal 29° . Si emana ordini in tale senso che  la sostituzione avvenga all'alba del giorno seguente.
Alle ore 17 il Comandante del Genio di Corpo d'Armata studia sul posto l'organizzazione del lavoro per il salvataggio dei militari rimasti sulla sponda sinistra, lavoro che dovrà iniziarsi col cadere della notte e proseguire fino a compimento.
Le perdite del 30° fanteria segnalate dal diario sono di 23 morti tra i quali un ufficiale e 118 feriti, ma come vedremo alla fine le cifre saranno ben diverse.

10 Giugno 1915

Il Lavoro di salvataggio iniziato all'una continua indisturbato fino all'alba. Da un calcolo approfondito furono trasportati sulla riva destra circa 400 uomini compresi una cinquantina di feriti, che vennero sollecitamente avviati a mezzo camions, alla sezione sanità di Romans.

Vediamo ora cosa scrive della giornata del 9 Giugno il Diario della Brigata Pisa:

9 Giugno (mercoledì)
Continua l'azione del giorno precedente. Quando il ponte gettato sull'Isonzo ha già raggiunto la lunghezza di 70 metri e mentre il 4° battaglione e i primi reparti del 2° del 30° fanteria ed il reparto zappatori del genio sono già pervenuti in quell'isolotto che trovasi in quel tratto di fiume e parte di essi, traghettati sull'altro ramo di questo, si avviano verso la linea ferroviaria sulla sinistra dell'Isonzo, coi primi albori, l'artiglieria e la fucileria nemiche, con tiri ben aggiustati, aprono il fuoco sul ponte ed i pontieri costringendo a sospendere il traghetto delle altre truppe ed il lavoro di gittamento del ponte, lavoro che è però ben presto ripreso profittandosi di un violento temporale che annebbia l'aria — Ma il nemico riapre il fuoco e ben tosto distrugge completamente il tratto di ponte già costruito impossibilitando la ripresa del lavoro, dopo di che si rivolge contro la fanteria che è già avviata sulle pendici del contrafforte che termina a Sagrado ed ha avuto occasione di battere una compagnia avversaria, di cui una parte si è arresa, e sta per raggiungere con le compagnie di 1^ linea, la cresta dell'altura di Sagrado.
Battuti violentemente dal fuoco nemico, tutti i reparti sono costretti a ridursi fin sul greto del fiume ove si concentrano e si sistemano alla meglio con trincee.
Viene ordinato il ripiegamento di detti reparti sulla destra del fiume a mezzo di barconi del genio e passano alcuni drappelli e parecchi feriti, ma il fuoco nemico,, sempre più violento ed efficace fa affondare alcuni galleggianti del trasporto ed obbliga a sospendere anche questa operazione - Tutti gli altri reparti del 30°, in trincea lungo l'argine sulla destra dell'Isonzo, col fuoco cercano di proteggere il ritorno dei reparti  alla sinistra ed anch'essi sono soggetti a violento fuoco avversario, mentre la nostra artiglieria controbatte quella nemica senza riuscire a tacitarla.
Così giunge la notte: il fuoco nemico si calma finchè finisce totalmente.
Alle 22 si ripiglia il trasporto sulla destra dell'Isonzo dei feriti e dei raparti sospeso al mattino.
Tempo a tratti sereno a tratti piovoso.


Il diario della Brigata Pisa conferma quello già scritto in maniera anche maggiormente dettagliata da quelli della 21^ Divisione e della III^ Armata. Riuscirà invece dare ulteriori e ben precisi dettagli nella narrazione dei fatti che è riportata dal libro di Luigi Lastrico " L'Arma del Genio nella Grande Guerra 1915-1918" dove vengono raccontati  le gesta dei reparti del genio che oprarono in quel settore il giorno 9 Giugno 1915:

Più a monte del VII corpo in corrispondenza dell'abitato di Gradisca era in linea l'XI corpo d'armata che nel periodo precedente si era avvicinato all'Isonzo colla sua 21a divisione di fanteria impe-gnando il nemico con minacce di forzamento del fiume e che il 7 giugno ebbe ordine di tentare il passaggio a Sagrado. La 2 I a divisione a ciò si accinse la sera del giorno 8 col concorso della 5a compagnia pontieri, della propria compagnia zappatori divisionale ( e del 1° reggimento)che fino al 7 giugno era stata a di-sposizione della 13a divisione per il passaggio del fiume più a valle e della sezione da ponte della 23^ divisione di cavalleria. A seguito delle ricognizioni eseguite dalla sezione da ponte per cavalleria, fu stabilito di eseguire i traghetti e di gettare il ponte a circa 750 metri a monte dell'interrotto ponte di ferro di Sagrado ed in corrispondenza di una carrareccia dipartentesi dal cimitero di Gradisca. Il comando della divisione dispose che la a compagnia pontieri incominciasse immediatamente il traghettamento di due battaglioni del 30° fanteria e subito dopo il gittamento del ponte, che la e compagnia zappatori del 1° reggimento destinasse un plotone all'avanguardia da traghettarsi sulla riva sinistra per costituire testa di ponte e per provvedere all'eventuale distruzione di reticolati nemici, lasciando a Gradisca la sezione da ponte, che con quella di cavalleria doveva restare in riserva. L'operazione ebbe inizio a notte inoltrata. Raggiunta la riva dopo le ore 22,30 del giorno 8, la compagnia pontieri varò subito una ventina di barche ed iniziò contemporaneamente il traghetto del IV battaglione del 30° fanteria ed il gettamento del ponte di equipaggio di barche e cavalletti. Le operazioni di traghettamento continuarono fino all'alba e permisero di trasportare parte su di un isolotto di ghiaia e parte sulla riva sinistra attraverso un secondo breve ramo del fiume circa 1300 fanti dei battaglioni IV e II del 30° fanteria ed il plotone della compagnia zappatori che doveva accompagnarli.
Al completamento del ponte, fra la riva destra e l'isolotto mancavano appena quattro impalcate. In quel punto il nemico, avvistata la manovra, incominciava il suo tiro di fucileria che si fece sempre più fitto e fu seguito poi da quello di artiglieria che bersagliava il ponte in costruzione, il traghetto ed il ghiaione sul quale i fanti e zappatori erano allo scoperto e in buon numero furono messi fuori combattimento. La manovra momentaneamente sospesa fu ripresa di li a poco e permise di gettare altre due campate; ma richiamò nuovamente il tiro nemico che colpì mortalmente 4 pontieri e ne ferì 11, fra i quali il tenente Fiorito Alessandro che due volte aveva condotto i suoi uomini alla testa del ponte. Sospesa di nuovo la manovra e sopravvenuto un temporale di questo si cercò di approfittare per ritentarla, ma più violenta intervenne la fucileria nemica e di lì a poco anche il tiro di artiglieria che colpì varie volte il ponte il quale, spezzato in tre parti, veniva trascinato dalla corrente. Intanto i nostri fanti che erano sulla riva sinistra avevano iniziato l'attacco verso le colline di Castelnuovo catturando anche una ventina di prigionieri, ma attirarono una violenta reazione nemica e segnatamente il tiro micidiale dell'artiglieria proveniente dalle falde del M. San Michele e diretto con precisione dall'osservatorio di quota 170. Cosi mentre un intero battaglione e due compagnie di fanti del 30°, assieme al plotone della compagnia zappatori, restavano bloccati nell'isolotto ghiaioso ed esposto al tiro nemico, le altre due compagnie di fanteria venivano decimate e in gran parte catturate. A tentar di riportare sulla riva destra fanti e zappatori si accinse la 5a compagnia pontieri, che già nelle successive fasi dell'azione aveva subite altre gravi perdite in uomini e quadrupedi e nel materiale e che sotto il vivo fuoco del nemico armò alcuni barconi che ricondussero sulla riva destra quanto si poté caricare nell'isolotto, subendo però nuove perdite. Il nemico infatti diresse il suo fuoco intenso ed aggiustato sui barconi, sfasciandone qualcuno, danneggiando gli altri e colpendo anche gli uomini imbarcati parte dei quali caddero in acqua affogando. Si dovette sospendere perciò anche questa manovra che fu ripresa nella notte fra il 9 ed il io mediante traghettamento operato più a monte dalla sezione da ponte della 2a divisione di cavalleria.
All'uopo si dovette anche ricavare un accesso al fiume nell'argine di riva destra, ciò che fu fatto dalla sezione stessa e dalla 4a compagnia zappatori nel pomeriggio del 9. La manovra iniziata alle 21 agli ordini diretti del comandante del genio del corpo d'armata e preceduta dallo stendimento di una fune alzaia atta a facilitarla, continuò fino all'alba senza disturbo da parte del nemico che aveva concentrato il tiro sul luogo del precedente passaggio. Colle 4 barche della sezione da ponte per cavalleria furono così messi in salvo 400 fanti, parecchi dei quali feriti e 19 prigionieri. Sul far del giorno io si occultarono sulla riva destra barche e materiali e nelle due notti successive si ripetè nello stesso punto la manovra per il ricupero delle armi e del materiale abbandonato sull'isolotto e sulla riva sinistra e di qualche ferito colà rimasto. La 58^ compagnia pontieri curò il ricupero di quanto fu possibile salvare del distrutto ponte di equipaggio. Il plotone della 4a compagnia zappatori del 1° reggimento che era stato traghettato sull'isolotto condivise la sorte dei fanti, contribuì validamente ai lavori di rafforzamento compiuti su quel ghiaione scoperto in assai precarie condizioni e subì gloriosissime perdite, essendo tornati sulla riva sinistra solo 18 dei 33 zappatori che lo componevano oltre il comandante. I reparti del genio suddetti nei due giorni 9 e io giugno subirono le seguenti perdite : 5a compagnia pontieri: morti 5 pontieri; feriti : 1 ufficiale e 15 pontieri; dispersi 4 pontieri. 4a compagnia zappatori del 1° reggimento: morti o dispersi : 15 zappatori; feriti : 3 zappatori : sezione da ponte della 2a divisione di cavalleria: feriti un ufficiale ed un pontiere. Ai più valorosi della 5a compagnia pontieri furono concesse 5 medaglie d'argento ed 8 di bronzo e 3 encomi solenni. Ecco le belle motivazioni delle medaglie d'argento concesse al tenente Fiorito ed al caduto pontiere Mangiarotti :
FIORITO ALESSANDRO, da Nole (Torino), tenente reggimento genio. - Comandato alla testa di un ponte in costruzione sull'Isonzo, riprendeva animosamente il lavoro momentaneamente interrotto per danni prodotti dal vivo fuoco nemico, riuscendo col suo esempio ad infondere fiducia e coraggio nei suoi dipendenti, finché, ferito, dovette abbandonare il suo posto.   Gradisca, 9 giugno 1915 ».
MANGIAROTTI EDOARDO, da Monticelli d'Ongina (Piacenza) soldato reggimento genio. - Durante il gittamento di un ponte d'equipaggio e nelle operazioni di salvataggio, dava prova di coraggio e di spirito di sacrificio, rimanendo più volte ferito. — Sagrado, 9 giugno 1915 ».
Gli altri tre decorati con medaglia d'argento furono il sergente Maestri Giovanni, il caporale Zanardi Cesare ed il pontiere Mora Giuseppe. Della 4^ compagnia zappatori ebbe la medaglia di bronzo il sottotenente Infante Mario. A sua volta il maggiore Lebrun Eugenio, ufficiale superiore del genio addetto al comando della 21^ divisione, fu premiato con medaglia d'argento con la seguente motivazione: « LEBRUN EUGENIO, da Napoli, maggiore reggimento genio. -Sotto violento fuoco di artiglieria e di fucileria nemica, che causava numerose perdite nel personale e distruggeva molto materiale messo in opera, dava, con energica fermezza, calma e sangue freddo, disposizioni ed ordini pel traghettamento di reparti di fanteria sulla sinistra dell'Isonzo ed, in seguito, per la costruzione di un ponte di barche, assicurando in tal modo il passaggio di quasi un intero battaglione.   Gradisca, 23 e 24 giugno 1915. Si distinse anche il-9 giugno, per il gittamento di un ponte a Gradisca ».

Questi erano i fatti da tratti da fonti ufficiali, vediamo ora due testimonianze di quel giorno riportate sul libro di Giorgio LONGO "Le Battaglie Dimenticate - La Fanteria Italiana nell'Inferno Carsico del S.Michele" :

"[...J Mi ricordo la prima strage. Eravamo ancora di là dell'Isonzo, dinanzi a Sagrado in attesa. Una notte arriva l'ordine di tentare il passaggio del fiume. Approfittando dell'oscurità, su una passerella improvvisata, tutto un battaglione al completo riesce a sfilare alla chetichella. Gli Austriaci, nemmeno un segno di vita: pareva che non ci fosse nessuno laggiù. Un portaordini ritorna, comunica che il reparto sta prendendo posizione, infiltrandosi attraverso la boscaglia. Tutto è facile, semplice, primitivo. Scaglionati lungo la riva destra, nella notte aspettavamo di passare anche noi. D'improvviso scoppia una sparatoria, serrata, rabbiosa, che si propaga nel buio come un fuoco di paglia: l'artiglieria nemica si sveglia di soprassalto, sbuca con vampe subitanee da ogni dove.
L' Isonzo zampilla di cannonate. Corre l'ordine di passare anche noi sull'altra riva, in soccorso. Non si può. La passerella è saltata, viene trascinata via dalla corrente. Abbiamo dovuto assistere, senza poter far nulla, alla tragedia che si svolgeva di là. La fucileria durò parecchio: poi, a poco a poco, si diradò; giungevano fino a noi urla, invocazioni disperate, clamori, lamenti laceranti di feriti. Che si poteva fare? Sparare? E dove? Nella mischia, a casaccio? Furono massacrati, tutti; di prigionieri qui, con questa tensione esasperata, non si sente nemmeno parlare. Infine la fucileria cessò del tutto e non giunse fino a noi che uno sgomentevole urlio che continuò fino all'alba"!


segue la seconda descrizione di un altro  protagonista  di quell'azione:

Incominciò verso le ore cinque pomeridiane dell 'Otto giugno 1915 un tremendo bombardamento alle trincee austriache al di là dell 'Isonzo; di fronte a noi in mezzo al fiume vi era un isolotto di sabbia. Nella notte dell '8 si doveva costruire un ponte che si appoggiasse all'isolotto e toccasse poi l'altra sponda. Il capitano mi consegnò un disco rosso che dovevo legarmi sulla schiena — questo disco doveva servire di segnale per il nostro Osservatorio di batteria, destinata ad accompagnare con una cortina di fioco l 'avanzata delle nostre truppe al di là dell 'Isonzo. Consegna precisa e terribile era quella di non firmarmi vivo per nessun motivo e fare in modo di essere col primo velo di truppe d'assalto per evitare che qualche granata o "shrapnel" cadesse sui nostri fanti. Disco rosso con cinghia, moschetto, pistola, tascapane pieno di cartucce, viveri di riserva: vado al Comando di battaglione. Gli ufficiali di fanteria si misero a ridere quando mi presentai. Mi affidarono ad un sergente destinato alla prima ondata prevista per le due di notte, ora in cui si presumeva ultimato il ponte di barche che i pontieri dovevano costruire. Quando, verso la mezzanotte venne dato l'ordine di uscire dalle trincee, ci disponemmo a partire in file indiane. Percorremmo quel tratto di ponte ultimato fino all'isolotto e là si rimase per due ore circa in attesa che si compisse l'opera. Io credo ancora oggi che eravamo incoscienti o ignari del pericolo che ci incombeva, perché ricordo che tutti ridevano sommessamente della proibizione assoluta di fumare che ci era stata impartita prima di partire. Tranquillamente osservavamo gli scoppi delle granate che si abbattevano sul versante opposto del fiume e motteggiavamo i soldati del genio che passavano carichi di tavole per la continuazione del ponte oltre l'isolotto Verso le ore cinque del mattino venne dato l'ordine di attaccare. 11 ponte era finito: bisognava passare, disporsi sdraiati di fronte alle trincee nemiche e attendere il fischio del Maggiore ed il grido di "Savoia!". Col mio moschetto carico ed il disco rosso assicurato alla schiena attesi il segnale. Ero sul greto del fiume a pochi metri dagli scoppi delle nostre granate che si abbattevano sulle trincee nemiche. Albeggiava quando venne dato il segnale: tutti balzammo in piedi e, via di corsa verso le trincee. Io saltai dentro passando attraverso un varco del reticolato, tenendo stretto il moschetto a baionetta triangolare. Rimasi assai male a non vedere nemmeno la faccia di un Austriaco. Proseguii con qualche soldato dei più intraprendenti per alcune diecine di metri, quando si scatenò un uragano di cannonate e di fucilate: queste dirette a noi, quelle al ponte. Dopo pochi minuti fummo attaccati dal nemico e ci difendemmo brava-mente a fucilate di modo che non poté avvicinarsi troppo. Il ponte era ormai a pezzi e l'acqua del fiume lo portava verso il mare. D'un tratto passò la voce: "Al «fiume"; era il comando di ripiegamento. Senza scomporci, ognuno di noi faceva dei piccoli balzi indietro tra un colpo e l'altro di fucile, finché non arrivammo al fiume. Sulla riva incominciò allora la lotta a baionettate perché eravamo rimasti tutti senza cartucce: anche gli Austriaci credo che non ne avessero, perché ci lanciavano contro certi ordigni a noi allora sconosciuti: le bombe a mano. Che fare? Mi sembrava che la baionetta non fosse che un gingillo contro i mezzi del nemico... Non mi rimaneva che seguire l'esempio dei compagni di fanteria che si buttavano in acqua per raggiungere l 'isolotto; l'acqua non era più alta di un metro e mezzo e non faceva affatto freddo. Raggiunto l'isolotto mi sdraiai sulla sabbia con un centinaio di superstiti; si sperava nell'aiuto dei compagni rimasti al di là del .fiume. Eravamo certi che avrebbero gettato un altro ponte. Ognuno si scavò la propria buca e attese, senza poter reagire alle fucilate degli Austriaci trincerati sull'altra riva. Giornata infernale. Dalle otto del mattino fino alla sera alle nove ,fummo il bersaglio di tutte le armi nemiche. Fucilate, raffiche di mitragliatrice, cannonate per tutti, vivi e morti. Forse il disco rosso sulla schiena fu la mia salvezza, perché i colpi a me diretti ammazzavano i miei vicini. Calò la notte... non venne aiuto di sorta. Ridotti ad una diecina raggiungemmo a nuoto la nostra sponda. Verso la mezzanotte ritornai alla mia batteria dopo aver vagato attraverso i campi vicini; la corrente mi aveva trasportato più a sud del punto di partenza. I- ...1 Da quel giorno l'isolotto fu chiamato ""L 'isola della morte"!


Da una considerazione presa  dalle descrizioni dei fatti delle fonti ufficiali sopra riportati, si sono potute accertare diverse incongruenze tra i vari reparti che le hanno narrate. In modo vistoso, si nota  la differenza della posizione in cui è stato gittato il ponte che varia dai 200 metri a Nord dal ponte di ferro di Sagrado per la III^ Armata, ai 400 metri per la 21^ Divisione e infine 750 metri per i reparti del Genio. La più credibile come fonte esatta si presume che lo sia quella del Genio la quale, riporta con  esattezza il luogo dove è stato preparato il materiale proveniente dalla carrareccia di Gradisca, per il gittamento del ponte. Si presume che la differenza della misure così diverse  si sia potuta avere in considerazione  anche del traghettamento dei reparti dei due battaglioni del 30° fanteria, tanto che questo non abbia portato a scrivere in maniera unisona tutti i diari dei reparti coinvolti nell'azione.
Sicuramente lo svolgimento di questa operazione  è stata eseguita con molti errori di preparazione, soprattutto con una scarso supporto dell'artiglieria ,la quale è stata chiamata in causa solamente dopo che i reparti approdati sulla riva sinistra si sono trovati in difficoltà causa il tiro nemico di fucileria e artiglieria, tanto che quest'ultimo  produceva la distruzione di una parte del ponte che si stava costruendo, lasciando isolati i due battaglioni del 30° Fanteria. e facendo si che la totale operazione alla fine fallisse.

Le perdite totali ed esatte di quella azione si possono ora conteggiare in maniera più esatta:
Riportando che sul Riassunto storico del 30° Reggimento dal giorno 5 al 22 Giugno 1915 porta ad avere le seguenti cifre :  

Ufficiali : Morti 1 - Feriti 3 - Dispersi 3
Truppa   : Morti 47 - Feriti 220 - Dispersi 295.

Da un calcolo più preciso effettuato oggi si possono invece constatare molte differenze sui dati  che sono stati riportati sopra.
Sull'albo d'oro dal 5 al 22 Giugno i morti in totale sono stati 152, considerando i morti avvenuti nelle sezioni di sanità sia per ferite in combattimento che per malattia.
Il  9 Giugno 1915 , giorno dell'azione sopra descritta, le perdite totali tra morti e dispersi ammontarono a 82 uomini compreso un ufficiale il Sottotenente BAGNULO Luigi. i dispersi furono 50 quasi tutti annegati sul fiume Isonzo.
Se si tiene conto che i dispersi dichiarati in totale furono 298 compresi i tre ufficiali, togliendo i 50 dispersi del giorno 9 che sono da ritenere morti, i prigionieri in totale fatti dagli Austriaci furono di 248 uomini.
Si deve tenere conto che i morti o dispersi potrebbero essere anche di più, dato che non tutti i caduti sono elencati nell'Albo D'Oro e qui conteggiati.
Queste perdite vanno poi a sommarsi a quelle subite dai reparti del Genio che sono state elencate sopra nella parte dedicata tratta dal libro di  Luigi Lastrico " L'Arma del Genio nella Grande Guerra 1915-1918".

Ora possiamo avere un quadro più preciso di quello che avvenne quel giorno a  Sagrado, certo non ci saranno stati i 2000 morti come sono stati affermati  nella testimonianza di chi vi prese parte, ma sicuramente le perdite furono moltissime. Pper questo credo e ribadisco che queste battaglie, operazioni o come ben le si voglia chiamare, che escono dalle giornate incluse nelle grandi battaglie che si svolsero sull'Isonzo e sul Carso, dal 1915 al 1917, devono essere ricordate per non dimenticare  coloro che vi presero parte e che vi morirono.



Mappa con indicato l'isolotto sul Fiume Isonzo nei pressi di Sagrado:


Foto attuale presa da Bosco Lancia con indicati il Ponte di Ferro di Sagrado e l'Isolotto detto anche Isola dei Morti:


"L'isola dei morti" ai giorni nostri:


Ringrazio per l'aiuto per la ricostruzione dei dati dei caduti Federica Delunardo