30° Fanteria Brigata Pisa
Nato a Sorrento il 1 Luglio 1889
Disperso a Sagrado il 9 Giugno 1915
Note Storiche:
Ho voluto scegliere il soldato MICCIO Raffaele a rappresentare tutti i caduti del suo reggimento nell'azione del 9 Giugno 1915.
Il Suo Reggimento che unitamente al 29° formava la Brigata Pisa, quel giorno aveva il compito di attraversare il fiume Isonzo all'altezza di Sagrado e successivamente conquistarla in modo da sostenere gli attacchi alla destra presso Castelnuovo della 19^ Divisione in modo che la zona conquistata fosse ampliata.
In queste note vedremo vari contenuti e informazioni di quello che accadde quel giorno, anche se purtroppo come si vedrà alla fine, pur avendo una spiegazione dettagliata non si riesce nonostante il consulto di Diari storici dei Reparti e altre informazioni ad avere una verità completa dei fatti che come vedremo ci saranno anche delle incongruenze.
Cominciamo con la descrizione dell'azione dal diario della III^ Armata:
"ll comandante del XI° C.A (Ten. Gen CIGLIANA)
aveva affidato alla 21 divisione il compito d’impadronirsi delle posizioni nemiche
sulla fronte Sagrado=Sdraussina . A sua volta il comandante della divisione ( Ten.
Gen. MAZZOLI) aveva affidato alla brigata Pisa l’esecuzione delle operazioni
per il passaggio del fiume.
La scarsezza del materiale, come fu detto,
disponibile, obbliga ad iniziare il gettamento di un solo ponte anziché di due.
E’ scelto per il gittamento un punto a 200 m. circa a monte di Sagrado ed i
lavori hanno principio alle 22,30, contemporaneamente al traghetto di due
battaglioni. del 30° fanteria destinati in avanguardia. Le operazioni procedono
da prima ordinate e spedite senza essere disturbate dal nemico e viene
traghettato un intero battaglione e parte dell’altro con drappelli del genio, i
quali reparti muovono subito verso la ferrovia, la oltrepassano e si aggrappano
alle pendici del contrafforte che termina su Sagrado. Una compagnia di rincalzo
respinge una compagnia nemica che minaccia il fianco sinistro e fa alcuni
prigionieri.
Il ponte di equipaggio intanto progredisce e all’alba
mancano solamente tre campate per raggiungere l’isolotto del fiume; ma in tale
momento l’artiglieria nemica comincia un tiro ben aggiustato sul ponte,
distruggendone le campate di testa. I lavori vengono temporaneamente sospesi,
ma, quando ne viene tentata la ripresa, nuove raffiche di artiglieria nemica
obbligano nuovamente a sospenderli, e questa volta in modo definitivo, perché
sono rimaste danneggiate le campate del ponte di riva destra, alcune campate
del centro e perché ormai il materiale è divenuto insufficiente per completare
il ponte.
Le truppe rimaste sulla riva sinistra e sull’isolotto
vengono intanto avvolte da intenso fuoco nemico; le prime però, ritiratesi
sulla riva, vi si trincerano e vi si mantengono saldamente, nonostante la
precaria posizione in cui sono venute a trovarsi dopo la interruzione delle
comunicazioni attraverso il fiume. Anche il traghetto verso la riva sinistra
viene sospeso per evitare gravi perdite, e le operazioni di ripiegamento si
limitano al trasporto di una parte dei feriti rimasti sull’isolotto. Il ponte
viene ritirato e le operazioni per il recupero degli uomini e del materiale
rimandato alla notte. Il comd. del corpo d’armata richiede il concorso delle
battere 149G di Moraro e di altre batterie da campagna per battere le posizioni
nemiche e fa spostare parte della brigata Regina per un concorso diretto di
fucileria.
Nella notte vengono traghettate sulla riva
destra, senza incontrare difficoltà, la massima parte delle truppe rimaste sull’isolotto
e sulla riva sinistra, le quali trascinano seco anche alcuni prigionieri."
Riportiamo ora i fatti descritti dal Diario della 21^ Divisione che faceva parte la Brigata Pisa:
8 Giugno 1915:
Alle ore 16 inizia il fuoco di quasi tutte le batterie, intanto a Gradisca ora è riunito tutto il materiale da ponte disponibile.
Da una nuova più accurata ricognizione del fiume, risulta che per la sua larghezza, non si potrà gettare che un solo ponte a che per ragioni di accesso lo si deve gettare a 400 metri circa a monte del ponte distrutto di Sagrado in corrispondenza di un isolotto, giacché in quel punto l'argine è rotto.
Alle ore 20 il fuoco dell'artiglieria che tirano sul terreno basso di riva sinistra dell'Isonzo viene diretto più in alto - L'equipaggio da ponte si muove sulla strada di accesso sul luogo del gittamento del ponte. Ma poichè la fucileria nemica dalle trincee basse di riva sinistra non è stata ancora neutralizzata si ordina che almeno una azione di artiglieria da campagna si avanzi fino all'argine per distruggere le trincee blindate , pare costruite in cemento armato (sic). Ma nel sopraggiungere dell'oscurità i pezzi non riescono a portarsi in posizione.
Intanto si comincia a mettere in acqua le barche, mentre il nemico apre il fuoco di fucileria, ma senza alcuna efficacia. Così si riesce a portare sulla riva sinistra circa 6 compagnie, della quale 5 restano all'isolotto. Alle ore 24 si inizia il gittamento del ponte mentre continua il fuoco di fucileria.
9 Giugno 1915
Seguono le operazioni per il gittamento del ponte e per il passaggio del fiume, ma alle ore 1 il fuoco di fucileria avversario stava aumentando di efficacia e ne ritarda l'esecuzione. La truppa dei pontieri comincia subire qualche perdita. Si riesce però a mettere in acqua circa 70 metri di ponte e la fucileria accenna a diminuire.
Verso le ore 4 mentre i lavori del ponte procedono più speditamente, viene iniziato contro il ponte stesso il tiro dell'artiglieria nemica che dapprima incerto va in seguito aggiustandosi tanto che in pochi minuti i danni sono gravi. Il comandante della Brigata Pisa ( Magg. Gen. D'AGATA) , chiede subito che tale tiro sia controbattuto dalle nostre artiglierie . Diverse batterie infatti aprono il fuoco cercando di attirare su di loro quello avversario, ma ciò non vieta che il ponte sia ancora bersaglio di numerosi colpi. Alle ore 8.35 il Comandante della Brigata Regina segnala che è stato diretto contro Monte Fortin un nutrito fuoco di fucileria che non cagiona danni. Contemporaneamente una batteria del 35° Art. pende posizione per battere il fronte sulle trincee a livello della linea ferroviaria, ma il fuoco d'artiglieria continua violento contro il punto ove sono raccolte le truppe postate sulla riva sinistra, e ciò induce il Comando della Brigata Pisa a ordinare che i barconi comincino a ritraghettare sulla rive destra la truppa. La Brigata Regina tiene saldamente la propria posizione. La violenza del tiro avversaria impedisce di continuare la traversata del fiume. Alle ore 10.30 il passaggio è sospeso, mentre in ordine isolato traversano a nuoto il fiume.
Il comandante della Divisione (MAZZOLI), si porta a Gradisca per assumere la direzione delle operazioni. Col cadere della notte si tenterà un opera di salvataggio degli uomini passati sulla sinistra.
Il Comando della Brigata Regina avuta conoscenza della situazione della Brigata Pisa, invia un battaglione del 10° Fanteria coll'incarico di sostenere la posizione. - tale battaglione si porta ad ovest della località Bruma, pronto ad intervenire.
Il Comando di C.A. ordina l'intervento delle batterie di medio calibro di Mariano per battere la parte bassa della linea ferroviaria e la presa d'acqua del canale di Monfalcone (Dottori) - ordina pure che non appena raccolto tutto il reggimento. il 30° fanteria si porti di riserva a Gradisca e sia sostituito dal 29° . Si emana ordini in tale senso che la sostituzione avvenga all'alba del giorno seguente.
Alle ore 17 il Comandante del Genio di Corpo d'Armata studia sul posto l'organizzazione del lavoro per il salvataggio dei militari rimasti sulla sponda sinistra, lavoro che dovrà iniziarsi col cadere della notte e proseguire fino a compimento.
Le perdite del 30° fanteria segnalate dal diario sono di 23 morti tra i quali un ufficiale e 118 feriti, ma come vedremo alla fine le cifre saranno ben diverse.
10 Giugno 1915
Il Lavoro di salvataggio iniziato all'una continua indisturbato fino all'alba. Da un calcolo approfondito furono trasportati sulla riva destra circa 400 uomini compresi una cinquantina di feriti, che vennero sollecitamente avviati a mezzo camions, alla sezione sanità di Romans.
Vediamo ora cosa scrive della giornata del 9 Giugno il Diario della Brigata Pisa:
9 Giugno (mercoledì)
Continua l'azione del giorno precedente. Quando il ponte gettato sull'Isonzo ha già raggiunto la lunghezza di 70 metri e mentre il 4° battaglione e i primi reparti del 2° del 30° fanteria ed il reparto zappatori del genio sono già pervenuti in quell'isolotto che trovasi in quel tratto di fiume e parte di essi, traghettati sull'altro ramo di questo, si avviano verso la linea ferroviaria sulla sinistra dell'Isonzo, coi primi albori, l'artiglieria e la fucileria nemiche, con tiri ben aggiustati, aprono il fuoco sul ponte ed i pontieri costringendo a sospendere il traghetto delle altre truppe ed il lavoro di gittamento del ponte, lavoro che è però ben presto ripreso profittandosi di un violento temporale che annebbia l'aria — Ma il nemico riapre il fuoco e ben tosto distrugge completamente il tratto di ponte già costruito impossibilitando la ripresa del lavoro, dopo di che si rivolge contro la fanteria che è già avviata sulle pendici del contrafforte che termina a Sagrado ed ha avuto occasione di battere una compagnia avversaria, di cui una parte si è arresa, e sta per raggiungere con le compagnie di 1^ linea, la cresta dell'altura di Sagrado.
Battuti violentemente dal fuoco nemico, tutti i reparti sono costretti a ridursi fin sul greto del fiume ove si concentrano e si sistemano alla meglio con trincee.
Viene ordinato il ripiegamento di detti reparti sulla destra del fiume a mezzo di barconi del genio e passano alcuni drappelli e parecchi feriti, ma il fuoco nemico,, sempre più violento ed efficace fa affondare alcuni galleggianti del trasporto ed obbliga a sospendere anche questa operazione - Tutti gli altri reparti del 30°, in trincea lungo l'argine sulla destra dell'Isonzo, col fuoco cercano di proteggere il ritorno dei reparti alla sinistra ed anch'essi sono soggetti a violento fuoco avversario, mentre la nostra artiglieria controbatte quella nemica senza riuscire a tacitarla.
Così giunge la notte: il fuoco nemico si calma finchè finisce totalmente.
Alle 22 si ripiglia il trasporto sulla destra dell'Isonzo dei feriti e dei raparti sospeso al mattino.
Tempo a tratti sereno a tratti piovoso.
Il diario della Brigata Pisa conferma quello già scritto in maniera anche maggiormente dettagliata da quelli della 21^ Divisione e della III^ Armata. Riuscirà invece dare ulteriori e ben precisi dettagli nella narrazione dei fatti che è riportata dal libro di Luigi Lastrico " L'Arma del Genio nella Grande Guerra 1915-1918" dove vengono raccontati le gesta dei reparti del genio che oprarono in quel settore il giorno 9 Giugno 1915:
Più a monte del VII corpo in corrispondenza dell'abitato di Gradisca era in linea l'XI corpo d'armata che nel periodo precedente si era avvicinato all'Isonzo colla sua 21a divisione di fanteria impe-gnando il nemico con minacce di forzamento del fiume e che il 7 giugno ebbe ordine di tentare il passaggio a Sagrado. La 2 I a divisione a ciò si accinse la sera del giorno 8 col concorso della 5a compagnia pontieri, della propria compagnia zappatori divisionale ( e del 1° reggimento)che fino al 7 giugno era stata a di-sposizione della 13a divisione per il passaggio del fiume più a valle e della sezione da ponte della 23^ divisione di cavalleria. A seguito delle ricognizioni eseguite dalla sezione da ponte per cavalleria, fu stabilito di eseguire i traghetti e di gettare il ponte a circa 750 metri a monte dell'interrotto ponte di ferro di Sagrado ed in corrispondenza di una carrareccia dipartentesi dal cimitero di Gradisca. Il comando della divisione dispose che la a compagnia pontieri incominciasse immediatamente il traghettamento di due battaglioni del 30° fanteria e subito dopo il gittamento del ponte, che la e compagnia zappatori del 1° reggimento destinasse un plotone all'avanguardia da traghettarsi sulla riva sinistra per costituire testa di ponte e per provvedere all'eventuale distruzione di reticolati nemici, lasciando a Gradisca la sezione da ponte, che con quella di cavalleria doveva restare in riserva. L'operazione ebbe inizio a notte inoltrata. Raggiunta la riva dopo le ore 22,30 del giorno 8, la compagnia pontieri varò subito una ventina di barche ed iniziò contemporaneamente il traghetto del IV battaglione del 30° fanteria ed il gettamento del ponte di equipaggio di barche e cavalletti. Le operazioni di traghettamento continuarono fino all'alba e permisero di trasportare parte su di un isolotto di ghiaia e parte sulla riva sinistra attraverso un secondo breve ramo del fiume circa 1300 fanti dei battaglioni IV e II del 30° fanteria ed il plotone della compagnia zappatori che doveva accompagnarli.
Al completamento del ponte, fra la riva destra
e l'isolotto mancavano appena quattro impalcate. In quel punto il nemico,
avvistata la manovra, incominciava il suo tiro di fucileria che si fece sempre
più fitto e fu seguito poi da quello di artiglieria che bersagliava il ponte in
costruzione, il traghetto ed il ghiaione sul quale i fanti e zappatori erano
allo scoperto e in buon numero furono messi fuori combattimento. La manovra
momentaneamente sospesa fu ripresa di li a poco e permise di gettare altre due
campate; ma richiamò nuovamente il tiro nemico che colpì mortalmente 4 pontieri
e ne ferì 11, fra i quali il tenente Fiorito Alessandro che due volte aveva
condotto i suoi uomini alla testa del ponte. Sospesa di nuovo la manovra e
sopravvenuto un temporale di questo si cercò di approfittare per ritentarla, ma
più violenta intervenne la fucileria nemica e di lì a poco anche il tiro di
artiglieria che colpì varie volte il ponte il quale, spezzato in tre parti,
veniva trascinato dalla corrente. Intanto i nostri fanti che erano sulla riva
sinistra avevano iniziato l'attacco verso le colline di Castelnuovo catturando
anche una ventina di prigionieri, ma attirarono una violenta reazione nemica e
segnatamente il tiro micidiale dell'artiglieria proveniente dalle falde del M.
San Michele e diretto con precisione dall'osservatorio di quota 170. Cosi
mentre un intero battaglione e due compagnie di fanti del 30°, assieme al
plotone della compagnia zappatori, restavano bloccati nell'isolotto ghiaioso ed
esposto al tiro nemico, le altre due compagnie di fanteria venivano decimate e
in gran parte catturate. A tentar di riportare sulla riva destra fanti e
zappatori si accinse la 5a compagnia pontieri, che già nelle successive fasi
dell'azione aveva subite altre gravi perdite in uomini e quadrupedi e nel materiale
e che sotto il vivo fuoco del nemico armò alcuni barconi che ricondussero sulla
riva destra quanto si poté caricare nell'isolotto, subendo però nuove perdite.
Il nemico infatti diresse il suo fuoco intenso ed aggiustato sui barconi,
sfasciandone qualcuno, danneggiando gli altri e colpendo anche gli uomini
imbarcati parte dei quali caddero in acqua affogando. Si dovette sospendere
perciò anche questa manovra che fu ripresa nella notte fra il 9 ed il io
mediante traghettamento operato più a monte dalla sezione da ponte della 2a
divisione di cavalleria.
All'uopo si dovette anche ricavare un accesso al fiume nell'argine di riva destra, ciò che fu fatto dalla sezione stessa e dalla 4a compagnia zappatori nel pomeriggio del 9. La manovra iniziata alle 21 agli ordini diretti del comandante del genio del corpo d'armata e preceduta dallo stendimento di una fune alzaia atta a facilitarla, continuò fino all'alba senza disturbo da parte del nemico che aveva concentrato il tiro sul luogo del precedente passaggio. Colle 4 barche della sezione da ponte per cavalleria furono così messi in salvo 400 fanti, parecchi dei quali feriti e 19 prigionieri. Sul far del giorno io si occultarono sulla riva destra barche e materiali e nelle due notti successive si ripetè nello stesso punto la manovra per il ricupero delle armi e del materiale abbandonato sull'isolotto e sulla riva sinistra e di qualche ferito colà rimasto. La 58^ compagnia pontieri curò il ricupero di quanto fu possibile salvare del distrutto ponte di equipaggio. Il plotone della 4a compagnia zappatori del 1° reggimento che era stato traghettato sull'isolotto condivise la sorte dei fanti, contribuì validamente ai lavori di rafforzamento compiuti su quel ghiaione scoperto in assai precarie condizioni e subì gloriosissime perdite, essendo tornati sulla riva sinistra solo 18 dei 33 zappatori che lo componevano oltre il comandante. I reparti del genio suddetti nei due giorni 9 e io giugno subirono le seguenti perdite : 5a compagnia pontieri: morti 5 pontieri; feriti : 1 ufficiale e 15 pontieri; dispersi 4 pontieri. 4a compagnia zappatori del 1° reggimento: morti o dispersi : 15 zappatori; feriti : 3 zappatori : sezione da ponte della 2a divisione di cavalleria: feriti un ufficiale ed un pontiere. Ai più valorosi della 5a compagnia pontieri furono concesse 5 medaglie d'argento ed 8 di bronzo e 3 encomi solenni. Ecco le belle motivazioni delle medaglie d'argento concesse al tenente Fiorito ed al caduto pontiere Mangiarotti :
FIORITO ALESSANDRO, da Nole (Torino), tenente reggimento genio. - Comandato alla testa di un ponte in costruzione sull'Isonzo, riprendeva animosamente il lavoro momentaneamente interrotto per danni prodotti dal vivo fuoco nemico, riuscendo col suo esempio ad infondere fiducia e coraggio nei suoi dipendenti, finché, ferito, dovette abbandonare il suo posto. Gradisca, 9 giugno 1915 ».
MANGIAROTTI EDOARDO, da Monticelli d'Ongina (Piacenza) soldato reggimento genio. - Durante il gittamento di un ponte d'equipaggio e nelle operazioni di salvataggio, dava prova di coraggio e di spirito di sacrificio, rimanendo più volte ferito. — Sagrado, 9 giugno 1915 ».
Gli altri tre decorati con medaglia d'argento furono il sergente Maestri Giovanni, il caporale Zanardi Cesare ed il pontiere Mora Giuseppe. Della 4^ compagnia zappatori ebbe la medaglia di bronzo il sottotenente Infante Mario. A sua volta il maggiore Lebrun Eugenio, ufficiale superiore del genio addetto al comando della 21^ divisione, fu premiato con medaglia d'argento con la seguente motivazione: « LEBRUN EUGENIO, da Napoli, maggiore reggimento genio. -Sotto violento fuoco di artiglieria e di fucileria nemica, che causava numerose perdite nel personale e distruggeva molto materiale messo in opera, dava, con energica fermezza, calma e sangue freddo, disposizioni ed ordini pel traghettamento di reparti di fanteria sulla sinistra dell'Isonzo ed, in seguito, per la costruzione di un ponte di barche, assicurando in tal modo il passaggio di quasi un intero battaglione. Gradisca, 23 e 24 giugno 1915. Si distinse anche il-9 giugno, per il gittamento di un ponte a Gradisca ».
Questi erano i fatti da tratti da fonti ufficiali, vediamo ora due testimonianze di quel giorno riportate sul libro di Giorgio LONGO "Le Battaglie Dimenticate - La Fanteria Italiana nell'Inferno Carsico del S.Michele" :
"[...J Mi ricordo la prima strage. Eravamo ancora di là dell'Isonzo, dinanzi a Sagrado in attesa. Una notte arriva l'ordine di tentare il passaggio del fiume. Approfittando dell'oscurità, su una passerella improvvisata, tutto un battaglione al completo riesce a sfilare alla chetichella. Gli Austriaci, nemmeno un segno di vita: pareva che non ci fosse nessuno laggiù. Un portaordini ritorna, comunica che il reparto sta prendendo posizione, infiltrandosi attraverso la boscaglia. Tutto è facile, semplice, primitivo. Scaglionati lungo la riva destra, nella notte aspettavamo di passare anche noi. D'improvviso scoppia una sparatoria, serrata, rabbiosa, che si propaga nel buio come un fuoco di paglia: l'artiglieria nemica si sveglia di soprassalto, sbuca con vampe subitanee da ogni dove.
L' Isonzo zampilla di cannonate. Corre l'ordine di passare anche noi sull'altra riva, in soccorso. Non si può. La passerella è saltata, viene trascinata via dalla corrente. Abbiamo dovuto assistere, senza poter far nulla, alla tragedia che si svolgeva di là. La fucileria durò parecchio: poi, a poco a poco, si diradò; giungevano fino a noi urla, invocazioni disperate, clamori, lamenti laceranti di feriti. Che si poteva fare? Sparare? E dove? Nella mischia, a casaccio? Furono massacrati, tutti; di prigionieri qui, con questa tensione esasperata, non si sente nemmeno parlare. Infine la fucileria cessò del tutto e non giunse fino a noi che uno sgomentevole urlio che continuò fino all'alba"!
segue la seconda descrizione di un altro protagonista di quell'azione:
Incominciò verso le ore cinque pomeridiane dell 'Otto giugno 1915 un tremendo bombardamento alle trincee austriache al di là dell 'Isonzo; di fronte a noi in mezzo al fiume vi era un isolotto di sabbia. Nella notte dell '8 si doveva costruire un ponte che si appoggiasse all'isolotto e toccasse poi l'altra sponda. Il capitano mi consegnò un disco rosso che dovevo legarmi sulla schiena — questo disco doveva servire di segnale per il nostro Osservatorio di batteria, destinata ad accompagnare con una cortina di fioco l 'avanzata delle nostre truppe al di là dell 'Isonzo. Consegna precisa e terribile era quella di non firmarmi vivo per nessun motivo e fare in modo di essere col primo velo di truppe d'assalto per evitare che qualche granata o "shrapnel" cadesse sui nostri fanti. Disco rosso con cinghia, moschetto, pistola, tascapane pieno di cartucce, viveri di riserva: vado al Comando di battaglione. Gli ufficiali di fanteria si misero a ridere quando mi presentai. Mi affidarono ad un sergente destinato alla prima ondata prevista per le due di notte, ora in cui si presumeva ultimato il ponte di barche che i pontieri dovevano costruire. Quando, verso la mezzanotte venne dato l'ordine di uscire dalle trincee, ci disponemmo a partire in file indiane. Percorremmo quel tratto di ponte ultimato fino all'isolotto e là si rimase per due ore circa in attesa che si compisse l'opera. Io credo ancora oggi che eravamo incoscienti o ignari del pericolo che ci incombeva, perché ricordo che tutti ridevano sommessamente della proibizione assoluta di fumare che ci era stata impartita prima di partire. Tranquillamente osservavamo gli scoppi delle granate che si abbattevano sul versante opposto del fiume e motteggiavamo i soldati del genio che passavano carichi di tavole per la continuazione del ponte oltre l'isolotto Verso le ore cinque del mattino venne dato l'ordine di attaccare. 11 ponte era finito: bisognava passare, disporsi sdraiati di fronte alle trincee nemiche e attendere il fischio del Maggiore ed il grido di "Savoia!". Col mio moschetto carico ed il disco rosso assicurato alla schiena attesi il segnale. Ero sul greto del fiume a pochi metri dagli scoppi delle nostre granate che si abbattevano sulle trincee nemiche. Albeggiava quando venne dato il segnale: tutti balzammo in piedi e, via di corsa verso le trincee. Io saltai dentro passando attraverso un varco del reticolato, tenendo stretto il moschetto a baionetta triangolare. Rimasi assai male a non vedere nemmeno la faccia di un Austriaco. Proseguii con qualche soldato dei più intraprendenti per alcune diecine di metri, quando si scatenò un uragano di cannonate e di fucilate: queste dirette a noi, quelle al ponte. Dopo pochi minuti fummo attaccati dal nemico e ci difendemmo brava-mente a fucilate di modo che non poté avvicinarsi troppo. Il ponte era ormai a pezzi e l'acqua del fiume lo portava verso il mare. D'un tratto passò la voce: "Al «fiume"; era il comando di ripiegamento. Senza scomporci, ognuno di noi faceva dei piccoli balzi indietro tra un colpo e l'altro di fucile, finché non arrivammo al fiume. Sulla riva incominciò allora la lotta a baionettate perché eravamo rimasti tutti senza cartucce: anche gli Austriaci credo che non ne avessero, perché ci lanciavano contro certi ordigni a noi allora sconosciuti: le bombe a mano. Che fare? Mi sembrava che la baionetta non fosse che un gingillo contro i mezzi del nemico... Non mi rimaneva che seguire l'esempio dei compagni di fanteria che si buttavano in acqua per raggiungere l 'isolotto; l'acqua non era più alta di un metro e mezzo e non faceva affatto freddo. Raggiunto l'isolotto mi sdraiai sulla sabbia con un centinaio di superstiti; si sperava nell'aiuto dei compagni rimasti al di là del .fiume. Eravamo certi che avrebbero gettato un altro ponte. Ognuno si scavò la propria buca e attese, senza poter reagire alle fucilate degli Austriaci trincerati sull'altra riva. Giornata infernale. Dalle otto del mattino fino alla sera alle nove ,fummo il bersaglio di tutte le armi nemiche. Fucilate, raffiche di mitragliatrice, cannonate per tutti, vivi e morti. Forse il disco rosso sulla schiena fu la mia salvezza, perché i colpi a me diretti ammazzavano i miei vicini. Calò la notte... non venne aiuto di sorta. Ridotti ad una diecina raggiungemmo a nuoto la nostra sponda. Verso la mezzanotte ritornai alla mia batteria dopo aver vagato attraverso i campi vicini; la corrente mi aveva trasportato più a sud del punto di partenza. I- ...1 Da quel giorno l'isolotto fu chiamato ""L 'isola della morte"!
Da una considerazione presa dalle descrizioni dei fatti delle fonti ufficiali sopra riportati, si sono potute accertare diverse incongruenze tra i vari reparti che le hanno narrate. In modo vistoso, si nota la differenza della posizione in cui è stato gittato il ponte che varia dai 200 metri a Nord dal ponte di ferro di Sagrado per la III^ Armata, ai 400 metri per la 21^ Divisione e infine 750 metri per i reparti del Genio. La più credibile come fonte esatta si presume che lo sia quella del Genio la quale, riporta con esattezza il luogo dove è stato preparato il materiale proveniente dalla carrareccia di Gradisca, per il gittamento del ponte. Si presume che la differenza della misure così diverse si sia potuta avere in considerazione anche del traghettamento dei reparti dei due battaglioni del 30° fanteria, tanto che questo non abbia portato a scrivere in maniera unisona tutti i diari dei reparti coinvolti nell'azione.
Sicuramente lo svolgimento di questa operazione è stata eseguita con molti errori di preparazione, soprattutto con una scarso supporto dell'artiglieria ,la quale è stata chiamata in causa solamente dopo che i reparti approdati sulla riva sinistra si sono trovati in difficoltà causa il tiro nemico di fucileria e artiglieria, tanto che quest'ultimo produceva la distruzione di una parte del ponte che si stava costruendo, lasciando isolati i due battaglioni del 30° Fanteria. e facendo si che la totale operazione alla fine fallisse.
Le perdite totali ed esatte di quella azione si possono ora conteggiare in maniera più esatta:
Riportando che sul Riassunto storico del 30° Reggimento dal giorno 5 al 22 Giugno 1915 porta ad avere le seguenti cifre :
Ufficiali : Morti 1 - Feriti 3 - Dispersi 3
Truppa : Morti 47 - Feriti 220 - Dispersi 295.
Da un calcolo più preciso effettuato oggi si possono invece constatare molte differenze sui dati che sono stati riportati sopra.
Sull'albo d'oro dal 5 al 22 Giugno i morti in totale sono stati 152, considerando i morti avvenuti nelle sezioni di sanità sia per ferite in combattimento che per malattia.
Il 9 Giugno 1915 , giorno dell'azione sopra descritta, le perdite totali tra morti e dispersi ammontarono a 82 uomini compreso un ufficiale il Sottotenente BAGNULO Luigi. i dispersi furono 50 quasi tutti annegati sul fiume Isonzo.
Se si tiene conto che i dispersi dichiarati in totale furono 298 compresi i tre ufficiali, togliendo i 50 dispersi del giorno 9 che sono da ritenere morti, i prigionieri in totale fatti dagli Austriaci furono di 248 uomini.
Si deve tenere conto che i morti o dispersi potrebbero essere anche di più, dato che non tutti i caduti sono elencati nell'Albo D'Oro e qui conteggiati.
Queste perdite vanno poi a sommarsi a quelle subite dai reparti del Genio che sono state elencate sopra nella parte dedicata tratta dal libro di Luigi Lastrico " L'Arma del Genio nella Grande Guerra 1915-1918".
Ora possiamo avere un quadro più preciso di quello che avvenne quel giorno a Sagrado, certo non ci saranno stati i 2000 morti come sono stati affermati nella testimonianza di chi vi prese parte, ma sicuramente le perdite furono moltissime. Pper questo credo e ribadisco che queste battaglie, operazioni o come ben le si voglia chiamare, che escono dalle giornate incluse nelle grandi battaglie che si svolsero sull'Isonzo e sul Carso, dal 1915 al 1917, devono essere ricordate per non dimenticare coloro che vi presero parte e che vi morirono.
Mappa con indicato l'isolotto sul Fiume Isonzo nei pressi di Sagrado:
All'uopo si dovette anche ricavare un accesso al fiume nell'argine di riva destra, ciò che fu fatto dalla sezione stessa e dalla 4a compagnia zappatori nel pomeriggio del 9. La manovra iniziata alle 21 agli ordini diretti del comandante del genio del corpo d'armata e preceduta dallo stendimento di una fune alzaia atta a facilitarla, continuò fino all'alba senza disturbo da parte del nemico che aveva concentrato il tiro sul luogo del precedente passaggio. Colle 4 barche della sezione da ponte per cavalleria furono così messi in salvo 400 fanti, parecchi dei quali feriti e 19 prigionieri. Sul far del giorno io si occultarono sulla riva destra barche e materiali e nelle due notti successive si ripetè nello stesso punto la manovra per il ricupero delle armi e del materiale abbandonato sull'isolotto e sulla riva sinistra e di qualche ferito colà rimasto. La 58^ compagnia pontieri curò il ricupero di quanto fu possibile salvare del distrutto ponte di equipaggio. Il plotone della 4a compagnia zappatori del 1° reggimento che era stato traghettato sull'isolotto condivise la sorte dei fanti, contribuì validamente ai lavori di rafforzamento compiuti su quel ghiaione scoperto in assai precarie condizioni e subì gloriosissime perdite, essendo tornati sulla riva sinistra solo 18 dei 33 zappatori che lo componevano oltre il comandante. I reparti del genio suddetti nei due giorni 9 e io giugno subirono le seguenti perdite : 5a compagnia pontieri: morti 5 pontieri; feriti : 1 ufficiale e 15 pontieri; dispersi 4 pontieri. 4a compagnia zappatori del 1° reggimento: morti o dispersi : 15 zappatori; feriti : 3 zappatori : sezione da ponte della 2a divisione di cavalleria: feriti un ufficiale ed un pontiere. Ai più valorosi della 5a compagnia pontieri furono concesse 5 medaglie d'argento ed 8 di bronzo e 3 encomi solenni. Ecco le belle motivazioni delle medaglie d'argento concesse al tenente Fiorito ed al caduto pontiere Mangiarotti :
FIORITO ALESSANDRO, da Nole (Torino), tenente reggimento genio. - Comandato alla testa di un ponte in costruzione sull'Isonzo, riprendeva animosamente il lavoro momentaneamente interrotto per danni prodotti dal vivo fuoco nemico, riuscendo col suo esempio ad infondere fiducia e coraggio nei suoi dipendenti, finché, ferito, dovette abbandonare il suo posto. Gradisca, 9 giugno 1915 ».
MANGIAROTTI EDOARDO, da Monticelli d'Ongina (Piacenza) soldato reggimento genio. - Durante il gittamento di un ponte d'equipaggio e nelle operazioni di salvataggio, dava prova di coraggio e di spirito di sacrificio, rimanendo più volte ferito. — Sagrado, 9 giugno 1915 ».
Gli altri tre decorati con medaglia d'argento furono il sergente Maestri Giovanni, il caporale Zanardi Cesare ed il pontiere Mora Giuseppe. Della 4^ compagnia zappatori ebbe la medaglia di bronzo il sottotenente Infante Mario. A sua volta il maggiore Lebrun Eugenio, ufficiale superiore del genio addetto al comando della 21^ divisione, fu premiato con medaglia d'argento con la seguente motivazione: « LEBRUN EUGENIO, da Napoli, maggiore reggimento genio. -Sotto violento fuoco di artiglieria e di fucileria nemica, che causava numerose perdite nel personale e distruggeva molto materiale messo in opera, dava, con energica fermezza, calma e sangue freddo, disposizioni ed ordini pel traghettamento di reparti di fanteria sulla sinistra dell'Isonzo ed, in seguito, per la costruzione di un ponte di barche, assicurando in tal modo il passaggio di quasi un intero battaglione. Gradisca, 23 e 24 giugno 1915. Si distinse anche il-9 giugno, per il gittamento di un ponte a Gradisca ».
Questi erano i fatti da tratti da fonti ufficiali, vediamo ora due testimonianze di quel giorno riportate sul libro di Giorgio LONGO "Le Battaglie Dimenticate - La Fanteria Italiana nell'Inferno Carsico del S.Michele" :
"[...J Mi ricordo la prima strage. Eravamo ancora di là dell'Isonzo, dinanzi a Sagrado in attesa. Una notte arriva l'ordine di tentare il passaggio del fiume. Approfittando dell'oscurità, su una passerella improvvisata, tutto un battaglione al completo riesce a sfilare alla chetichella. Gli Austriaci, nemmeno un segno di vita: pareva che non ci fosse nessuno laggiù. Un portaordini ritorna, comunica che il reparto sta prendendo posizione, infiltrandosi attraverso la boscaglia. Tutto è facile, semplice, primitivo. Scaglionati lungo la riva destra, nella notte aspettavamo di passare anche noi. D'improvviso scoppia una sparatoria, serrata, rabbiosa, che si propaga nel buio come un fuoco di paglia: l'artiglieria nemica si sveglia di soprassalto, sbuca con vampe subitanee da ogni dove.
L' Isonzo zampilla di cannonate. Corre l'ordine di passare anche noi sull'altra riva, in soccorso. Non si può. La passerella è saltata, viene trascinata via dalla corrente. Abbiamo dovuto assistere, senza poter far nulla, alla tragedia che si svolgeva di là. La fucileria durò parecchio: poi, a poco a poco, si diradò; giungevano fino a noi urla, invocazioni disperate, clamori, lamenti laceranti di feriti. Che si poteva fare? Sparare? E dove? Nella mischia, a casaccio? Furono massacrati, tutti; di prigionieri qui, con questa tensione esasperata, non si sente nemmeno parlare. Infine la fucileria cessò del tutto e non giunse fino a noi che uno sgomentevole urlio che continuò fino all'alba"!
segue la seconda descrizione di un altro protagonista di quell'azione:
Incominciò verso le ore cinque pomeridiane dell 'Otto giugno 1915 un tremendo bombardamento alle trincee austriache al di là dell 'Isonzo; di fronte a noi in mezzo al fiume vi era un isolotto di sabbia. Nella notte dell '8 si doveva costruire un ponte che si appoggiasse all'isolotto e toccasse poi l'altra sponda. Il capitano mi consegnò un disco rosso che dovevo legarmi sulla schiena — questo disco doveva servire di segnale per il nostro Osservatorio di batteria, destinata ad accompagnare con una cortina di fioco l 'avanzata delle nostre truppe al di là dell 'Isonzo. Consegna precisa e terribile era quella di non firmarmi vivo per nessun motivo e fare in modo di essere col primo velo di truppe d'assalto per evitare che qualche granata o "shrapnel" cadesse sui nostri fanti. Disco rosso con cinghia, moschetto, pistola, tascapane pieno di cartucce, viveri di riserva: vado al Comando di battaglione. Gli ufficiali di fanteria si misero a ridere quando mi presentai. Mi affidarono ad un sergente destinato alla prima ondata prevista per le due di notte, ora in cui si presumeva ultimato il ponte di barche che i pontieri dovevano costruire. Quando, verso la mezzanotte venne dato l'ordine di uscire dalle trincee, ci disponemmo a partire in file indiane. Percorremmo quel tratto di ponte ultimato fino all'isolotto e là si rimase per due ore circa in attesa che si compisse l'opera. Io credo ancora oggi che eravamo incoscienti o ignari del pericolo che ci incombeva, perché ricordo che tutti ridevano sommessamente della proibizione assoluta di fumare che ci era stata impartita prima di partire. Tranquillamente osservavamo gli scoppi delle granate che si abbattevano sul versante opposto del fiume e motteggiavamo i soldati del genio che passavano carichi di tavole per la continuazione del ponte oltre l'isolotto Verso le ore cinque del mattino venne dato l'ordine di attaccare. 11 ponte era finito: bisognava passare, disporsi sdraiati di fronte alle trincee nemiche e attendere il fischio del Maggiore ed il grido di "Savoia!". Col mio moschetto carico ed il disco rosso assicurato alla schiena attesi il segnale. Ero sul greto del fiume a pochi metri dagli scoppi delle nostre granate che si abbattevano sulle trincee nemiche. Albeggiava quando venne dato il segnale: tutti balzammo in piedi e, via di corsa verso le trincee. Io saltai dentro passando attraverso un varco del reticolato, tenendo stretto il moschetto a baionetta triangolare. Rimasi assai male a non vedere nemmeno la faccia di un Austriaco. Proseguii con qualche soldato dei più intraprendenti per alcune diecine di metri, quando si scatenò un uragano di cannonate e di fucilate: queste dirette a noi, quelle al ponte. Dopo pochi minuti fummo attaccati dal nemico e ci difendemmo brava-mente a fucilate di modo che non poté avvicinarsi troppo. Il ponte era ormai a pezzi e l'acqua del fiume lo portava verso il mare. D'un tratto passò la voce: "Al «fiume"; era il comando di ripiegamento. Senza scomporci, ognuno di noi faceva dei piccoli balzi indietro tra un colpo e l'altro di fucile, finché non arrivammo al fiume. Sulla riva incominciò allora la lotta a baionettate perché eravamo rimasti tutti senza cartucce: anche gli Austriaci credo che non ne avessero, perché ci lanciavano contro certi ordigni a noi allora sconosciuti: le bombe a mano. Che fare? Mi sembrava che la baionetta non fosse che un gingillo contro i mezzi del nemico... Non mi rimaneva che seguire l'esempio dei compagni di fanteria che si buttavano in acqua per raggiungere l 'isolotto; l'acqua non era più alta di un metro e mezzo e non faceva affatto freddo. Raggiunto l'isolotto mi sdraiai sulla sabbia con un centinaio di superstiti; si sperava nell'aiuto dei compagni rimasti al di là del .fiume. Eravamo certi che avrebbero gettato un altro ponte. Ognuno si scavò la propria buca e attese, senza poter reagire alle fucilate degli Austriaci trincerati sull'altra riva. Giornata infernale. Dalle otto del mattino fino alla sera alle nove ,fummo il bersaglio di tutte le armi nemiche. Fucilate, raffiche di mitragliatrice, cannonate per tutti, vivi e morti. Forse il disco rosso sulla schiena fu la mia salvezza, perché i colpi a me diretti ammazzavano i miei vicini. Calò la notte... non venne aiuto di sorta. Ridotti ad una diecina raggiungemmo a nuoto la nostra sponda. Verso la mezzanotte ritornai alla mia batteria dopo aver vagato attraverso i campi vicini; la corrente mi aveva trasportato più a sud del punto di partenza. I- ...1 Da quel giorno l'isolotto fu chiamato ""L 'isola della morte"!
Da una considerazione presa dalle descrizioni dei fatti delle fonti ufficiali sopra riportati, si sono potute accertare diverse incongruenze tra i vari reparti che le hanno narrate. In modo vistoso, si nota la differenza della posizione in cui è stato gittato il ponte che varia dai 200 metri a Nord dal ponte di ferro di Sagrado per la III^ Armata, ai 400 metri per la 21^ Divisione e infine 750 metri per i reparti del Genio. La più credibile come fonte esatta si presume che lo sia quella del Genio la quale, riporta con esattezza il luogo dove è stato preparato il materiale proveniente dalla carrareccia di Gradisca, per il gittamento del ponte. Si presume che la differenza della misure così diverse si sia potuta avere in considerazione anche del traghettamento dei reparti dei due battaglioni del 30° fanteria, tanto che questo non abbia portato a scrivere in maniera unisona tutti i diari dei reparti coinvolti nell'azione.
Sicuramente lo svolgimento di questa operazione è stata eseguita con molti errori di preparazione, soprattutto con una scarso supporto dell'artiglieria ,la quale è stata chiamata in causa solamente dopo che i reparti approdati sulla riva sinistra si sono trovati in difficoltà causa il tiro nemico di fucileria e artiglieria, tanto che quest'ultimo produceva la distruzione di una parte del ponte che si stava costruendo, lasciando isolati i due battaglioni del 30° Fanteria. e facendo si che la totale operazione alla fine fallisse.
Le perdite totali ed esatte di quella azione si possono ora conteggiare in maniera più esatta:
Riportando che sul Riassunto storico del 30° Reggimento dal giorno 5 al 22 Giugno 1915 porta ad avere le seguenti cifre :
Ufficiali : Morti 1 - Feriti 3 - Dispersi 3
Truppa : Morti 47 - Feriti 220 - Dispersi 295.
Da un calcolo più preciso effettuato oggi si possono invece constatare molte differenze sui dati che sono stati riportati sopra.
Sull'albo d'oro dal 5 al 22 Giugno i morti in totale sono stati 152, considerando i morti avvenuti nelle sezioni di sanità sia per ferite in combattimento che per malattia.
Il 9 Giugno 1915 , giorno dell'azione sopra descritta, le perdite totali tra morti e dispersi ammontarono a 82 uomini compreso un ufficiale il Sottotenente BAGNULO Luigi. i dispersi furono 50 quasi tutti annegati sul fiume Isonzo.
Se si tiene conto che i dispersi dichiarati in totale furono 298 compresi i tre ufficiali, togliendo i 50 dispersi del giorno 9 che sono da ritenere morti, i prigionieri in totale fatti dagli Austriaci furono di 248 uomini.
Si deve tenere conto che i morti o dispersi potrebbero essere anche di più, dato che non tutti i caduti sono elencati nell'Albo D'Oro e qui conteggiati.
Queste perdite vanno poi a sommarsi a quelle subite dai reparti del Genio che sono state elencate sopra nella parte dedicata tratta dal libro di Luigi Lastrico " L'Arma del Genio nella Grande Guerra 1915-1918".
Ora possiamo avere un quadro più preciso di quello che avvenne quel giorno a Sagrado, certo non ci saranno stati i 2000 morti come sono stati affermati nella testimonianza di chi vi prese parte, ma sicuramente le perdite furono moltissime. Pper questo credo e ribadisco che queste battaglie, operazioni o come ben le si voglia chiamare, che escono dalle giornate incluse nelle grandi battaglie che si svolsero sull'Isonzo e sul Carso, dal 1915 al 1917, devono essere ricordate per non dimenticare coloro che vi presero parte e che vi morirono.
Mappa con indicato l'isolotto sul Fiume Isonzo nei pressi di Sagrado:
Foto attuale presa da Bosco Lancia con indicati il Ponte di Ferro di Sagrado e l'Isolotto detto anche Isola dei Morti:
Ringrazio per l'aiuto per la ricostruzione dei dati dei caduti Federica Delunardo